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Esiste una Puglia che non conosci, fatta di storia, cultura e sapori che suscitano emozioni uniche: dagli eventi pasquali alle feste patronali, dai cammini dell'anima ai sapori e profumi della gastronomia e delle eccellenze vitivinicole.

Scegli il tuo itinerario e lasciati deliziare dai prodotti dell'enogastronomia pugliese: la Puglia che non hai mai visto ti aspetta!

I comuni del mese

30 Aprile 2021

PIETRAMONTECORVINO

I Palij nel Cuore della Daunia

  i Caratteristici Palij per la Festa di Sant'Alberto   PIETRAMONTECORVINO (Fg) è un piccolo comune del Sub Appennino Dauno Settentrionale ricco di storia e con un grande patrimonio archeologico, artistico e naturalistico da scoprire e valorizzare.
Per il particolare pregio del centro storico, Pietramontecorvino  è Bandiera Arancione dal 2010 e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani ha segnalato il Comune tra i Borghi più Belli d’Italia. Secondo la tradizione il nome deriva da “la Preta”: il grosso macigno tufaceo sul quale sorge il nucleo antico, e da Monte Corvino la vicina cittadina bizantina, importante sede vescovile, distrutta definitivamente nel XV sec.   Pietramontecorvino è conosciuta per la festa patronale di Sant’Alberto che si celebra il 16 e 17 maggio. La Festa risale al XII secolo ed è quella più sentita dalla comunità di Pietramontecorvino e dal popolo di emigranti che per l’occasione tornano numerosi per parteciparvi. La caratterizzano un misto di religiosità e riti propiziatori legati al mondo agricolo.   Le cause che determinarono il pellegrinaggio penitenziale del 16 maggio a Montecorvino vanno ricercate nella preoccupante siccità che generalmente si verifica nel periodo primaverile, quando i campi avrebbero maggiore bisogno di acqua.   Nel 1889, in seguito ad una grave siccità, il popolo di Pietra invocò l’aiuto del Santo Patrono con processioni all’interno del paese, ma il cielo sembrava volere negare la tanta sospirata acqua. Da allora, ogni anno, il 16 maggio la statua di S. Alberto viene portata in processione a Montecorvino fino ai ruderi dell’antica Cattedrale, per sottolineare e rafforzare l’appartenenza alle antiche origini.   La statua del Santo è accompagnata lungo tutto il percorso, verso Montecorvino dai caratteristici Palij, lunghi pali di legno addobbati con nastri e fazzoletti multicolori. {IMAGE_7}{IMAGE_2} La preparazione dei palij inizia ad aprile, quando le varie squadre, con l’autorizzazione della Guardia Forestale, si recano nel bosco comunale per la scelta e il taglio dell’albero che viene poi fatto essiccare fino alla data dell’evento.   Prima della Seconda guerra mondiale il palio era unico e non superava i 4 metri, mentre oggi raggiunge anche i 20 metri. Il numero dei palij varia da 15 /20 e negli ultimi anni ci sono anche palij portati solo da donne e da bambini.   Qualche giorno prima della festa i palij vengono addobbati con i fazzoletti conservati dai vari gruppi. In cima a ogni palio vengono messi lunghi nastri colorati e un pennacchio, che caratterizza le diverse squadre di portatori. È una festa, quella di Sant’Alberto, che rappresenta l’identità stessa del popolo di Pietramontecorvino e il suo spirito collettivo e culturale.   Da non perdere: il borgo antico con le caratteristiche stradine, la Portella, il complesso monumentale costituito dalla Torre Normanno-Angioina, la Chiesa Madre, il Palazzo Ducale e il giardino pensile, la Chiesa del Rosario, la Chiesa dell’Annunziata, il sito archeologico di Montecorvino a 7 Km da Pietra.       Testo di Carolina Niro Foto di Carolina Niro, Gaetano Armenio    

I comuni

17 Novembre 2022

RUVO DI PUGLIA

tra Tradizione e Innovazione

tra Tradizione e Innovazione     Città d'arte riconosciuta come tale dalla Regione Puglia, Ruvo inizia la sua storia nel Neolitico, ma le forme insediative più diffuse risalgono all’Età del Ferro. A partire dal VI sec. a.C. si assiste ad una ellenizzazione delle locali comunità peucete, evidente nelle suppellettili a corredo delle sepolture aristocratiche, pregevoli ceramiche figurate di importazione attica o di fattura locale, famose in tutto il mondo.   La città cresce durante l'età romana con il suo stato di municipium, mentre la Cattedrale romanica viene edificata nel Medioevo tra XII – XIII sec. con i suoi peculiari spioventi accentuati e il suo ipogeo.   Nella Chiesa del Purgatorio emergono tracce di tarda epoca romana: una cisterna di un complesso termale in cui in seguito si riuniscono i primi cristiani, nota come Cripta di San Cleto.   Il Castello è costituito da una torre di probabile fondazione normanna e da tre corpi più bassi disposti intorno ad un atrio, al quale si accede tramite l'Arco Melodia.   Il Museo Archeologico Nazionale Jatta con il suo caratteristico allestimento ottocentesco è uno scrigno delle testimonianze archeologiche della città, che tra gli oltre duemila reperti conserva lo straordinario cratere di Talos, realizzato alla fine del V sec. a.C. Un altro sito di rilievo culturale è il complesso monumentale dell'ex Convento dei Domenicani risalente al 1560, già Pinacoteca Comunale di Arte Contemporanea, dove sarà inaugurato quest'anno il nuovo Museo archeologico Cittadino.   La Torre dell’Orologio, edificata nel 1604, conserva murata tra le sue pareti un’epigrafe che risalirebbe al periodo municipale dell’antica Rubi. {IMAGE_4}{IMAGE_12} Tra i palazzi nobiliari: Palazzo Spada, Palazzo Caputi, sede del Museo del Libro - Casa della Cultura che ospita la Biblioteca Testini e Palazzo Avitaja, sede del Municipio , tutti eretti tra XVI e XVII secolo. A livello naturalistico si segnalano le Grotte del Vagno, il più importante sistema carsico presente nella zona e il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, istituito nel 2004, di cui Ruvo di Puglia è uno dei tredici comuni che lo costituiscono, nonché la vera e propria porta.   Tra le tradizioni più note va annoverata la Settimana Santa con le sue processioni e le marce funebri eseguite dalle bande locali, La Domenica di Pasqua vengono fatte espoldere le Quarantane, fantocci vestiti di nero che nella tradizione locale rappresentano la moglie di Carnevale.   Nota è anche la festa per l’Ottavario del Corpus Domini, legata a vicende storiche della città secondo una tradizione orale non documentata.   La Sagra del Fungo Cardoncello nel mese di novembre è uno dei più importanti eventi di valorizzazione di attività enogastronomiche presenti sul territorio.   Le celebrazioni santo patrono Biagio ricorrono il 3 febbraio.    Talos Festival all'inizio del mese di settembre è fra le più longeve e apprezzate rassegne musicali e multiculturali pugliesi, mentre Luci e suoni d’artista è un progetto di arte pubblica partecipata ideato nel 2016 e arrivato già alla sua settima edizione consecutiva.   Da non perdere: Centro storico, Concattedrale di Maria Ss Assunta, Cripta di San Cleto e chiesa del Purgatorio, Museo Archeologico Nazionale Jatta, ex Convento dei Domenicani, Torre dell’Orologio, Palazzo Caputi, Parco Nazionale dell’Alta Murgia.     Foto di Enzo Paparella, Biagio Stragapede, Gaetano Armenio

I comuni

30 Aprile 2021

MOLFETTA

La Porta d'Oriente

La Porta d'Oriente   Ecco a voi MOLFETTA (ba), tagliata nella pietra, fatta di spigoli vivi come un diamante, nata a filo di vecchie mura, minuscola e complicata. Siete giunti in un labirinto di strade, nel meandro di case della nostra città vecchia, siete voi nella serratura di queste mura. Siate la chiave per entrare nella città attraverso la storica porta di Via Piazza. Volgete lo sguardo, al di là dei tetti, verso il mare che bagna la pietra oltre le verdi finestre, le famose persiane Verde Molfetta, dove si stagliano le nostre due torri mute e pensanti, l'una campanaria e l'altra di avvistamento.   Sono le torri del Duomo di San Corrado, costruito tra il XII e XIII secolo con le principali caratteristiche architettoniche dello stile romanico pugliese. Attraversate Piazza Municipio che conduce alle strade senza arrivo, cunicoli scavati nella pietra tenera e chiara su cui arrivano i riflessi del mare.
Porta d’oriente inghiotti noi tutti, bagna di sogno questi viandanti. Mura di piazza bianca e rosata proteggi dal mare gli occhi curiosi e voi ignari passanti immergete il cuore dove lo sguardo non osa guardare scegliete di elevare i vostri animi, scegliete di volare o come aquiloni portati dal vento come pensieri sussurrati alle onde.   Guardate la madre del tempo di ognuno. Un buco nel cuore che nasconde la storia, casa di tutti, sguardo al futuro, del nostro passato conserva memoria un punto preciso, aperto e profondo il nostro PULO è un unico ed il centro del nostro mondo. La dolina del Pulo di Molfetta, voragine carsica abitata sin dal Neolitico, dove recentemente sono stati ritrovati due “idoletti”, rientra tra i più importanti monumenti naturali visibili lungo il tratto di fascia costiera del nord barese. {IMAGE_4}{IMAGE_6}

Ospita un esempio di archeologia industriale come testimoniano le grotte ricche di nitrati e la presenza della nitriera più importanti del regno di Napoli e dei Borboni. Venite a Molfetta provate ad entrare dove la musica si impasta con le onde e la pietra si bagna di luce, in una storia di arte, di lacrime, di volti, di pietre e di mare.   Dove parole nascoste tra interstizi di mura, combattono il buio della storia mondiale, è la città natale di Gaetano Salvemini. Passi leggeri ma solchi profondi, di Uomo e di Santo che qui ha insegnato una Pace concreta camminandoci accanto, Don Tonino Bello. Sentite la storia, ascoltate il brusio di anni passati che segnano il viso con mani dure di terra sporcate condiamo di gusto i nostri palati.   È la Cicoria Puntarella la nostra regina, prossima al riconoscimento IGP. Mani sapienti impastano ad arte cuore, acqua e sale riempiono di gusto i nostri palati che sia calzone, triddo e scarcella la nostra cucina non solo i sensi inebria. Fermatevi qui, fermatevi ora, davanti al Torrione che guarda il mare dal 1512. Il Torrione Passari inizialmente cannoniera, divenuta in seguito torre di avvistamento è ora famoso in tutto il mondo quale scrigno prezioso di mostre di arte contemporanea. E poi gli eventi della tradizione pasquale, con i riti processionali della Settimana Santa o la suggestiva sagra a mare per la Festa Patronale settembrina.
Scegliete di sognare prigionieri di un’estasi per essere pietra abbracciata dal mare, per essere cuore che abbraccia un sogno. Fermatevi ora e lasciatevi cullare dalla dolce melodia di chi ha da sempre cantato con il mare. Molfetta ti aspetta.
Da non perdere: Duomo di San Corrado, Cattedrale, Centro Storico, Museo Diocesano, Museo Archeologico, Pulo, Torrione Passari, Sala dei Templari, Basilica "Madonna dei Martiri" con annesso Ospedale dei Crociati, Mercato del Pesce.     Foto di: Antonio D'Agostino, Vincenzo De Pinto, Gaetano Armenio
Testo di: Corrado La Grasta / Video a cura di Confesercenti Bari        

I comuni

09 Giugno 2022

CHIEUTI

La Porta della Puglia

La Porta della Puglia   Situato su una rigogliosa collina, a circa 8 km dal mare, Chieuti è considerato la "Porta della Puglia" ed è circondato da panorami mozzafiato: il promontorio del Gargano, con visuale sul lago di Lesina, che sovrasta la vista ad Est, mentre a ovest predomina un’ampia veduta sul basso Molise, in particolare Termoli e il suo porto.   Sullo sfondo, sovrasta la Maiella, e nelle giornate prive di foschia è visibile persino il massiccio del Gran Sasso, che regalano nei pomeriggi estivi suggestivi tramonti. Chiude la cornice del meraviglioso panorama la presenza delle isole Tremiti, che si affacciano di fronte al litorale della Marina di Chieuti in un mare cristallino che più volte si è visto assegnare ambiti riconoscimenti, come la Bandiera Blu e le quattro vele Legambiente e che si estende su un litorale sabbioso dalle acque cristalline con le Isole Tremiti e il Gargano a fare da sfondo ad un paesaggio mozzafiato. {IMAGE_4}{IMAGE_7} Dopo essere stata distrutta dai Goti nel 495 d.C.,  tra il 1460 e il 1470 si insediò stabilmente sul territorio una comunità albanese, giunta al seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg.   Di queste origini, Chieuti conserva ancora oggi testimonianza grazie alla presenza della lingua Arbereshe, tutt’ora parlata tra la popolazione. Negli ultimi anni, la comunità si sta attivando per la salvaguardia e la valorizzazione di questo retaggio, attraverso manifestazioni ed eventi, con canti in lingua e abiti tipici.   LA FESTA Caratteristica di Chieuti è senza dubbio la festività in onore del Santo Patrono, San Giorgio Martire, con la Carrese del 22 Aprile, singolare corsa con protagonisti quattro carri in legno, trainati ognuno da una coppia di buoi, che con l’aiuto dei cavalli percorrono un tragitto di circa 4 km che dalle campagne li conduce fino alla chiesa situata nel centro storico del paese.   Il premio per il carro vincitore sarà portare in spalla il simulacro del Santo durante la processione del 23 aprile, indossando un copricapo rosso con il fiocco del colore della propria contrada: in questa occasione sfila anche il Tarallo, una forma di pasta di caviocavallo di circa 80 kg, che dopo essere stata benedetta viene suddivisa e  distribuita all’intera popolazione.      Da visitare: il Museo della cultura ed identità Arbereshe, a cui si aggiunge il Museo della Migrazione Chieutina, e  la chiesa cattolica San Giorgio Martire, costruita nel XVII secolo in onore di Skanderbeg. La chiesa conserva al suo interno una tela raffigurante San Giorgio e il drago, ascrivibile al maestro Alessio D'Elia,  databile intorno al 1740. Nell'edificio sacro fanno da pendant al San Giorgio e il drago una tela raffigurante la Madonna del Carmine che dona lo scapolare alle anime del purgatorio, anch'essa ascrivibile alla produzione del D’Elia, e un manufatto raffigurante la Madonna col Bambino, ascrivibile alle opere di Paolo Saverio di Zinno (1718-1781), scultore molisano molto attivo in Capitanata.     Foto di: Gaetano Armenio e Pasquale Aurelio         

I comuni

30 Aprile 2021

TARANTO

La Capitale della Magna Grecia

  la Capitale della Magna Grecia   Bagnata da due mari, il Mar Piccolo ed il Mar Grande, Taranto è una città straordinaria che riesce a stupire anche i turisti più esigenti grazie alla storia plurimillenaria, le molte e pregevoli opere d’arte e la sua ricchissima biodiversità.   Il cuore più antico è senza dubbio la Città Vecchia, dove un tempo c’era l’Acropoli di Taranto, unica colonia spartana, fondata 706 anni prima della nascita di Cristo.   Appena entrati, su quella che oggi è un’isola si viene accolti dalla mole del Castello Aragonese costruito sui resti di una antica rocca bizantina che secondo la tradizione ha ispirato le vicende del “Conte di Montecristo” e dallo svettare delle colonne doriche di Piazza Castello, testimonianza di uno dei templi dell’antica Taras e soprattutto del più antico della Magna Grecia.   Passeggiare lungo via Duomo è una esperienza che va vissuta con il naso all’insù per perdersi nelle decorazioni degli antichi palazzi nobiliari ed il vociare degli abitanti dell’isola. Nel cuore della Città Vecchia la Cattedrale intitolata a San Cataldo, la più antica di Puglia, con il Cappellone dedicato al Santo Patrono: un caleidoscopio di tarsie marmoree, madreperle e pietre preziose che fanno da scenografia per otto statue di Giuseppe Sammartino e per l’affresco di Paolo de Matteis.   Proseguendo lungo via Duomo il MuDi (Museo Diocesano) che accanto a statue, tele e paramenti sacri conserva il gioiello artistico più grande del Mondo: un topazio inciso di oltre un chilo e mezzo.
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La passeggiata nel centro storico di Taranto non può che concludersi con l’ingresso alla Chiesa di San Domenico Maggiore altissimo esempio di architettura angioina che conserva l’effige sacra della Madonna Addolorata, protagonista della processione pasquale della notte del Giovedì Santo e con l’ingresso a Palazzo Pantaleo, dimora settecentesca perfettamente conservata che ospita il Museo Etnografico.   Superato il Canale Navigabile con l’iconico Ponte Girevole, si entra nel borgo Umbertino. D’obbligo, una passeggiata sul lungomare della città impreziosito dalle architetture del ventennio firmate dai più grandi architetti del tempo (Bazzani e Brasini, solo per citarne alcuni), per poi, dopo una sosta nella bella Chiesa del Carmine che conserva le statue che compongono la processione dei Misteri del Venerdì Santo, entrare al MArTa il Museo Archeologico Nazionale di Taranto.   Allestito all’interno di antico convento, definito uno dei musei archeologici più importanti del mondo, vanta una ricchissima collezione di gioielli di epoca ellenistica, la tomba dell'atleta, meravigliosi pavimenti a mosaico romani oltre che una tra le raccolte di vasi più ricca al mondo.   Taranto sa stupire anche fuori dai circuiti turistici standard: Poco lontana dal centro la Concattedrale, ultima e forse più bella opera di Gio Ponti; un interessante percorso legato alla Street Art (Progetto T.R.U.St.) in continua evoluzione e la “Palude La Vela” nella quale è facile incontrare cavallucci marini, aironi e gli splendidi fenicotteri rosa.       Testi di Luca Adamo / foto di Luca Adamo e Peppe Carucci    

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i Produttori

30 Aprile 2021

Mastrototaro Food

“Dal campo alla tavola” per Mastrototaro Food non è un concetto astratto ma è una vera e propria promessa che l’azienda fa al consumatore.   Ci troviamo a Bisceglie (Bat), terra florida lambita dalle acque del mare Adriatico. Proprio tra la terra e il mare nascono le conserve di Mastrototaro Food, prodotti che simboleggiano l’autenticità della Puglia e il sapore schietto e genuino della tradizione.
L’azienda ha alle spalle una lunga storia imprenditoriale che inizia nel 1956 e si snoda nel settore dell’agricoltura.   Nel 2008 la Mastrototaro Food decide di valorizzare ulteriormente le materie prime prodotte nei terreni aziendali trasformandole in eccellenti conserve agroalimentari. Tre lustri di expertise nel settore hanno fatto il resto.   Oggi sono i tre fratelli, Mauro, Giulio e Roberto, a portare avanti con abilità e ingegno l’azienda certificata Bio e una delle poche in Italia a organizzare la produzione da zero. Il Cicerone del nostro viaggio nelle prelibatezze del marchio Mastrototaro è Mauro, che tra grandi distese di ulivo e vasti campi messi a coltura ci parla del grande impegno profuso per offrire al consumatore un prodotto in cui la qualità è la regina incontrastata.   La coltivazione degli ortaggi secondo le ancestrali consuetudini dei nostri avi e l’amore per la natura sono gli elementi vincenti dell’azienda che raccoglie a mano le materie prime e in pochissime ore le trasforma in conserve.   Questo consente di preservare le qualità organolettiche degli ortaggi che sprigionano la loro bontà e ingolosiscono solo a guardarli. Melanzane, carciofi, funghi, peperoni, pomodori, olive e zucchine sono le materie prime che si sposano con l’olio extravergine di oliva prodotto dall’azienda. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Osservando il punto vendita aziendale ci sembra di guardare una versione leggermente più grande della classica dispensa della nonna. Un trionfo di colori è quello che si presenta ai nostri occhi di visitatori, in cui osserviamo stupiti le diverse nuance degli ortaggi in vasetto.   Con orgoglio, Mauro ci spiega la precisa filosofia aziendale: recuperare le antiche ricette delle conserve per farle conoscere anche oltre i confini della Puglia. E così scoviamo la “Pric ‘o prac”, una salsa antichissima molfettese, ormai introvabile, fatta di peperoni e pomodori o l’antipasto biscegliese con carciofi, funghi champignon, peperoni e olive.
Non possiamo non menzionare gli squisiti carciofi disponibili in più versioni. Grigliati, con gambo, “della mamma” o alla “pugliese”: sono tutti eccezionali con il loro cuore tenero immerso nel giallo dorato dell’olio extravergine di oliva. Tradizione sì, ma anche innovazione, come la raffinata mousse di lenticchie e pomodori secchi che unisce le proprietà nutritive del legume al sapore vivace del pomodoro secco. 

È una lista lunghissima quella dei prodotti di Mastrototaro Food. Mauro ci spiega che un’azienda come la sua, che mette davanti il consumatore piuttosto che il fatturato, è frutto di un grande gioco di squadra. Una squadra che vince perché gioca bene sul campo. Quel campo che Mastrototaro Food porta in vasetto direttamente sulle nostre tavole.        

Oleificio

05 Giugno 2023

Frantoio Paparella

All’ombra di ulivi secolari e nel cuore del Tavoliere di Puglia nasce nel 1891 il Frantoio Paparella a Barletta (bat). Un luogo in cui le radici e le tradizioni si intrecciano virtuosamente con l’innovazione nei processi di trasformazione e l’attenta selezione dei frutti migliori. Il Frantoio è attualmente dotato di 5 linee di estrazione e trasformazione che consentono di raggiungere una capacità di produzione pari a circa 200.000 tonnellate di olive per stagione. Gli investimenti per il miglioramento della qualità e della quantità di estrazione sono costanti e si concretizzano nell’implementazione di nuovi macchinari di anno in anno. Grande attenzione è destinata a tutte le fasi produttive, dalla raccolta delle olive allo stoccaggio dell’olio; durante tali processi l’oliva viene selezionata e seguita fino alla sua trasformazione in un prodotto di assoluta eccellenza, sotto l’attenta supervisione della proprietà e numerosi panel test tenuti da assaggiatori professionisti. {IMAGE_0}{IMAGE_1} L’olio extra vergine di oliva molito da Frantoio Paparella è estratto a freddo mediante metodi meccanici ed altamente innovativi ad una temperatura mai superiore ai 27°C, da olive italiane coltivate in Puglia. Le olive sono trasformate direttamente presso il frantoio entro massimo 12 ore dalla raccolta conservando perciò tutte le caratteristiche chimico-fisiche dell’olio ed evitando ossidazioni. Giunto al suo 130° anno, il Frantoio Paparella guarda al futuro con la fiducia di chi crede che la qualità sia l’unica scelta per un futuro più buono e sostenibile. Ad oggi i principali scarti di produzione ovvero la sansa e il nocciolino di sansa vengono utilizzati per alimentare parte del ciclo produttivo. Il Frantoio adotta l’approccio dell’economia circolare ed è impegnata nel realizzare una produzione ad impatto ambientale 0 in ottemperanza agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. L’olio extra vergine di oliva “LÓLIO Intenso Monocultivar Coratina” è l’essenza della tradizione, dei sapori e dello stile di vita pugliese. Ricavato dalla selezione accurata delle migliori olive della tipica cultivar pugliese denominata “Coratina”. “LÓLIO Intenso - Monocultivar Coratina” si presenta all’osservatore dal verace colore verde, come le olive dalle cui viene estratto. Al gusto mostra carattere ed eleganza, regalando e note intense e fruttate per dal retrogusto deciso e piccante. Il sapore amarognolo dell’olio extra vergine di oliva estratto dalla cultivar “Coratina” è indice dell’altissima concentrazione di polifenoli, potenti antiossidanti ed infiammatori. L’olio extra vergine di oliva “LÓLIO Fruttato” è una magica armonia di sapori e sentori di Puglia. Ricavato da una sapiente selezione di cultivar pugliesi come Peranzana, Coratina, Ogliarola e Leccino, LÓLIO Fruttato si presenta dal vivace colore verde esaltato da brillanti riflessi giallo intenso. LÓLIO Fruttato riesce a convincere tutti i palati. All’assaggio l’olio propone un bouquet fragrante e completo, dal carattere leggero ed equilibrato, caratterizzato da un basso contenuto di acidità.

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Le Grotte

Immense cave di marmo circondano i vigneti di CANTINE LE GROTTE, azienda vitivinicola di Apricena (fg).   Il piccolo borgo, situato a ridosso del Gargano, è famoso per la qualità della sua pietra e per il suo eccellente vino e si lascia apprezzare per la fertilità del suolo e il clima ameno. Nell’azienda si respira il profumo dei secoli, della storia che ha reso importante questo territorio e della tradizione che sopravvive e si fa strada nel progresso.   A guidarci in questo viaggio tra pietra e vino è Biagio Cruciani, direttore commerciale dell’azienda che ci narra di un’impresa fortemente identitaria la cui nascita è legata a doppio filo a quella della città. Apricena è “attaccata” alla storia della sua pietra, e quella di Cantine Le Grotte abbraccia la tradizione del marmo locale.   È nelle cave della famiglia Dell’Erba che si impiantano i vigneti dai quali si produce il vino. La tradizione marmifera di famiglia è impressa anche sul logo aziendale: un grande blocco di pietra spaccato da una vite, due elementi della natura che coesistono tra loro.   È proprio dalla roccia viva, dalla terra feconda, che nasce la storia dello stabilimento di Cantine Le Grotte, immerso nella natura e circondato dal verde. È una tavolozza di colori quella che si presenta ai nostri occhi. Il bianco delle vicine cave di pietra permette al verde del paesaggio di trionfare con le sue immense sfumature stagionali, mentre l’azzurro del cielo divide il verde del mare dal Lago di Lesina e dalle Isole Tremiti sullo sfondo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} I vigneti si trovano ai piedi del Gargano e affondano le loro radici in terreni calcarei ricchi di minerali, gli stessi in cui si coltiva la migliore pietra di Apricena. L’azienda produce eccellenti vini rossi autoctoni come il Nero di Troia e il Primitivo insieme a dei vitgni internazionali come il Merlot e il Sirah che si sono adattati ottimamente al clima caldo e temperato della zona. Il rispetto per la zona di origine è una delle caratteristiche su cui l’azienda investe continuamente.   La sua filosofia sposa un concetto di coltivazione in cui è la natura a fare il suo lavoro. Il legame con Apricena si racconta anche attraverso i nomi dei vini. Il Petrata, per esempio, è vinificato in rosso dal vitigno Nero di Troia o in bianco dal Bombino ed è la versione “italianizzata” del termine dialettale che indica la cava. Il rosso ha potenti sentori di mora, mentre il bianco è più fine e fruttato. Il Selva della Rocca, vinificato in rosso (Primitivo e Nero di Troia), rosato (Nero di Troia) e bianco (Falanghina) porta il nome del Santuario Santa Maria Selva della Rocca di Apricena, edificato probabilmente tra il VIII e il IX secolo ad opera dei monaci benedettini e sono tutti vini pregiati, dai profumi intensi, fruttati e floreali.   Imperdibili le bollicine in versione Charmat e Merlot Classico e a completamento della linea la versione Sico alta ristorazione identificata da una etichetta che che raffigura una moneta medioevale chiamata "Sicone" del periodo longobardo ritrovata nei vigneti esistenti. Vini che simboleggiano la gratitudine e il rispetto per questa terra e che a essa si ispirano per offrire al consumatore tutta la loro bontà.        

Masseria

01 Febbraio 2022

Masseria Liuzzi

Lungo il sentiero che attraversa l'affascinante paesaggio naturale del Parco Naturale Regionale "Terra delle Gravine" si arriva a Mottola, un comune in provincia di Taranto chiamato “Spia dello Ionio” per la sua panoramica posizione geografica che abbraccia tutto il golfo di Taranto e lo splendido mar Ionio con un territorio ricco di gravine naturali e villaggi rupestri, in questo paesaggio incantevole s'incontra una realtà genuina dedita alla produzione di vino e di grano. Si tratta di Masseria Liuzzi sita in contrada Marinara, che si arricchisce di un punto vendita in via Risorgimento a Mottola.   Un connubio di passione, impegno e spirito di sacrificio, che vede protagonisti Marcello Latorrata e Barbara Lattarulo. La coppia, che ha ereditato l'attività dalla famiglia Latorrata, porta avanti, giorno dopo giorno, una tradizione che si tramanda da quattro generazioni.   Tutto è nato più di un secolo fa con un nome diverso, "I Casidd d Liuzzi", a indirizzo cerealicolo - zootecnico. La metamorfosi in Masseria Liuzzi avviene con il passaggio alla produzione viticola su un terreno prevalentemente calcareo che si estende per 10 ettari all'incirca. La qualità dei prodotti è garantita anche dall’altitudine di circa 270 metri sul livello del mare, da una buona escursione termica tra giorno e notte e da un’adeguata ventilazione.   Il vino di Masseria Liuzzi è un prodotto che rispecchia pienamente il territorio pugliese: i vigneti si trasformano in uva da vino con un processo naturale. Il risultato è un primitivo dal sapore inconfondibile, trattato in purezza. Siamo di fronte a una delle poche aziende in Puglia a trattare in purezza anche il rosato, che da Masseria Liuzzi è un primitivo a tutti gli effetti, in quanto preserva lo stesso grado alcolico del primitivo rosso. {IMAGE_0}{IMAGE_1} A rendere unici i vini dell'azienda di Mottola sono anche i nomi presenti sulle etichette. Prodotti che si raccontano da soli. Partendo dai primitivi, si trovano il "Marnera", che richiama in dialetto la contrada Marinara, che letteralmente vuol dire "terra coperta dal mare", il "Tuppétt", che deve il suo nome a una piccola collinetta della Masseria Liuzzi dove le viti sormontano le proprietà.   L''ultimo di quest'elenco è il "Rosasso", la cui denominazione deriva dall'incontro tra il colore del rosato e il suolo calcareo su cui si estendono le vigne, in cui si trovano fossili marini ogni volta che ci sono arature o spostamenti del terreno.   A questi si aggiungono lo "Scinò", un malvasia nera il cui nome è la fusione del vitigno malvasia e della parola malvagia, un riferimento a quella magia che in Puglia si collega subito al cosiddetto “affascino” e, per chiudere in bellezza, il "Bolloro", un fiano che omaggia Federico II di Svevia, amante del fiano che emanò a Rimini la Bolla d'Oro nel lontano 1235.   Altrettanto caratteristica la produzione di grano, che avviene nella piena cura di ciascuna delle sue fasi. Dopo le arature periodiche, la semina e la mietitura, il grano viene portato in un pastificio di Matera, dove nascono i formati tradizionali che si trovano nel punto vendita della Masseria Liuzzi. Cavatelli e orecchiette sono ai primi posti sugli scaffali rigorosamente pasta trafilata al bronzo utilizzando la farina "Senatore Cappelli".    A seconda delle condizioni del terreno, poi, la produzione dell'azienda si dedica periodicamente anche ai legumi, specialmente ai ceci.   Nel caratteristico paesaggio della cittadina pugliese, fatto di gravine naturali e villaggi rupestri, si trova l'anima di Masseria Liuzzi che tra querce, uilivi e grano, rappresenta l'anima della Puglia.

Liquorificio

30 Aprile 2021

Gargano Delizie

È chiamata la Perla del Gargano ed è un meraviglioso borgo che sorge su una rupe che si affaccia sul mare cristallino baciato dalla sabbia bianca e abbracciato da grandi scogli.   Siamo a Peschici e in questo incredibile paesaggio che profuma di salsedine e vegetazione mediterranea nasce GARGANO DELIZIE®, un liquorificio artigianale che racconta il territorio attraverso i suoi prodotti.    Avviato nel 2002 da Michele e Patrizia Caputo, i coniugi hanno da subito improntato la loro produzione sulla qualità e artigianalità, riuscendo a dare forma a creazioni uniche. Varcata la soglia del piccolo laboratorio, siamo subito attratti dalle cisterne che contengono i buonissimi infusi e allietati dal contagioso entusiasmo di Michele e Patrizia per il loro lavoro.   La produzione si trova a Ischitella, cittadina a pochi chilometri da Peschici, mentre il punto vendita è nel centro storico di Peschici, in una zona che pullula di botteghe del gusto colme di bontà locali. Il negozietto di Peschici ospita anche altre specialità del territorio e della gastronomia della tradizione, come confetture, conserve, patè e tanto altro, offrendo un paniere di prodotti che rispecchia pienamente la nostra cultura in materia di cibo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Raccontare un territorio con le sue peculiarità, tramandarne le tradizioni e scovarne il patrimonio culturale è una bella impresa. Ogni liquore di Gargano Delizie (sono circa quaranta le specialità) nasce dallo studio delle ricette tradizionali della zona, ma anche e soprattutto da un’attenta e scrupolosa ricerca delle materie prime lavorate secondo metodi artigianali e casalinghi tipici dei nostri antenati. Michele e Patrizia ci parlano del loro prodotto di punta, l’ "Amaro della Suocera", un elisir dolce del 1900 conosciuto anche come lo “cherry delle nonne”.   L’Amaro della Suocera è realizzato con vino Primitivo locale e succo di amarene e a svelarne gli antichi segreti è stato un loro zio novantenne. Patrizia, poi, ci racconta anche dell’ "Amico", altro liquore molto apprezzato dedicato ai clienti e pensato per festeggiare i diciotto anni di attività.   L’idea è scaturita da un ricordo d’infanzia della donna che, incuriosita, osservava suo nonno immergere un pezzo di pesca in un bicchiere di vino. L’ "Amico" infatti, è realizzato con vino Falanghina IGP e pesche del Gargano, ed è un elisir in cui la bontà della frutta è esaltata dalla gradazione alcolica. In questo laboratorio a conduzione famigliare non ci lasciano indifferenti altri due prodotti: il "Lemolivo", un lemoncino realizzato con scorze di arancio locale e foglie di ulivo messe in infusione col suo colore verde che ricorda un’oliva, e la birra artigianale "Gargano’s", sviluppata su una ricetta di Michele e Patrizia che prevede, tra gli altri ingredienti, bucce di arance amare del Gargano.   Un prodotto che narra il territorio già dalla sua etichetta: una perla che si schiude col trabucco sullo sfondo e gli agrumi che incorniciano la bellezza della Perla del Gargano.

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Pandora

Nel cuore del brindisino, florida terra ricca di meraviglie archeologiche millenarie, nasce l'azienda vitivinicola Cantine Pandora.   Ufficialmente la storia dell'attività comincia nel 2017, ma quella del suo fondatore ha origini un po' più remote. Il proprietario, Francesco Fumarulo, deve la sua fortuna alla terra e al lavoro di agricoltore. Con orgoglio e trasporto, Francesco ci spiega che la sua passione per la viticoltura nasce da bambino, per poi diventare negli anni un vero e proprio mestiere culminato nella creazione di Cantine Pandora.   Lo stabilimento sorge nel bel mezzo della natura, tra maestosi alberi di ulivo, animali al pascolo, lunghi filari di uva e vaste distese di campi. Cullati dall'aria salubre e placida di Brindisi, le uve di Cantine Pandora trasformate in eccellente vino rosso, bianco e rosato sono quasi tutte salentine.   La volontà di Francesco di contribuire alla crescita della sua zona è attestata da una scelta ben precisa: utilizzare in gran parte vitigni autoctoni di Primitivo, Negramaro, Malvasia Nera e Malvasia Bianca coltivati secondo standard biologici.   Con incredibile rispetto per la tradizione e l'ausilio di moderne tecnologie enologiche, Cantine Pandora è oggi un'azienda di successo. Le bottiglie sono un piccolo capolavoro che racchiudono la fatica, l'amore per la terra, il lavoro in vigna e in cantina e, non a caso, possono tutte fregiarsi del marchio IGP. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Come ci tramanda la leggenda sull'antico vaso di Pandora, stappare una bottiglia di questa cantina equivale a scoprire tutto il buono e il bello del territorio di origine.  Il vino, altrimenti conosciuto anche come “nettare degli dei”, per Cantine Pandora ha un effettivo legame con la divinità, al punto da meritare i nomi che richiamano la mitologia.   A uno dei “re” del Salento, il Primitivo, è dedicato Zeus, appellativo della massima divinità dell'Olimpo. Zeus è un rosso dai colori violacei prodotto da uve raccolte a mano negli antichi vitigni della zona, morbido e avvolgente con sentori di frutta rossa.   Negramaro e Malvasia sono i vitigni da cui provengono le uve del Prometeo, altro rosso ottenuto da storici vigneti allevati ad alberello che donano al vino un sapore delicato, ampio, intenso e piacevolmente secco e corposo. Poi troviamo Ermes, Negramaro del Salento vinificato in purezza con metodo tradizionale, tannico e strutturato al punto giusto.   Ad Atena e Afrodite sono dedicati due dei rosati ottenuti entrambi da uve di Negroamaro e con intensi sentori fruttati e molto equilibrati. Tra i bianchi troviamo Gea, un vino di Malvasia Bianca del Salento dal carattere raffinato, strutturato e persistente o l'affascinante Era, creato da uve Chardonnay che spicca per i suoi riflessi dorati e il sapore fine, secco ma armonico.   Prodotto di punta di Cantine Pandora è il rosso '71 IGT, affinato 6 mesi in barriques di rovere francese. Forti, generosi e intensi sono i suoi profumi, che ricordano tanto i fichi appassiti e che in questo vino prodotto da vitigni di Primitivo conferiscono un carattere originale e volitivo.   Vini che affascinano il consumatore per il loro contenuto sopraffine e vigoroso, proprio come il territorio da cui provengono.      

Liquorificio

30 Aprile 2021

Antichi Elixir

Nella graziosa città di Molfetta adagiata sul mare nasce ANTICHI ELIXIR, estroso liquorificio artigianale che fa dell’autenticità il proprio marchio di fabbrica. L’azienda racconta il territorio attraverso liquori e amari di qualità che racchiudono l’espressione più sincera della tradizione dei nostri antenati, coniugando una produzione scrupolosa in ogni sua fase.   Ad accoglierci nel laboratorio è Alessio Picca, giovane imprenditore che nel 2007 ha deciso di unire la solida esperienza nel settore all’amore per la propria terra e per la genuinità dei suoi frutti. Varcata la soglia, osserviamo un tripudio di eleganti bottiglie contenenti liquori dai colori ambrati tipici delle mele cotogne, dalle nuance del rosso del melograno o dal viola intenso, quasi nero, del gelso nero selvatico. Sono quasi delle ampolle che racchiudono elisir dalle proprietà benefiche preparati con ricette esclusive, risultato di continue sperimentazioni che donano al prodotto finale una forte personalizzazione. Le materie prime sono fondamentali per produrre liquori e amari di qualità, lavorate come si faceva un tempo.   Alessio ci spiega con dovizia di particolari, e con infinita gratitudine, l’immenso patrimonio di ricette lasciato dalle sue nonne, ricette che oggi consentono ad Antichi Elixir di portare avanti una storia di famiglia. I frutti adoperati sono tutti locali e la loro raccolta è stagionale, condizionata quindi dalle temperature primaverili, sinonimo di un rispetto per i cicli della natura fuori dal comune. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Preparato sulla base della versione casalinga della nonna di Alessio, "Cydò" è tra i liquori imperdibili di Antichi Elixir. È composto solo da succo di mela cotogna e alcool buongusto, con una gradazione alcolica di 45°. Le mele cotogne sono raccolte e lavorate rigorosamente a mano durante la primavera, quando il frutto è all’apice della sua maturazione e sprigiona tutta la bontà del nettare. Un lungo affinamento di circa due anni sublima "Cydò" con note eleganti, decise e al contempo morbide.   "109" è il numero delle mandorle presenti nell’elisir artigianale che, non a caso, si chiama 109 Mandorle. Ricavato anch’esso da una ricetta storica, questo amaro è un vero e proprio tesoro del nostro territorio. L’infuso alcolico è realizzato con le mandorle di Toritto della varietà “Filippo Cea”, presidio Slow Food e ricche di proprietà antiossidanti. Il tocco di classe del 109 Mandorle è dato dall’aggiunta di radici di genziana, piante, fiori, bucce di agrumi e spezie locali mixate tra loro il cui risultato è una perfetta e intensa alchimia di odori e sapori.   L’amaro si è distinto al concorso mondiale Spirits Selection di Bruxelles, sfidando oltre mille aziende provenienti da tutto il mondo e ricevendo un’ambitissima medaglia d’argento. Rubino è il colore di "Ako", liquore al melograno dal gusto dolce e leggermente astringente, imbottigliato in un sinuoso e diamantato recipiente che ne fa spiccare le seducenti tonalità.   Quelli di Antichi Elixir sono liquori e amari frutto di storie e tradizioni inossidabili che sfidano il passare degli anni. Elisir di lunga vita che deliziano il palato, coccolano lo spirito e parlano di una terra meravigliosa: la Puglia.    

Oleificio

30 Aprile 2021

Oleificio Cima di Bitonto

  Meta del nostro viaggio è l’OLEIFICIO COOPERATIVO CIMA DI BITONTO, orgoglioso baluardo di una tradizione millenaria della nostra Puglia. Siamo a Bitonto a pochi chilometri dal capoluogo pugliese, nel cuore della produzione pugliese dell’olio extravergine di oliva.   Una distesa di ulivi a perdita d’occhio appare davanti agli occhi di chi percorre l’entroterra barese. Giunti sul posto non possiamo fare a meno di respirare a pieni polmoni l’intenso profumo di vegetazione, quasi fossimo immersi in una distesa di ulivi secolari. D’altronde qui la natura non è così lontana da noi con il lussureggiante verde dell’adiacente Lama Balice, scrigno di biodiversità di flora e fauna selvatiche.   Ad attenderci c’è Pasquale Mastandrea, Presidente dell’Oleificio Cooperativo. Avvertiamo sin dalle prime parole il suo amore sconfinato per questa terra generosa e i suoi frutti. La Cooperativa Cima di Bitonto vanta una storia di oltre sessant’anni e con i suoi 350 soci riesce a perseguire l’incredibile impegno di ottenere la miglior “spremuta di oliva” made in Puglia.   Impegno manifestato chiaramente già dal logo dell’Oleificio, in cui la parola “Puro”, in riferimento all’olio, campeggia sugli elementi della natura. Sole, pioggia, terra e il frutto che nasce: tutti aspetti importantissimi per donare al consumatore un olio che sa di tradizione. Nei suoi anni di attività la Cooperativa è riuscita a salvaguardare il territorio e gli agricoltori grazie a un lavoro sinergico instaurato con i numerosi soci.   Da loro parte la promessa di preservare le cultivar di olive e di far conoscere la zona in cui crescono. Non a caso le varietà coltivate sono per il 70% Ogliarola e il 30% Coratina: entrambe originarie dell’areale di coltivazione e lavorate nel giro di poche ore dalla loro raccolta. {IMAGE_0}{IMAGE_1} I metodi agronomici impiegati dai soci della Cooperativa si ispirano alle antiche tradizioni locali e a quelle nozioni tramandate nei secoli che permettono alla pianta di crescere sana e robusta. Il sistema di potatura adottato consente il migliore nutrimento ai germogli e ai rami giovani, così da ottenere una spremuta davvero eccezionale.   Gli oli a marchio Cima di Bitonto sono tutti extra vergini. Il carattere deciso della Coratina è mitigato dalla dolcezza della Cima di Bitonto e il risultato è un extra vergine che unisce le peculiarità dell’una e dell’altra cultivar, fino ad ottenere un olio giallo intenso con un’equilibrata presenza di frutta e sentori erbacei. Oltre al classico olio extra vergine di oliva, molto apprezzato per il suo fruttato medio, nel paniere dei prodotti dell’Oleificio scopriamo il D.O.P Terra di Bari, un extra vergine armonioso, leggermente piccante e con fragranze erbacee.   Da agricoltura biologica proviene, invece, l’olio extra vergine di oliva “Biologico”. In quest’olio si distinguono molto bene l’oliva con il suo sapore deciso e la mandorla, più delicata, che non alterano il gusto di un piatto ma, anzi, lo esaltano come merita.        

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine D'Arapri

Tre amici con la passione per la musica jazz e per i vitigni autoctoni del Tavoliere, una cantina sotterranea dal fascino irresistibile e degli spumanti che raccolgono estimatori da tutto il mondo. Nella storia di Cantine d’Araprì non manca nulla: l’amicizia, l’amore per la propria terra, un progetto lungimirante e una stoffa imprenditoriale fuori dal comune.   Alla base dell’azienda c’è stata la convinzione di poter produrre anche al Sud spumanti pregiati utilizzando il vitigno autoctono della Capitanata: il “Bombino bianco”. E così che i tre amici, Girolamo d’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore nel 1979 crearono il loro sogno. Cantine d’Araprì è la prima realtà pugliese a produrre spumanti con metodo classico.   Una scelta coraggiosa, che con il tempo si è rivelata vincente e ha portato a numerosi riconoscimenti. Entrando nella loro cantina non si possono non notare le decine di premi ottenuti negli anni per l’abilità con cui valorizzano il territorio. L’edificio che ospita Cantina d’Araprì, datato inizi del 700 e collocato nel centro storico di San Severo (fg), ci sembra quasi una casa che serba tesori straordinari e di cui conosciamo le fattezze e l’atmosfera.   Scopriamo stupìti che sotto i nostri piedi si trovano mille metri quadri di cantina sotterranea alla quale si accede attraverso un dedalo di cunicoli e gallerie. Lo spazio, periodicamente, ospita eventi e rassegne culturali. L’ambiente accoglie e custodisce il pregiato spumante che riposa placidamente in attesa di essere pronto per essere stappato. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Ci sembra quasi di assistere a un cerimoniale, nel silenzio dei sotterranei e circondati da cataste di bottiglie il cui contenuto segue precisi protocolli artigianali affinati con l’esperienza. Tra gli spumanti troviamo il rosè millesimato "Sansevieria", ottenuto dalla vendemmia manuale di uve di Nero di Troia con il suo colore gentile e il dolce profumo di agrumi.   Per chi ama i secchi, il "Pas Dosè" prodotto da Bombino bianco e Pinot nero è uno spumante dal carattere convinto ingentilito da sentori di pasticceria. Montepulciano e Pinot Nero sono gli ingredienti preziosi del "Brut Rosè" , spumante dal gusto finissimo e rotondo con profumi di pane e frutta tostata.   Etereo e gentile è il bouquet del "Brut", primo spumante a essere prodotto dalla casa che avvolge il consumatore con sentori fruttati di mela, pesca gialla e arancia. A condurci in questo viaggio all’insegna degli spumanti sono Anna d’Amico, figlia di Girolamo, e Daniele Rapini, figlio di Louis. Perché una delle caratteristiche della cantina è l’intreccio di amicizia e familiarità che lega i componenti dell’azienda. Ai tre soci fondatori si è unita nel 2019 la cosiddetta “nuova generazione” incarnata dai tre figli: Anna d’Amico, Daniele Rapini e Antonio Priore, animati tutti e tre dal desiderio di portare avanti la tradizione cominciata dai loro padri. Ogni bottiglia di spumante d’Araprì è come una perfetta melodia jazz: lentamente rivela le sue stupefacenti note, raccontando di un prodotto che profuma di Puglia e amicizia.      

Patrocini