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Esiste una Puglia che non conosci, fatta di storia, cultura e sapori che suscitano emozioni uniche: dagli eventi pasquali alle feste patronali, dai cammini dell'anima ai sapori e profumi della gastronomia e delle eccellenze vitivinicole.

Scegli il tuo itinerario e lasciati deliziare dai prodotti dell'enogastronomia pugliese: la Puglia che non hai mai visto ti aspetta!

I comuni del mese

30 Aprile 2021

BISCEGLIE

La città dei Dolmen e dei Sospiri

  LA CITTA' DEI DOLMEN E DEI SOSPIRI   Situata a 32 km a nord-ovest di Bari, il territorio della città di BISCEGLIE (bat)  è caratterizzato dalla presenza di molte lame, letti di antichi fiumi, e da circa otto chilometri di costa. Bisceglie, anche detta “Città dei Dolmen e dei Normanni”, ha come emblema cittadino uno scudo rosso con al centro una quercia d’oro.   Secondo alcune ipotesi, il nome della città deriva da un antico termine utilizzato per designare questo albero, Vescegghie. Il colore oro della quercia è dovuto a Carlo II d’Angiò, che volle premiare la città per la sua fedeltà. Nel 1532 Carlo V concesse al Comune di imprimere sullo stemma civico la corona, simbolo di fedeltà all’impero.   La città è posizionata in un’insenatura del litorale adriatico, possiede un attrezzato porto turistico, suggestive spiagge di ciottoli bianchi meta di vacanze di turisti provenienti da ogni dove ed è specializzata nella produzione e nel commercio di prodotti agricoli, come ortaggi e ciliegie, nonché nella pesca e nel commercio di prodotti ittici. Da queste produzioni ne derivano anche piatti tipici di grande sapore.   Oltre alle tipicità pugliesi, come gli strascinati con le cime di rapa o la sua variante del calzone, una focaccia ripiena di sponsali, di grande fascino sono la colve, una macedonia autunnale che si prepara il 2 novembre, con grano bollito, mandorle tritate, noci, pezzetti di cioccolato, chicchi di melograno annaffiati con vin cotto, e i più rinomati "Sospiri", dolcetti di pan di Spagna farciti di crema pasticcera e ricoperti da una leggerissima glassa.   La leggenda vuole che le Clarisse avessero preparato questi dolci in occasione del matrimonio tra Lucrezia Borgia e Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie, ma la sposa non arrivò mai e gli ospiti, sospirando, mangiarono queste bontà. {IMAGE_0}{IMAGE_1} La città vecchia, situata in posizione sopraelevata, conserva numerose testimonianze storiche ed architettoniche, come case e palazzi del XV e XVI sec, come il famoso Palazzo Tupputi, noto per aver accolto le riunioni dei carbonari risorgimentali nel 1820, la splendida Cattedrale (1073) dedicata a San Pietro e che racchiude i resti dei tre Santi Martiri Patroni, Mauro, Sergio e Pantaleone, l’antica chiesa di Sant’Adoeno (1074), la chiesa di Santa Margherita (1197) e i resti del complesso del Castello costruito dai Normanni e dagli Svevi e in seguito ampliato e fortificato dagli Angioini. 
La città di Bisceglie è ricordata in tutti gli itinerari archeologici per la presenza nel suo agro di diverse costruzioni funerarie risalenti all’Età del Bronzo Medio, i Dolmen : il più importante e meglio conservato è quello detto “La Chianca”.
Suggestivi, durante il periodo pasquale, i riti della Settimana Santa con la processione del venerdì santo de “l’incontro”, così come la Festa Patronale che si svolge nei primi giorni di agosto e che affonda le sue radici nell’antico evento della “Traslazione dei Santi”, che ebbe luogo dal casale di Sagina, nel quale furono riesumati i resti dei santi Mauro, Sergio e Pantaleone nel 1167.
Da non perdere: Centro Storico, Concattedrale, Chiesa di Santa Margherita, Palazzo Tupputi, Dolmen “la Chianca”, Grotte di S. Croce, Castello e Torre Maestra.       Testo di: Loredana Acquaviva  

I comuni

30 Aprile 2021

FRANCAVILLA FONTANA

La Città degli Imperiali

  La Città degli Imperiali   FRANCAVILLA FONTANA (br) sorge al centro della Terra d’Otranto. Emerge tra distese di ulivi intervallate da più di settanta masserie, numerosi trulli e muretti a secco.   Le origini della città si perdono nei meandri della storia. Numerose testimonianze attestano la presenza di insediamenti umani sin dal Neolitico, ma i protagonisti del passato più profondo sono stati i Messapi. Una suggestione vuole che Francavilla sia sorta sulle ceneri della romana Rudiae, patria del poeta Quinto Ennio.   Secondo alcuni studiosi la fondazione della città risale all’anno 866, quando qui giunsero alcuni soldati al seguito dell’Imperatore Ludovico II.   La tradizione popolare, invece, fa risalire la fondazione ad un avvenimento miracoloso avvenuto il 14 settembre 1310: durante una battuta di caccia del principe Filippo d’Angiò uno dei suoi uomini scoccò una freccia per colpire una cerva che si abbeverava ad una fonte, ma il dardo tornò indietro. Sul luogo fu rinvenuta l’immagine della Madonna col Bambino, la “Madonna della Fontana”, assunta come protettrice della Città, per la quale il principe fece erigere una chiesa.   Ogni anno tra il 13 e il 15 settembre la comunità celebra la Madonna della Fontana con imponenti festeggiamenti civili e religiosi. Le luminarie decorano con merletti di luce le vie della città, le bande si alternano sulla cassarmonica, nel centro è un tripudio di dolci e giochi tradizionali. {IMAGE_4}{IMAGE_7}
Nel 1575 Francavilla fu acquistata dalla famiglia Imperiali, di origine genovese, che governò per otto generazioni fino al 1782.   Il Castello Imperiali dal 1450 è testimone della storia cittadina. Qui si trovano gli antichi affreschi della cappella di Santa Maria delle Grazie, la bella Sala del Camino e tanti altri tesori. Francavilla Fontana è una città ricca di storia, arte e cultura. I suoi palazzi seicenteschi, le chiese barocche, le grandi porte cittadine, i vicoli e le piazzette del centro storico, sono elementi che caratterizzano il borgo cittadino. Qui, tra suggestivi palazzi e loggiati, si respira il profumo dei confetti “ricci” composti da mandorle tostate e il gustosissimo dolce povero “la copeta”.   Nel cuore più antico del centro storico è possibile ammirare la Basilica Pontificia Minore Maria Santissima del Rosario, con la cupola più alta del Salento, la Chiesa di Santa Chiara, che custodisce le Statue dei Misteri, e la Chiesa dei Padri Liguorini, conosciuta come la Chiesa d’Oro. Uno dei momenti più importanti della vita cittadina è rappresentato dai Riti della Settimana Santa.   Dal Mercoledì Santo al Venerdì Santo si concentrano i giorni più intensi e partecipati: il Mercoledì con i piatti portati in giro dai bambini che da secoli ripetono “Cce ti piace lu piattu mia?”, il Giovedì con l’antico pellegrinaggio dei Pappamusci, e il Venerdì con la commovente processione dei Misteri seguita dai “Pappamusci cu li trai”, che trascinano pesantissime croci in segno di devozione.   Visitare Francavilla Fontana vuol dire immergersi in secoli di storia e rivivere il fascino della cultura contadina.  
Da non perdere: Chiesa Matrice, Chiesa dei padri Liguorini, Chiesa di Santa Chiara, Chiesa di San Sebastiano, Chiesa del Carmine, Palazzo Argentina, Castello, Chiesa dell’Immacolata, Chiesa dello Spirito Santo, Palazzo Giannuzzi-Bottari-Carissimo.   Foto di: Sandro Rodia.
Testo di: Vincenzo Sardiello

I comuni

30 Aprile 2021

CAPURSO

Caput Ursi, il borgo medioevale

  CAPUT URSI, il Borgo Medioevale   CAPURSO (ba), a pochi chilometri dal capoluogo barese, è un borgo medievale del culto della Madonna del Pozzo.

Tracce dell’esistenza della cittadina si ritrovano già prima dell’anno Mille, come si evince dagli affreschi ritrovati nella Grotta di Santa Barbara nell’omonima contrada. Sull’origine del toponimo Capurso ci sono varie interpretazioni, alcune delle quali piuttosto fantasiose, come la leggenda dell’orso.   Secondo tale leggenda, il nome della città proverrebbe dalla testa di un orso (caput ursi) ucciso dai primi abitanti del luogo, posta poi su un carro e fatta trainare dai buoi. Il paese sarebbe sorto nel punto in cui il carro fermò la sua corsa.   Capurso è passata attraverso varie dominazioni straniere, subendo spesso devastazioni e rovine. Nel corso dei secoli si sono succedute le dominazioni normanne, sveve e angioine. Solo con l’avvento degli aragonesi e, soprattutto, per merito della politica illuminata della regina Bona Sforza, la cittadina assume una sua dignità civica.   La Rivoluzione francese ebbe i suoi effetti anche su Capurso, nella quale si svilupparono fermenti liberali sostenitori di una Repubblica partenopea in contrapposizione alla dominazione Borbonica.   La Patrona di Capurso è Santa Maria del Pozzo, venerata a seguito di un miracolo avvenuto nel 1705. In quell’anno, infatti, un prete di Capurso, don Domenico Tanzella, versava in gravissime condizioni di salute. La Patrona viene festeggiata a partire dall’alba dell’ultima domenica di agosto. {IMAGE_8}{IMAGE_1}

Due i segni di affidamento alla Vergine: la consegna, da parte del Frate Rettore del Santuario, delle chiavi della Città e di una rosa d’oro donata da una famiglia capursese. Subito dopo, accompagnato da suggestivi canti e suppliche, c’è l’ingresso della compagnia dei pellegrini provenienti da Bisceglie.   È uno dei momenti più belli della festa e da qui in avanti decine di migliaia di persone fanno visita alla Vergine infatti Capurso è meta di turismo religioso, con numerosi pellegrini che visitano la Basilica e la Cappella provenienti da ogni parte del mondo.   Dopo la celebrazione, la solenne processione con stendardi colorati sfila per le vie cittadine e accompagna con centinaia di ceri la Sacra Immagine di Santa Maria del Pozzo. Durante il corteo si susseguono canti mariani e momenti di preghiera e la gente omaggia la Statua con fuochi pirici, petali di rose colorati e palloncini lasciati volare al suo passaggio in segno di gioia e gratitudine.   La domenica sera si svolge anche la processione notturna dedicata alla Madonna del Pozzo in cui sfila il maestoso e sfavillante Carro Trionfale trainato a mano e a lei dedicato, accompagnato da quasi duecento figuranti in abiti settecenteschi.   Il procedere imponente è cadenzato dalle melodie mariane suonate dalla banda e dal ritmo incalzante dei musici. Di notevole bellezza sono le architetture del centro storico e le chiese principali, che affascinano il visitatore tra storia e spiritualità.

Da non perdere: Basilica di Santa Maria del Pozzo, Cappella del Pozzo, Convento di San Francesco da Paola, Chiesa Madre del Santissimo Salvatore.         Foto di: Nicola Taranto.  

I comuni

17 Novembre 2022

RUVO DI PUGLIA

tra Tradizione e Innovazione

tra Tradizione e Innovazione     Città d'arte riconosciuta come tale dalla Regione Puglia, Ruvo inizia la sua storia nel Neolitico, ma le forme insediative più diffuse risalgono all’Età del Ferro. A partire dal VI sec. a.C. si assiste ad una ellenizzazione delle locali comunità peucete, evidente nelle suppellettili a corredo delle sepolture aristocratiche, pregevoli ceramiche figurate di importazione attica o di fattura locale, famose in tutto il mondo.   La città cresce durante l'età romana con il suo stato di municipium, mentre la Cattedrale romanica viene edificata nel Medioevo tra XII – XIII sec. con i suoi peculiari spioventi accentuati e il suo ipogeo.   Nella Chiesa del Purgatorio emergono tracce di tarda epoca romana: una cisterna di un complesso termale in cui in seguito si riuniscono i primi cristiani, nota come Cripta di San Cleto.   Il Castello è costituito da una torre di probabile fondazione normanna e da tre corpi più bassi disposti intorno ad un atrio, al quale si accede tramite l'Arco Melodia.   Il Museo Archeologico Nazionale Jatta con il suo caratteristico allestimento ottocentesco è uno scrigno delle testimonianze archeologiche della città, che tra gli oltre duemila reperti conserva lo straordinario cratere di Talos, realizzato alla fine del V sec. a.C. Un altro sito di rilievo culturale è il complesso monumentale dell'ex Convento dei Domenicani risalente al 1560, già Pinacoteca Comunale di Arte Contemporanea, dove sarà inaugurato quest'anno il nuovo Museo archeologico Cittadino.   La Torre dell’Orologio, edificata nel 1604, conserva murata tra le sue pareti un’epigrafe che risalirebbe al periodo municipale dell’antica Rubi. {IMAGE_4}{IMAGE_12} Tra i palazzi nobiliari: Palazzo Spada, Palazzo Caputi, sede del Museo del Libro - Casa della Cultura che ospita la Biblioteca Testini e Palazzo Avitaja, sede del Municipio , tutti eretti tra XVI e XVII secolo. A livello naturalistico si segnalano le Grotte del Vagno, il più importante sistema carsico presente nella zona e il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, istituito nel 2004, di cui Ruvo di Puglia è uno dei tredici comuni che lo costituiscono, nonché la vera e propria porta.   Tra le tradizioni più note va annoverata la Settimana Santa con le sue processioni e le marce funebri eseguite dalle bande locali, La Domenica di Pasqua vengono fatte espoldere le Quarantane, fantocci vestiti di nero che nella tradizione locale rappresentano la moglie di Carnevale.   Nota è anche la festa per l’Ottavario del Corpus Domini, legata a vicende storiche della città secondo una tradizione orale non documentata.   La Sagra del Fungo Cardoncello nel mese di novembre è uno dei più importanti eventi di valorizzazione di attività enogastronomiche presenti sul territorio.   Le celebrazioni santo patrono Biagio ricorrono il 3 febbraio.    Talos Festival all'inizio del mese di settembre è fra le più longeve e apprezzate rassegne musicali e multiculturali pugliesi, mentre Luci e suoni d’artista è un progetto di arte pubblica partecipata ideato nel 2016 e arrivato già alla sua settima edizione consecutiva.   Da non perdere: Centro storico, Concattedrale di Maria Ss Assunta, Cripta di San Cleto e chiesa del Purgatorio, Museo Archeologico Nazionale Jatta, ex Convento dei Domenicani, Torre dell’Orologio, Palazzo Caputi, Parco Nazionale dell’Alta Murgia.     Foto di Enzo Paparella, Biagio Stragapede, Gaetano Armenio

I comuni

30 Aprile 2021

PIETRAMONTECORVINO

I Palij nel Cuore della Daunia

  i Caratteristici Palij per la Festa di Sant'Alberto   PIETRAMONTECORVINO (Fg) è un piccolo comune del Sub Appennino Dauno Settentrionale ricco di storia e con un grande patrimonio archeologico, artistico e naturalistico da scoprire e valorizzare.
Per il particolare pregio del centro storico, Pietramontecorvino  è Bandiera Arancione dal 2010 e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani ha segnalato il Comune tra i Borghi più Belli d’Italia. Secondo la tradizione il nome deriva da “la Preta”: il grosso macigno tufaceo sul quale sorge il nucleo antico, e da Monte Corvino la vicina cittadina bizantina, importante sede vescovile, distrutta definitivamente nel XV sec.   Pietramontecorvino è conosciuta per la festa patronale di Sant’Alberto che si celebra il 16 e 17 maggio. La Festa risale al XII secolo ed è quella più sentita dalla comunità di Pietramontecorvino e dal popolo di emigranti che per l’occasione tornano numerosi per parteciparvi. La caratterizzano un misto di religiosità e riti propiziatori legati al mondo agricolo.   Le cause che determinarono il pellegrinaggio penitenziale del 16 maggio a Montecorvino vanno ricercate nella preoccupante siccità che generalmente si verifica nel periodo primaverile, quando i campi avrebbero maggiore bisogno di acqua.   Nel 1889, in seguito ad una grave siccità, il popolo di Pietra invocò l’aiuto del Santo Patrono con processioni all’interno del paese, ma il cielo sembrava volere negare la tanta sospirata acqua. Da allora, ogni anno, il 16 maggio la statua di S. Alberto viene portata in processione a Montecorvino fino ai ruderi dell’antica Cattedrale, per sottolineare e rafforzare l’appartenenza alle antiche origini.   La statua del Santo è accompagnata lungo tutto il percorso, verso Montecorvino dai caratteristici Palij, lunghi pali di legno addobbati con nastri e fazzoletti multicolori. {IMAGE_7}{IMAGE_2} La preparazione dei palij inizia ad aprile, quando le varie squadre, con l’autorizzazione della Guardia Forestale, si recano nel bosco comunale per la scelta e il taglio dell’albero che viene poi fatto essiccare fino alla data dell’evento.   Prima della Seconda guerra mondiale il palio era unico e non superava i 4 metri, mentre oggi raggiunge anche i 20 metri. Il numero dei palij varia da 15 /20 e negli ultimi anni ci sono anche palij portati solo da donne e da bambini.   Qualche giorno prima della festa i palij vengono addobbati con i fazzoletti conservati dai vari gruppi. In cima a ogni palio vengono messi lunghi nastri colorati e un pennacchio, che caratterizza le diverse squadre di portatori. È una festa, quella di Sant’Alberto, che rappresenta l’identità stessa del popolo di Pietramontecorvino e il suo spirito collettivo e culturale.   Da non perdere: il borgo antico con le caratteristiche stradine, la Portella, il complesso monumentale costituito dalla Torre Normanno-Angioina, la Chiesa Madre, il Palazzo Ducale e il giardino pensile, la Chiesa del Rosario, la Chiesa dell’Annunziata, il sito archeologico di Montecorvino a 7 Km da Pietra.       Testo di Carolina Niro Foto di Carolina Niro, Gaetano Armenio    

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i Produttori

30 Aprile 2021

Mastrototaro Food

“Dal campo alla tavola” per Mastrototaro Food non è un concetto astratto ma è una vera e propria promessa che l’azienda fa al consumatore.   Ci troviamo a Bisceglie (Bat), terra florida lambita dalle acque del mare Adriatico. Proprio tra la terra e il mare nascono le conserve di Mastrototaro Food, prodotti che simboleggiano l’autenticità della Puglia e il sapore schietto e genuino della tradizione.
L’azienda ha alle spalle una lunga storia imprenditoriale che inizia nel 1956 e si snoda nel settore dell’agricoltura.   Nel 2008 la Mastrototaro Food decide di valorizzare ulteriormente le materie prime prodotte nei terreni aziendali trasformandole in eccellenti conserve agroalimentari. Tre lustri di expertise nel settore hanno fatto il resto.   Oggi sono i tre fratelli, Mauro, Giulio e Roberto, a portare avanti con abilità e ingegno l’azienda certificata Bio e una delle poche in Italia a organizzare la produzione da zero. Il Cicerone del nostro viaggio nelle prelibatezze del marchio Mastrototaro è Mauro, che tra grandi distese di ulivo e vasti campi messi a coltura ci parla del grande impegno profuso per offrire al consumatore un prodotto in cui la qualità è la regina incontrastata.   La coltivazione degli ortaggi secondo le ancestrali consuetudini dei nostri avi e l’amore per la natura sono gli elementi vincenti dell’azienda che raccoglie a mano le materie prime e in pochissime ore le trasforma in conserve.   Questo consente di preservare le qualità organolettiche degli ortaggi che sprigionano la loro bontà e ingolosiscono solo a guardarli. Melanzane, carciofi, funghi, peperoni, pomodori, olive e zucchine sono le materie prime che si sposano con l’olio extravergine di oliva prodotto dall’azienda. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Osservando il punto vendita aziendale ci sembra di guardare una versione leggermente più grande della classica dispensa della nonna. Un trionfo di colori è quello che si presenta ai nostri occhi di visitatori, in cui osserviamo stupiti le diverse nuance degli ortaggi in vasetto.   Con orgoglio, Mauro ci spiega la precisa filosofia aziendale: recuperare le antiche ricette delle conserve per farle conoscere anche oltre i confini della Puglia. E così scoviamo la “Pric ‘o prac”, una salsa antichissima molfettese, ormai introvabile, fatta di peperoni e pomodori o l’antipasto biscegliese con carciofi, funghi champignon, peperoni e olive.
Non possiamo non menzionare gli squisiti carciofi disponibili in più versioni. Grigliati, con gambo, “della mamma” o alla “pugliese”: sono tutti eccezionali con il loro cuore tenero immerso nel giallo dorato dell’olio extravergine di oliva. Tradizione sì, ma anche innovazione, come la raffinata mousse di lenticchie e pomodori secchi che unisce le proprietà nutritive del legume al sapore vivace del pomodoro secco. 

È una lista lunghissima quella dei prodotti di Mastrototaro Food. Mauro ci spiega che un’azienda come la sua, che mette davanti il consumatore piuttosto che il fatturato, è frutto di un grande gioco di squadra. Una squadra che vince perché gioca bene sul campo. Quel campo che Mastrototaro Food porta in vasetto direttamente sulle nostre tavole.        

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine D'Arapri

Tre amici con la passione per la musica jazz e per i vitigni autoctoni del Tavoliere, una cantina sotterranea dal fascino irresistibile e degli spumanti che raccolgono estimatori da tutto il mondo. Nella storia di Cantine d’Araprì non manca nulla: l’amicizia, l’amore per la propria terra, un progetto lungimirante e una stoffa imprenditoriale fuori dal comune.   Alla base dell’azienda c’è stata la convinzione di poter produrre anche al Sud spumanti pregiati utilizzando il vitigno autoctono della Capitanata: il “Bombino bianco”. E così che i tre amici, Girolamo d’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore nel 1979 crearono il loro sogno. Cantine d’Araprì è la prima realtà pugliese a produrre spumanti con metodo classico.   Una scelta coraggiosa, che con il tempo si è rivelata vincente e ha portato a numerosi riconoscimenti. Entrando nella loro cantina non si possono non notare le decine di premi ottenuti negli anni per l’abilità con cui valorizzano il territorio. L’edificio che ospita Cantina d’Araprì, datato inizi del 700 e collocato nel centro storico di San Severo (fg), ci sembra quasi una casa che serba tesori straordinari e di cui conosciamo le fattezze e l’atmosfera.   Scopriamo stupìti che sotto i nostri piedi si trovano mille metri quadri di cantina sotterranea alla quale si accede attraverso un dedalo di cunicoli e gallerie. Lo spazio, periodicamente, ospita eventi e rassegne culturali. L’ambiente accoglie e custodisce il pregiato spumante che riposa placidamente in attesa di essere pronto per essere stappato. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Ci sembra quasi di assistere a un cerimoniale, nel silenzio dei sotterranei e circondati da cataste di bottiglie il cui contenuto segue precisi protocolli artigianali affinati con l’esperienza. Tra gli spumanti troviamo il rosè millesimato "Sansevieria", ottenuto dalla vendemmia manuale di uve di Nero di Troia con il suo colore gentile e il dolce profumo di agrumi.   Per chi ama i secchi, il "Pas Dosè" prodotto da Bombino bianco e Pinot nero è uno spumante dal carattere convinto ingentilito da sentori di pasticceria. Montepulciano e Pinot Nero sono gli ingredienti preziosi del "Brut Rosè" , spumante dal gusto finissimo e rotondo con profumi di pane e frutta tostata.   Etereo e gentile è il bouquet del "Brut", primo spumante a essere prodotto dalla casa che avvolge il consumatore con sentori fruttati di mela, pesca gialla e arancia. A condurci in questo viaggio all’insegna degli spumanti sono Anna d’Amico, figlia di Girolamo, e Daniele Rapini, figlio di Louis. Perché una delle caratteristiche della cantina è l’intreccio di amicizia e familiarità che lega i componenti dell’azienda. Ai tre soci fondatori si è unita nel 2019 la cosiddetta “nuova generazione” incarnata dai tre figli: Anna d’Amico, Daniele Rapini e Antonio Priore, animati tutti e tre dal desiderio di portare avanti la tradizione cominciata dai loro padri. Ogni bottiglia di spumante d’Araprì è come una perfetta melodia jazz: lentamente rivela le sue stupefacenti note, raccontando di un prodotto che profuma di Puglia e amicizia.      

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Barsento

Il tragitto che si compie per andare a Noci (ba), cittadina che sorge sulle ridenti colline murgiane dove si trova Cantine Barsento, è costellato di paesaggi naturali che si estendono a perdita d’occhio, belli da togliere il fiato. In questo territorio incontaminato nasceva più di cinquant’anni fa una cantina che, come ci dice l’attuale Amministratore Unico Rocco Colucci, “traduce in vino l’essenza di Puglia”.   Cantine Barsento è una vivace realtà vinicola fondata nel 1969 con una mission visionaria per l’epoca: valorizzare i vini di qualità provenienti dal solo agro nocese. Quello che rende questa cantina così particolare e unica nel suo genere è qualcosa che, varcata la soglia dello stabilimento, non ci si aspetta di trovare: circa mille metri quadri di cantina sotterranea scavata nella roccia calcarea e profonda 15 metri.   Un vero gioiello enologico che stupisce per la sua inaspettata bellezza, con i suoi cunicoli e le celle organizzate perfettamente che racchiudono veri e pregiati tesori della nostra tradizione vinicola. La funzione della cantina sotterranea è quella di ottenere un vino affinato nella bottaia rocciosa, facendo sì che ci sia il controllo preciso di temperatura e umidità.   I vitigni autoctoni sono di varietà di Primitivo, Malvasia e Negramaro: uve scelte per la loro espressione di territorialità, autenticità e specificità e la cui qualità è ulteriormente sublimata attraverso una filiera di raccolta della frutta esclusivamente manuale. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Le etichette di Cantine Barsento (si dividono tra IGP e DOC) non sono semplici prodotti vinicoli, ma sono molto di più: rappresentano la passione per le uve di qualità e per il loro legame con la natura, unica artefice delle rare caratteristiche di ogni materia prima.   Intenso e generoso è il Paturno, un rubino con un bouquet complesso e insieme amabile tipico del Primitivo dal quale proviene o il Ladislao, un Negramaro in purezza impenetrabile, quasi tenebroso. Possiede profumi maturi, decisamente virili, è affinato in botti di rovere ed è un vino per chi ama stupire e lasciarsi stupire.   Se volessimo dargli una personificazione, il Casaboli sarebbe sicuramente una donna dall’aspetto elegante e dall’intelligenza raffinata. Ottenuto da Primitivo, questo DOC è un vino di spessore che fonde la sua gradevolezza alla tannicità. Giocoso, fresco, dolce. È il Primitivo Malicchia Mapicchia, un nettare da meditazione di grande vinosità al palato, affinato per un anno e piacevole per ogni combinazione culinaria.   La tradizione vinicola di Cantine Barsento corre anche sul binario della ristorazione attraverso il ristorante Bamì. La mission? Fondere due arti incredibili: quella della cucina e quella vitivinicola e riunirle sotto una sola forma, Bamì. Il ristorante si trova all’interno di Cantine Barsento e sposa il concetto di valorizzazione delle materie prime e di piatti che rispettano le proprietà organolettiche degli ingredienti. Un concetto che, se vogliamo osare, si veste di sacralità.   La stessa che da sempre accompagna chi, sotto varie forme, lavora con rispetto e devozione i prodotti della terra.      

Oleificio

05 Giugno 2023

Frantoio Paparella

All’ombra di ulivi secolari e nel cuore del Tavoliere di Puglia nasce nel 1891 il Frantoio Paparella a Barletta (bat). Un luogo in cui le radici e le tradizioni si intrecciano virtuosamente con l’innovazione nei processi di trasformazione e l’attenta selezione dei frutti migliori. Il Frantoio è attualmente dotato di 5 linee di estrazione e trasformazione che consentono di raggiungere una capacità di produzione pari a circa 200.000 tonnellate di olive per stagione. Gli investimenti per il miglioramento della qualità e della quantità di estrazione sono costanti e si concretizzano nell’implementazione di nuovi macchinari di anno in anno. Grande attenzione è destinata a tutte le fasi produttive, dalla raccolta delle olive allo stoccaggio dell’olio; durante tali processi l’oliva viene selezionata e seguita fino alla sua trasformazione in un prodotto di assoluta eccellenza, sotto l’attenta supervisione della proprietà e numerosi panel test tenuti da assaggiatori professionisti. {IMAGE_0}{IMAGE_1} L’olio extra vergine di oliva molito da Frantoio Paparella è estratto a freddo mediante metodi meccanici ed altamente innovativi ad una temperatura mai superiore ai 27°C, da olive italiane coltivate in Puglia. Le olive sono trasformate direttamente presso il frantoio entro massimo 12 ore dalla raccolta conservando perciò tutte le caratteristiche chimico-fisiche dell’olio ed evitando ossidazioni. Giunto al suo 130° anno, il Frantoio Paparella guarda al futuro con la fiducia di chi crede che la qualità sia l’unica scelta per un futuro più buono e sostenibile. Ad oggi i principali scarti di produzione ovvero la sansa e il nocciolino di sansa vengono utilizzati per alimentare parte del ciclo produttivo. Il Frantoio adotta l’approccio dell’economia circolare ed è impegnata nel realizzare una produzione ad impatto ambientale 0 in ottemperanza agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. L’olio extra vergine di oliva “LÓLIO Intenso Monocultivar Coratina” è l’essenza della tradizione, dei sapori e dello stile di vita pugliese. Ricavato dalla selezione accurata delle migliori olive della tipica cultivar pugliese denominata “Coratina”. “LÓLIO Intenso - Monocultivar Coratina” si presenta all’osservatore dal verace colore verde, come le olive dalle cui viene estratto. Al gusto mostra carattere ed eleganza, regalando e note intense e fruttate per dal retrogusto deciso e piccante. Il sapore amarognolo dell’olio extra vergine di oliva estratto dalla cultivar “Coratina” è indice dell’altissima concentrazione di polifenoli, potenti antiossidanti ed infiammatori. L’olio extra vergine di oliva “LÓLIO Fruttato” è una magica armonia di sapori e sentori di Puglia. Ricavato da una sapiente selezione di cultivar pugliesi come Peranzana, Coratina, Ogliarola e Leccino, LÓLIO Fruttato si presenta dal vivace colore verde esaltato da brillanti riflessi giallo intenso. LÓLIO Fruttato riesce a convincere tutti i palati. All’assaggio l’olio propone un bouquet fragrante e completo, dal carattere leggero ed equilibrato, caratterizzato da un basso contenuto di acidità.

Liquorificio

30 Aprile 2021

Fiume

Era l’inizio degli anni Sessanta quando Vittorio Fiume in un piccolo laboratorio artigianale faceva i primi esperimenti sui liquori e il latte di mandorla.   Animato da una passione per la sua Puglia, all’epoca probabilmente ignorava che quei suoi tentativi artigianali si sarebbero trasformati nel tempo in un brand pugliese conosciuto in tutto il mondo. La storia del brand Fiume è una storia che parla d’amore.   Amore per la Puglia, per le erbe, le spezie e gli infusi. Collocato nella zona industriale di Putignano, cittadina famosa per l’antico Carnevale, lo stabilimento Fiume oggi produce bevande molto apprezzate nel settore della liquoristica e degli analcolici.   I liquori a marchio Fiume comunicano il legame con il territorio, a cominciare dalle materie prime. Come ci spiega Caterina Fiume, figlia di Vittorio e responsabile ricerca e sviluppo del marchio, tra i primi liquori che portano la firma di suo padre c’è l’ "Elisir dei Trulli", il cui nome evoca una pozione miracolosa e stupisce per il sapore avvolgente delle note alcoliche e aromatiche.   Cioccolato, rum, nocciola e caffè sono alcuni dei sentori dell’Elisir dei Trulli, che offrono al consumatore un viaggio sensoriale che delizia il palato con sapori caldi e intensi. L’ "Amaro Pugliese", celebre coetaneo dell’Elisir dei Trulli, è famoso perché trasmette pugliesità non solo nel nome ma anche nella scelta delle materie prime.   E così nella Teriaca Officinale dell’Amaro Pugliese scopriamo la menta, il finocchietto, la salvia, il carciofo, gli agrumi e così via. Tutte materie prime provenienti dal territorio, trasformate per creare un amaro che parla di consuetudini e memoria collettiva.   Mentre ci racconta dell’Amaro Pugliese, Caterina estrae una cassettina con alcune delle erbe utilizzate. E così, accanto alla menta, pianta erbacea autoctona, notiamo la China Succirubra che viene invece dall’Ecuador, il Rabarbaro, tipico della Cina e il Quassio della Jamaica. Ed è incredibile come un solo liquore possa contenere intere porzioni di mondo pur restando legato alla tradizione. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Tradizione che si esprime anche nel "Limoncello", prodotto secondo l’antica ricetta della nonna di Caterina e che sugella un piccolo segreto tramandato di generazione in generazione. Restando sul versante delle bevande alcoliche, l’ "Amarum" è un’altra creazione a marchio Fiume che mixa territorialità e influenze internazionali.   Nell’Amarum il rum giamaicano sublima l’infuso di spezie e noci locali. Un amaro talmente pregiato da essere riconosciuto al SIAL di Parigi del 2008 come uno dei 100 prodotti più innovativi, e premiato al Roma Bar Show del 2020 per saper valorizzare al meglio le eccellenze del territorio.   Per coloro che non amano gli alcolici c’è un’alternativa decisamente gustosa. È il "Latte di Mandorla", nato come sciroppo, ora anche nella deliziosa versione pronta da bere, Mandorlè, e che viene prodotto per estrazione utilizzando solo ed esclusivamente mandorle dolci pugliesi.   L’ennesimo tratto di attaccamento alle proprie origini di un brand che, con un piede nella Puglia e uno nel mondo, porta le sue bevande oltre i confini nazionali.        

Oleificio

30 Aprile 2021

Clemente

«Una splendida ed emozionante avventura»   Quando chiediamo a Michele Clemente, Presidente di Olearia Clemente, di raccontarci la storia imprenditoriale di una delle più grandi aziende di filiera italiana olearia ci risponde esattamente così: una splendida ed emozionante avventura.   Non può che essere diversamente per un’impresa dall’attività centenaria che solca gli anni e che nasce a Manfredonia, nel cuore del Gargano, tra alberi di ulivo dalle imponenti chiome e dai tronchi intrecciati, un groviglio perfetto che è proprio solo di Madre Natura.   Arriviamo in azienda percorrendo vaste distese di uliveto in cui il verde delle foglie e del frutto padroneggia prepotente sul territorio esistente. Le dense fronde degli ulivi sono appena mosse da una brezza leggera che profuma di vegetazione e salsedine del vicino Adriatico, che giunge al nostro olfatto conciliando i sensi.   In questo paesaggio incontaminato, sfiorato appena dall’antropizzazione, si incastona Olearia Clemente. La storia di Olearia Clemente è quella di una famiglia che da ben cinque generazioni è dedita alla tradizione agricola e olivicola. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Fu inaugurata nel 1895 da Berardino Clemente, bisnonno degli attuali titolari, i fratelli Michele, Antonello, Carla e Ilenia, con il preciso obiettivo di offrire al mercato un prodotto eccellente che valorizzasse le cultivar di questa zona.   Obiettivo perseguito attraverso la gestione diretta di tutto il processo produttivo, a cominciare dal frutto, raccolto perfettamente sano, spesso a mano, e lavorato con tecnologie particolari che consentono di ottenere un prodotto unico nel gusto e nei profumi. A Olearia Clemente va riconosciuta l’abilità di dare all’olio extra vergine di oliva il valore che merita, scardinando la credenza che sia solo un condimento ma rendendolo, invece, alimento cardine della dieta mediterranea.   L’esperienza acquisita negli anni è la chiave di volta per la produzione di olio extra vergine di oliva puro e naturale. Nella sublime spremuta olive di Olearia Clemente abbiamo cultivar pugliesi, come la Coratina, l’Ogliarola Garganica e la Peranzana, monocultivar che hanno una loro specificità con qualità organolettiche esplosive che sanno di erbaceo, dolcezza, frutto e natura.   Dal rispetto per quest’ultima nasce la linea di oli biologici tra cui citiamo "U Polp", extra vergine DOP Dauno del Gargano dal sapore unico con un packaging che nei colori e nei disegni strizza l’occhio alla veracità della Puglia.   Un preciso bouquet di profumi e sapori è quello che regala l’olio "Zagare", un 100% italiano estratto a freddo che prende il nome dai fiori che circondano gli agrumeti del Gargano.   La linea Zagare è una linea storica, lanciata adesso in una versione moderna che simboleggia la quinta generazione di Olearia Clemente. In quest’olio, i cui frutti sono baciati dal sole e benedetti dall’aria, si sposano da un lato la tradizione centenaria dell’azienda e dall’altro lo slancio verso il futuro rappresentato dai giovanissimi Eliana, Leonardo, Berardino e Rosistella, desiderosi di portare Olearia Clemente in confini ancora inesplorati.      

Azienda Agricola

30 Aprile 2021

Azienda Agricola Iannone

Un paesaggio tipico della Murgia lievemente collinare, reso più brullo dai cammini delle lame carsiche che ne solcano il percorso. Siamo ad Acquaviva delle Fonti (ba), un piccolo borgo di Puglia che, come un antico prezioso mosaico, diletta i visitatori con le sue bellezze.   In questa zona che racchiude antiche masserie circondate dagli inimitabili muretti a secco, trulli e grotte sotterranee nasce nel 1996 l’Azienda Agricola Iannone che produce la Cipolla rossa e lo Sponzale rosso di Acquaviva delle Fonti affiancate dal Cece nero della Murgia Carsica, una triade di bontà che negli anni ha conquistato l’ambito Presidio Slow Food.   A condurci in questo viaggio che parla di produzioni tradizionali e incredibilmente territoriali è Vito Abrusci, responsabile dell’azienda agricola, che incontriamo direttamente in campo in una delle contrade che ospita la coltivazione della cipolla, dello sponzale e del cece nero seguendo i dettami dell’agricoltura biologica.   Si può parlare di un vantaggio autentico che tali zone offrono a questa tipologia di prodotti dovuta all’unicità della ricchezza biologica che impatta positivamente sul territorio. L’eccellente qualità dei terreni profondi, ricchi di potassio, ben drenati e aerati permettono a queste colture di nascere e crescere abbondanti, preservando tutte le incredibili caratteristiche organolettiche e benefiche contenute per natura.   La coltivazione e raccolta della cipolla rossa dell’azienda Iannone è manuale e il prodotto si contraddistingue per la forma appiattita e un peso difficili da replicare. In questo ortaggio si distingue chiaramente il colore esterno che richiama una palette di nuance bellissime che vanno dal rosso al magenta quasi viola per poi mostrare l’interno rosa pallido che sfuma verso il bianco. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Il sapore dolce e il profumo intenso rendono la Cipolla rossa perfetta per il consumo fresco o come prodotto trasformato. Parlando di cipolla rossa non possiamo non citare lo sponzale, cioè il bulbo che nasce per riproduzione dalla cipolla matura. L’azienda lo coltiva secondo metodi tradizionali e lo sponzale, anche detto sponsale, mantiene intatto il sapore delicato e leggero della cipolla.   Un ortaggio antico il cui nome di origine latina rievoca la focaccia che veniva consumata durante la sponsàlia, la cerimonia che celebrava i futuri sposi. Pensare che il vece nero della Murgia Carsica sia andato nello spazio è qualcosa che lascia stupiti. Il cece spaziale, in tutti i sensi, è stato scelto per le sue incredibili proprietà per la zuppa dell’astronauta Samantha Cristoforetti.   È diverso dagli altri legumi per il colore scurissimo e la forma uncinata e rugosa. Già noto nell’Ottocento, Vito ci spiega che il Cece nero è da sempre stato l’elemento cardine dell’alimentazione agricola in sostituzione della carne, all’epoca alimento appannaggio solo delle famiglie abbienti.   La “carne dei poveri”, così chiamato un tempo il legume, è gradevole e ricchissimo di fibre e ferro. Un cibo contadino che apre le porte di un territorio meraviglioso.      

Liquorificio

30 Aprile 2021

Antichi Elixir

Nella graziosa città di Molfetta adagiata sul mare nasce ANTICHI ELIXIR, estroso liquorificio artigianale che fa dell’autenticità il proprio marchio di fabbrica. L’azienda racconta il territorio attraverso liquori e amari di qualità che racchiudono l’espressione più sincera della tradizione dei nostri antenati, coniugando una produzione scrupolosa in ogni sua fase.   Ad accoglierci nel laboratorio è Alessio Picca, giovane imprenditore che nel 2007 ha deciso di unire la solida esperienza nel settore all’amore per la propria terra e per la genuinità dei suoi frutti. Varcata la soglia, osserviamo un tripudio di eleganti bottiglie contenenti liquori dai colori ambrati tipici delle mele cotogne, dalle nuance del rosso del melograno o dal viola intenso, quasi nero, del gelso nero selvatico. Sono quasi delle ampolle che racchiudono elisir dalle proprietà benefiche preparati con ricette esclusive, risultato di continue sperimentazioni che donano al prodotto finale una forte personalizzazione. Le materie prime sono fondamentali per produrre liquori e amari di qualità, lavorate come si faceva un tempo.   Alessio ci spiega con dovizia di particolari, e con infinita gratitudine, l’immenso patrimonio di ricette lasciato dalle sue nonne, ricette che oggi consentono ad Antichi Elixir di portare avanti una storia di famiglia. I frutti adoperati sono tutti locali e la loro raccolta è stagionale, condizionata quindi dalle temperature primaverili, sinonimo di un rispetto per i cicli della natura fuori dal comune. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Preparato sulla base della versione casalinga della nonna di Alessio, "Cydò" è tra i liquori imperdibili di Antichi Elixir. È composto solo da succo di mela cotogna e alcool buongusto, con una gradazione alcolica di 45°. Le mele cotogne sono raccolte e lavorate rigorosamente a mano durante la primavera, quando il frutto è all’apice della sua maturazione e sprigiona tutta la bontà del nettare. Un lungo affinamento di circa due anni sublima "Cydò" con note eleganti, decise e al contempo morbide.   "109" è il numero delle mandorle presenti nell’elisir artigianale che, non a caso, si chiama 109 Mandorle. Ricavato anch’esso da una ricetta storica, questo amaro è un vero e proprio tesoro del nostro territorio. L’infuso alcolico è realizzato con le mandorle di Toritto della varietà “Filippo Cea”, presidio Slow Food e ricche di proprietà antiossidanti. Il tocco di classe del 109 Mandorle è dato dall’aggiunta di radici di genziana, piante, fiori, bucce di agrumi e spezie locali mixate tra loro il cui risultato è una perfetta e intensa alchimia di odori e sapori.   L’amaro si è distinto al concorso mondiale Spirits Selection di Bruxelles, sfidando oltre mille aziende provenienti da tutto il mondo e ricevendo un’ambitissima medaglia d’argento. Rubino è il colore di "Ako", liquore al melograno dal gusto dolce e leggermente astringente, imbottigliato in un sinuoso e diamantato recipiente che ne fa spiccare le seducenti tonalità.   Quelli di Antichi Elixir sono liquori e amari frutto di storie e tradizioni inossidabili che sfidano il passare degli anni. Elisir di lunga vita che deliziano il palato, coccolano lo spirito e parlano di una terra meravigliosa: la Puglia.    

Masseria

01 Febbraio 2022

Masseria Liuzzi

Lungo il sentiero che attraversa l'affascinante paesaggio naturale del Parco Naturale Regionale "Terra delle Gravine" si arriva a Mottola, un comune in provincia di Taranto chiamato “Spia dello Ionio” per la sua panoramica posizione geografica che abbraccia tutto il golfo di Taranto e lo splendido mar Ionio con un territorio ricco di gravine naturali e villaggi rupestri, in questo paesaggio incantevole s'incontra una realtà genuina dedita alla produzione di vino e di grano. Si tratta di Masseria Liuzzi sita in contrada Marinara, che si arricchisce di un punto vendita in via Risorgimento a Mottola.   Un connubio di passione, impegno e spirito di sacrificio, che vede protagonisti Marcello Latorrata e Barbara Lattarulo. La coppia, che ha ereditato l'attività dalla famiglia Latorrata, porta avanti, giorno dopo giorno, una tradizione che si tramanda da quattro generazioni.   Tutto è nato più di un secolo fa con un nome diverso, "I Casidd d Liuzzi", a indirizzo cerealicolo - zootecnico. La metamorfosi in Masseria Liuzzi avviene con il passaggio alla produzione viticola su un terreno prevalentemente calcareo che si estende per 10 ettari all'incirca. La qualità dei prodotti è garantita anche dall’altitudine di circa 270 metri sul livello del mare, da una buona escursione termica tra giorno e notte e da un’adeguata ventilazione.   Il vino di Masseria Liuzzi è un prodotto che rispecchia pienamente il territorio pugliese: i vigneti si trasformano in uva da vino con un processo naturale. Il risultato è un primitivo dal sapore inconfondibile, trattato in purezza. Siamo di fronte a una delle poche aziende in Puglia a trattare in purezza anche il rosato, che da Masseria Liuzzi è un primitivo a tutti gli effetti, in quanto preserva lo stesso grado alcolico del primitivo rosso. {IMAGE_0}{IMAGE_1} A rendere unici i vini dell'azienda di Mottola sono anche i nomi presenti sulle etichette. Prodotti che si raccontano da soli. Partendo dai primitivi, si trovano il "Marnera", che richiama in dialetto la contrada Marinara, che letteralmente vuol dire "terra coperta dal mare", il "Tuppétt", che deve il suo nome a una piccola collinetta della Masseria Liuzzi dove le viti sormontano le proprietà.   L''ultimo di quest'elenco è il "Rosasso", la cui denominazione deriva dall'incontro tra il colore del rosato e il suolo calcareo su cui si estendono le vigne, in cui si trovano fossili marini ogni volta che ci sono arature o spostamenti del terreno.   A questi si aggiungono lo "Scinò", un malvasia nera il cui nome è la fusione del vitigno malvasia e della parola malvagia, un riferimento a quella magia che in Puglia si collega subito al cosiddetto “affascino” e, per chiudere in bellezza, il "Bolloro", un fiano che omaggia Federico II di Svevia, amante del fiano che emanò a Rimini la Bolla d'Oro nel lontano 1235.   Altrettanto caratteristica la produzione di grano, che avviene nella piena cura di ciascuna delle sue fasi. Dopo le arature periodiche, la semina e la mietitura, il grano viene portato in un pastificio di Matera, dove nascono i formati tradizionali che si trovano nel punto vendita della Masseria Liuzzi. Cavatelli e orecchiette sono ai primi posti sugli scaffali rigorosamente pasta trafilata al bronzo utilizzando la farina "Senatore Cappelli".    A seconda delle condizioni del terreno, poi, la produzione dell'azienda si dedica periodicamente anche ai legumi, specialmente ai ceci.   Nel caratteristico paesaggio della cittadina pugliese, fatto di gravine naturali e villaggi rupestri, si trova l'anima di Masseria Liuzzi che tra querce, uilivi e grano, rappresenta l'anima della Puglia.

Patrocini