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Esiste una Puglia che non conosci, fatta di storia, cultura e sapori che suscitano emozioni uniche: dagli eventi pasquali alle feste patronali, dai cammini dell'anima ai sapori e profumi della gastronomia e delle eccellenze vitivinicole.

Scegli il tuo itinerario e lasciati deliziare dai prodotti dell'enogastronomia pugliese: la Puglia che non hai mai visto ti aspetta!

I comuni del mese

30 Gennaio 2023

TERLIZZI

La Città dei Fiori e della Ceramica

LA Città' dei Fiori e della Ceramica   Il recente riconoscimento di “Terlizzi città della ceramica”, esalta la secolare tradizione della lavorazione dell’argilla che in queste contrade, nel cuore della Puglia, ha saputo raggiungere forme d’arte di inusitata bellezza. Terlizzi è anche la città dell’olio extravergine d’oliva e di altre prelibatezze agroalimentari, fra cui spicca il fiorone “Mingo Tauro” candidato alla denominazione IGP, ed è soprattutto la “città dei fiori”, con le centinaia di aziende che operano sul territorio e nel distretto, tutte ben attestate sui mercati nazionali ed esteri in virtù dei prodotti eccellenti e assai richiesti: un vero tesoro di biodiversità.   Ma Terlizzi di “fiori” ne ha tanti, e tutti da scoprire, in un viaggio emozionale che sa di antico e di moderno, laddove la modernità è sotto gli occhi di tutti e l’antico è ben ritratto, fino a rivivere, nelle pagine offerte da studiosi appassionati come don Gaetano Valente e l’arch. Michele Gargano, adusi a immergersi nelle carte documentali come nel dedalo delle viuzze e degli slarghi lastricati del borgo medievale racchiuso dalla cinta dello “stradone” su cui si affacciano le eleganti dimore delle famiglie che hanno fatto la storia della città.     {IMAGE_4}{IMAGE_7} Al margine dell’abitato medioevale, si può ammirare la mole elegante della Concattedrale neoclassica dedicata a San Michele Arcangelo, sorta sulla Collegiata duecentesca che recava la firma di Anseramo da Trani, di cui è ancora possibile ammirare il raffinato portale incastonato nella chiesa del Rosario. In continuità, come sorvegliata dall’alta torre campanaria con terminazione bulbiforme di tipo orientale, la chiesa dell’Immacolata. Accoglie, tra stucchi e ornati di un vezzoso barocco, la sequenza di tele con storie del Vecchio Testamento e della vita della Madonna dipinte da Domenico Antonio Carella.   Ma ciò che toglie letteralmente il fiato è la celeberrima Adorazione dei pastori che Corrado Giaquinto ha realizzato intorno al 1750. A due passi la Pinacoteca Civica, che accoglie nelle stesse sale della dimora d’artista, il ricco lascito di opere (oltre mille) di Michele de Napoli (1808-1892). Immette alla piazza principale di Terlizzi, dominata dalla mole severa della Torre normanna, opera strategica di difesa, oggi Torre dell’Orologio, coronata dalle architetture civili, fra cui spicca il Palazzo del governo cittadino in uno con il Teatro Millico, e religiose, chiese di San Gioacchino e di Santa Lucia con al centro il Monumento ai Caduti, opera di Giulio Cozzoli, senza trascurare il ricordo di illustri terlizzesi che lottarono per la libertà e furono trucidati alle Fosse Ardeatine: don Pietro Pappagallo e Gioacchino Gesmundo, il cui monumento celebrativo è in Largo La Ginestra.   Lo sguardo verso il corso si sofferma sull’imponente facciata di Palazzo de Gemmis, con invenzioni di sapore vanvitelliano, e sulla vicina chiesa di Santa Maria la Nova, che fu fucina di cultura e sapere teologico dei frati Minori Osservanti. Ospita opere d’arte di prima grandezza, quali la Natività (1540) di Giovan Girolamo Savoldo (1480c-1548) e la Madonna con Bambino e i santi Giovanni Battista e Francesco d’Assisi (1532-1533) di Giovanni Antonio de Sacchis, detto il Pordenone (1483c-1539).   Autentica oasi di pace e spiritualità, lungo i percorsi della Francigena, il Borgo di Sovereto racchiude e preserva, quale preziosa perla, il santuario della Vergine patrona la cui icona fu rinvenuta, secondo antiche leggende, da un pastore in una grotta. Ѐ l’effigie mariana della Theotòkos (Madre di Dio) che ogni anno, nella rievocazione rituale del mitico rinvenimento, attraversa le vie principali della città issata sul mastodontico “carro trionfale” per la "festa maggiore" durante la prima domenica di agosto, a suggello di una delle feste più belle ed esaltanti cui è dato di assistere in Puglia.   IL CARRO TRIONFALE   Il carro trionfale di Terlizzi rappresenta il simbolo in cui tutta la comunità si riconosce. E’ una macchina da festa con struttura portante in legno e rivestimento in tela alta 22 metri, che ogni anno sfila per le principali arterie cittadine, spinta a braccia da oltre cinquanta uomini e guidata da quattro timonieri in abiti tradizionali diretti da un capo timoniere che con maestria lo conduce nelle tradizionali e spettacolari curve del centro cittadino.   Porta in trionfo l’icona della Madonna di Sovereto e la statua di San Michele, principali Patroni della città, oltre ad un gran numero di bambini, seduti sulla scalinata che dalla “carretta” porta al “trono” su quale è posizionata la sacra immagine della Vergine.   A Terlizzi la tradizione del carro trionfale, attestata da alcuni documenti del XVI secolo, è intimamente legata alla nascita del culto in onore della Madonna di Sovereto. La sua simbologia è pregna di contenuti che rimandano alla leggenda del ritrovamento: l'immagine della Vergine è stata rinvenuta dal pastore che, nell'intento di liberare una pecora rimasta incagliata, notò l’icona in una cavità sotterranea. Il pastore era di Bitonto, mentre l'icona fu ritrovata in agro terlizzese. Subito si creò il problema a quale dei due comuni dovesse appartenere l'icona. Si scelse così di affidare la sorte al “giudizio di Dio”.   L’Immagine venne posizionata su un carro trainato da due buoi, uno di Bitonto e uno di Terlizzi. Quest'ultimo ebbe la meglio, accecando con una cornata il bue bitontino. Il carro arrivò così a Terlizzi mutando continuamente aspetto. Nel 1868 assume il suo definitivo assetto sia nella struttura portante che nelle componenti architettoniche e decorative, tramandate fino ai nostri giorni, grazie a Michele De Napoli, grande pittore neoclassico, divenuto sindaco della città, che progetta una nuova macchina da festa.   La costruzione operativa del carro viene affidata allo scenografo Raffaele Affaitati da Foggia. Da allora il carro è rimasto pressoché immutato nelle sue componenti stilistiche e continua ad emozionare profondamente nella prima domenica di Agosto di ogni anno.   Da visitare: Concattedrale di San Michele Arcangelo, Chiesa di Santa Maria la Nova, Chiesa dell’Immacolata, Chiesa del Rosario e Portale di Anseramo da Trani, Borgo medioevale, Torre Normanna (o dell’Orologio), Palazzo di Città e Teatro “Millico”, Pinacoteca “Michele de Napoli”, Santuario e borgo di Sovereto, Santuario di Santa Maria di Cesano.     testo di Franco di Palo / foto di Francesco De Chirico

I comuni

30 Aprile 2021

FRANCAVILLA FONTANA

La Città degli Imperiali

  La Città degli Imperiali   FRANCAVILLA FONTANA (br) sorge al centro della Terra d’Otranto. Emerge tra distese di ulivi intervallate da più di settanta masserie, numerosi trulli e muretti a secco.   Le origini della città si perdono nei meandri della storia. Numerose testimonianze attestano la presenza di insediamenti umani sin dal Neolitico, ma i protagonisti del passato più profondo sono stati i Messapi. Una suggestione vuole che Francavilla sia sorta sulle ceneri della romana Rudiae, patria del poeta Quinto Ennio.   Secondo alcuni studiosi la fondazione della città risale all’anno 866, quando qui giunsero alcuni soldati al seguito dell’Imperatore Ludovico II.   La tradizione popolare, invece, fa risalire la fondazione ad un avvenimento miracoloso avvenuto il 14 settembre 1310: durante una battuta di caccia del principe Filippo d’Angiò uno dei suoi uomini scoccò una freccia per colpire una cerva che si abbeverava ad una fonte, ma il dardo tornò indietro. Sul luogo fu rinvenuta l’immagine della Madonna col Bambino, la “Madonna della Fontana”, assunta come protettrice della Città, per la quale il principe fece erigere una chiesa.   Ogni anno tra il 13 e il 15 settembre la comunità celebra la Madonna della Fontana con imponenti festeggiamenti civili e religiosi. Le luminarie decorano con merletti di luce le vie della città, le bande si alternano sulla cassarmonica, nel centro è un tripudio di dolci e giochi tradizionali. {IMAGE_4}{IMAGE_7}
Nel 1575 Francavilla fu acquistata dalla famiglia Imperiali, di origine genovese, che governò per otto generazioni fino al 1782.   Il Castello Imperiali dal 1450 è testimone della storia cittadina. Qui si trovano gli antichi affreschi della cappella di Santa Maria delle Grazie, la bella Sala del Camino e tanti altri tesori. Francavilla Fontana è una città ricca di storia, arte e cultura. I suoi palazzi seicenteschi, le chiese barocche, le grandi porte cittadine, i vicoli e le piazzette del centro storico, sono elementi che caratterizzano il borgo cittadino. Qui, tra suggestivi palazzi e loggiati, si respira il profumo dei confetti “ricci” composti da mandorle tostate e il gustosissimo dolce povero “la copeta”.   Nel cuore più antico del centro storico è possibile ammirare la Basilica Pontificia Minore Maria Santissima del Rosario, con la cupola più alta del Salento, la Chiesa di Santa Chiara, che custodisce le Statue dei Misteri, e la Chiesa dei Padri Liguorini, conosciuta come la Chiesa d’Oro. Uno dei momenti più importanti della vita cittadina è rappresentato dai Riti della Settimana Santa.   Dal Mercoledì Santo al Venerdì Santo si concentrano i giorni più intensi e partecipati: il Mercoledì con i piatti portati in giro dai bambini che da secoli ripetono “Cce ti piace lu piattu mia?”, il Giovedì con l’antico pellegrinaggio dei Pappamusci, e il Venerdì con la commovente processione dei Misteri seguita dai “Pappamusci cu li trai”, che trascinano pesantissime croci in segno di devozione.   Visitare Francavilla Fontana vuol dire immergersi in secoli di storia e rivivere il fascino della cultura contadina.  
Da non perdere: Chiesa Matrice, Chiesa dei padri Liguorini, Chiesa di Santa Chiara, Chiesa di San Sebastiano, Chiesa del Carmine, Palazzo Argentina, Castello, Chiesa dell’Immacolata, Chiesa dello Spirito Santo, Palazzo Giannuzzi-Bottari-Carissimo.   Foto di: Sandro Rodia.
Testo di: Vincenzo Sardiello

I comuni

30 Aprile 2021

CAPURSO

Caput Ursi, il borgo medioevale

  CAPUT URSI, il Borgo Medioevale   CAPURSO (ba), a pochi chilometri dal capoluogo barese, è un borgo medievale del culto della Madonna del Pozzo.

Tracce dell’esistenza della cittadina si ritrovano già prima dell’anno Mille, come si evince dagli affreschi ritrovati nella Grotta di Santa Barbara nell’omonima contrada. Sull’origine del toponimo Capurso ci sono varie interpretazioni, alcune delle quali piuttosto fantasiose, come la leggenda dell’orso.   Secondo tale leggenda, il nome della città proverrebbe dalla testa di un orso (caput ursi) ucciso dai primi abitanti del luogo, posta poi su un carro e fatta trainare dai buoi. Il paese sarebbe sorto nel punto in cui il carro fermò la sua corsa.   Capurso è passata attraverso varie dominazioni straniere, subendo spesso devastazioni e rovine. Nel corso dei secoli si sono succedute le dominazioni normanne, sveve e angioine. Solo con l’avvento degli aragonesi e, soprattutto, per merito della politica illuminata della regina Bona Sforza, la cittadina assume una sua dignità civica.   La Rivoluzione francese ebbe i suoi effetti anche su Capurso, nella quale si svilupparono fermenti liberali sostenitori di una Repubblica partenopea in contrapposizione alla dominazione Borbonica.   La Patrona di Capurso è Santa Maria del Pozzo, venerata a seguito di un miracolo avvenuto nel 1705. In quell’anno, infatti, un prete di Capurso, don Domenico Tanzella, versava in gravissime condizioni di salute. La Patrona viene festeggiata a partire dall’alba dell’ultima domenica di agosto. {IMAGE_8}{IMAGE_1}

Due i segni di affidamento alla Vergine: la consegna, da parte del Frate Rettore del Santuario, delle chiavi della Città e di una rosa d’oro donata da una famiglia capursese. Subito dopo, accompagnato da suggestivi canti e suppliche, c’è l’ingresso della compagnia dei pellegrini provenienti da Bisceglie.   È uno dei momenti più belli della festa e da qui in avanti decine di migliaia di persone fanno visita alla Vergine infatti Capurso è meta di turismo religioso, con numerosi pellegrini che visitano la Basilica e la Cappella provenienti da ogni parte del mondo.   Dopo la celebrazione, la solenne processione con stendardi colorati sfila per le vie cittadine e accompagna con centinaia di ceri la Sacra Immagine di Santa Maria del Pozzo. Durante il corteo si susseguono canti mariani e momenti di preghiera e la gente omaggia la Statua con fuochi pirici, petali di rose colorati e palloncini lasciati volare al suo passaggio in segno di gioia e gratitudine.   La domenica sera si svolge anche la processione notturna dedicata alla Madonna del Pozzo in cui sfila il maestoso e sfavillante Carro Trionfale trainato a mano e a lei dedicato, accompagnato da quasi duecento figuranti in abiti settecenteschi.   Il procedere imponente è cadenzato dalle melodie mariane suonate dalla banda e dal ritmo incalzante dei musici. Di notevole bellezza sono le architetture del centro storico e le chiese principali, che affascinano il visitatore tra storia e spiritualità.

Da non perdere: Basilica di Santa Maria del Pozzo, Cappella del Pozzo, Convento di San Francesco da Paola, Chiesa Madre del Santissimo Salvatore.         Foto di: Nicola Taranto.  

I comuni

09 Giugno 2022

CHIEUTI

La Porta della Puglia

La Porta della Puglia   Situato su una rigogliosa collina, a circa 8 km dal mare, Chieuti è considerato la "Porta della Puglia" ed è circondato da panorami mozzafiato: il promontorio del Gargano, con visuale sul lago di Lesina, che sovrasta la vista ad Est, mentre a ovest predomina un’ampia veduta sul basso Molise, in particolare Termoli e il suo porto.   Sullo sfondo, sovrasta la Maiella, e nelle giornate prive di foschia è visibile persino il massiccio del Gran Sasso, che regalano nei pomeriggi estivi suggestivi tramonti. Chiude la cornice del meraviglioso panorama la presenza delle isole Tremiti, che si affacciano di fronte al litorale della Marina di Chieuti in un mare cristallino che più volte si è visto assegnare ambiti riconoscimenti, come la Bandiera Blu e le quattro vele Legambiente e che si estende su un litorale sabbioso dalle acque cristalline con le Isole Tremiti e il Gargano a fare da sfondo ad un paesaggio mozzafiato. {IMAGE_4}{IMAGE_7} Dopo essere stata distrutta dai Goti nel 495 d.C.,  tra il 1460 e il 1470 si insediò stabilmente sul territorio una comunità albanese, giunta al seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg.   Di queste origini, Chieuti conserva ancora oggi testimonianza grazie alla presenza della lingua Arbereshe, tutt’ora parlata tra la popolazione. Negli ultimi anni, la comunità si sta attivando per la salvaguardia e la valorizzazione di questo retaggio, attraverso manifestazioni ed eventi, con canti in lingua e abiti tipici.   LA FESTA Caratteristica di Chieuti è senza dubbio la festività in onore del Santo Patrono, San Giorgio Martire, con la Carrese del 22 Aprile, singolare corsa con protagonisti quattro carri in legno, trainati ognuno da una coppia di buoi, che con l’aiuto dei cavalli percorrono un tragitto di circa 4 km che dalle campagne li conduce fino alla chiesa situata nel centro storico del paese.   Il premio per il carro vincitore sarà portare in spalla il simulacro del Santo durante la processione del 23 aprile, indossando un copricapo rosso con il fiocco del colore della propria contrada: in questa occasione sfila anche il Tarallo, una forma di pasta di caviocavallo di circa 80 kg, che dopo essere stata benedetta viene suddivisa e  distribuita all’intera popolazione.      Da visitare: il Museo della cultura ed identità Arbereshe, a cui si aggiunge il Museo della Migrazione Chieutina, e  la chiesa cattolica San Giorgio Martire, costruita nel XVII secolo in onore di Skanderbeg. La chiesa conserva al suo interno una tela raffigurante San Giorgio e il drago, ascrivibile al maestro Alessio D'Elia,  databile intorno al 1740. Nell'edificio sacro fanno da pendant al San Giorgio e il drago una tela raffigurante la Madonna del Carmine che dona lo scapolare alle anime del purgatorio, anch'essa ascrivibile alla produzione del D’Elia, e un manufatto raffigurante la Madonna col Bambino, ascrivibile alle opere di Paolo Saverio di Zinno (1718-1781), scultore molisano molto attivo in Capitanata.     Foto di: Gaetano Armenio e Pasquale Aurelio         

I comuni

30 Aprile 2021

VICO DEL GARGANO

Il Borgo degli Innamorati

il Borgo degli Innamorati   Un borgo dal cuore antico, VICO DEL GARGANO (Fg) sorge in posizione privilegiata nella Montagna del Sole (antico nome del Gargano), su un promontorio roccioso tra il mare, con San Menaio e Calenella e la Foresta Umbra.   È uno dei nove comuni pugliesi che si fregia del marchio “I Borghi più Belli d’Italia”. La sua fine aria collinare tempera la calura estiva e addolcisce il freddo invernale. È un’antica città sorta su insediamenti preistorici infatti deve il suo nome agli Schiavoni chiamati da Ottone I verso il 900 d.C.
Vico del Gargano incanta il visitatore con il suo centro storico, impiantato sui tre nuclei principali della Civita, Terra e Casale. Il suo passato è denso di testimonianze preistoriche (di notevole interesse le necropoli di Monte Tabor e Monte Pucci).
L’epoca normanno-sveva segnò marcatamente lo sviluppo di Vico del Gargano. Testimonianze di quell’epoca sono un Castello, edificato probabilmente dagli uomini di Federico II di Svevia intorno al 1240, e la cinta muraria che comprende anche torri di guardia e alcune chiesette. Il centro storico si articola in stradine, vecchie case “a pujedd” (a schiera con scala esterna, con abitazioni al piano superiore e vano sottoscala adibito a stalla o magazzino), i resti delle mura e delle torri. 
Merita una visita particolare il “Trappeto Maratea”, un antico frantoio per la spremitura delle olive che conserva una pressa in legno del 1317. Il Palazzo Della Bella, curiosa costruzione dei primi del Novecento che si ispirava al modello trecentesco del fiorentino Palazzo Vecchio, completa la passeggiata nel centro storico di Vico. {IMAGE_6}{IMAGE_2} Appena fuori del paese è il suggestivo Convento dei Cappuccini con un leccio secolare (17 mt di altezza per 5 mt di diametro) e, all’interno, un Crocifisso miracoloso oltre ad opere pittoriche del Vaccaro e del Borghese. Il Convento di Santa Maria Pura, sempre fuori dall’abitato, è un complesso monumentale di grande valore che, si ritiene, poggi addirittura su strutture molto più antiche, forse il Tempio di Calcante.
Durante il periodo pasquale gli eventi processionali della Settimana Santa Vichese sono uno dei momenti più attesi a Vico del Gargano, dove cinque antiche Confraternite custodiscono da tempo immemore un patrimonio di riti, canti e tradizioni, che trova in quei giorni la sua più autentica manifestazione.
Il 14 febbraio nel giorno degli innamorati, si festeggia San Valentino dal 1618 acclamato Patrono della città e dei suoi giardini d’aranci (Igp). Le reliquie del Santo si trovano nella Collegiata dell’Assunta e sono portate in processione per le vie della cittadina.
Gli innamorati del circondario, quel giorno, assaggiano il succo delle arance benedette come propizia pozione d’amore e si scambiano dolci effusioni nel Vicolo del Bacio, una stradina stretta del centro storico di soli 50 centimetri di larghezza.
A pochi chilometri da Vico del Gargano, si scende verso lo splendido scenario marino di San Menaio, piccolo borgo di pescatori, che con la sua vegetazione ricca di pinete e aranceti e le sue spiagge ben attrezzate è meta per i vacanzieri estivi.
Da visitare: Centro Storico, Castello, Chiesa Matrice, Chiesa della Misericordia, Chiesa di Santa Maria degli Angeli e la Chiesa di San Pietro, La Foresta Umbra, San Menaio.       Foto di: Pasquale D'Apolito / Gaetano Armenio / Testo di: Francesco Paolo Saggese
       

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i Produttori

30 Aprile 2021

Mastrototaro Food

“Dal campo alla tavola” per Mastrototaro Food non è un concetto astratto ma è una vera e propria promessa che l’azienda fa al consumatore.   Ci troviamo a Bisceglie (Bat), terra florida lambita dalle acque del mare Adriatico. Proprio tra la terra e il mare nascono le conserve di Mastrototaro Food, prodotti che simboleggiano l’autenticità della Puglia e il sapore schietto e genuino della tradizione.
L’azienda ha alle spalle una lunga storia imprenditoriale che inizia nel 1956 e si snoda nel settore dell’agricoltura.   Nel 2008 la Mastrototaro Food decide di valorizzare ulteriormente le materie prime prodotte nei terreni aziendali trasformandole in eccellenti conserve agroalimentari. Tre lustri di expertise nel settore hanno fatto il resto.   Oggi sono i tre fratelli, Mauro, Giulio e Roberto, a portare avanti con abilità e ingegno l’azienda certificata Bio e una delle poche in Italia a organizzare la produzione da zero. Il Cicerone del nostro viaggio nelle prelibatezze del marchio Mastrototaro è Mauro, che tra grandi distese di ulivo e vasti campi messi a coltura ci parla del grande impegno profuso per offrire al consumatore un prodotto in cui la qualità è la regina incontrastata.   La coltivazione degli ortaggi secondo le ancestrali consuetudini dei nostri avi e l’amore per la natura sono gli elementi vincenti dell’azienda che raccoglie a mano le materie prime e in pochissime ore le trasforma in conserve.   Questo consente di preservare le qualità organolettiche degli ortaggi che sprigionano la loro bontà e ingolosiscono solo a guardarli. Melanzane, carciofi, funghi, peperoni, pomodori, olive e zucchine sono le materie prime che si sposano con l’olio extravergine di oliva prodotto dall’azienda. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Osservando il punto vendita aziendale ci sembra di guardare una versione leggermente più grande della classica dispensa della nonna. Un trionfo di colori è quello che si presenta ai nostri occhi di visitatori, in cui osserviamo stupiti le diverse nuance degli ortaggi in vasetto.   Con orgoglio, Mauro ci spiega la precisa filosofia aziendale: recuperare le antiche ricette delle conserve per farle conoscere anche oltre i confini della Puglia. E così scoviamo la “Pric ‘o prac”, una salsa antichissima molfettese, ormai introvabile, fatta di peperoni e pomodori o l’antipasto biscegliese con carciofi, funghi champignon, peperoni e olive.
Non possiamo non menzionare gli squisiti carciofi disponibili in più versioni. Grigliati, con gambo, “della mamma” o alla “pugliese”: sono tutti eccezionali con il loro cuore tenero immerso nel giallo dorato dell’olio extravergine di oliva. Tradizione sì, ma anche innovazione, come la raffinata mousse di lenticchie e pomodori secchi che unisce le proprietà nutritive del legume al sapore vivace del pomodoro secco. 

È una lista lunghissima quella dei prodotti di Mastrototaro Food. Mauro ci spiega che un’azienda come la sua, che mette davanti il consumatore piuttosto che il fatturato, è frutto di un grande gioco di squadra. Una squadra che vince perché gioca bene sul campo. Quel campo che Mastrototaro Food porta in vasetto direttamente sulle nostre tavole.        

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Barsento

Il tragitto che si compie per andare a Noci (ba), cittadina che sorge sulle ridenti colline murgiane dove si trova Cantine Barsento, è costellato di paesaggi naturali che si estendono a perdita d’occhio, belli da togliere il fiato. In questo territorio incontaminato nasceva più di cinquant’anni fa una cantina che, come ci dice l’attuale Amministratore Unico Rocco Colucci, “traduce in vino l’essenza di Puglia”.   Cantine Barsento è una vivace realtà vinicola fondata nel 1969 con una mission visionaria per l’epoca: valorizzare i vini di qualità provenienti dal solo agro nocese. Quello che rende questa cantina così particolare e unica nel suo genere è qualcosa che, varcata la soglia dello stabilimento, non ci si aspetta di trovare: circa mille metri quadri di cantina sotterranea scavata nella roccia calcarea e profonda 15 metri.   Un vero gioiello enologico che stupisce per la sua inaspettata bellezza, con i suoi cunicoli e le celle organizzate perfettamente che racchiudono veri e pregiati tesori della nostra tradizione vinicola. La funzione della cantina sotterranea è quella di ottenere un vino affinato nella bottaia rocciosa, facendo sì che ci sia il controllo preciso di temperatura e umidità.   I vitigni autoctoni sono di varietà di Primitivo, Malvasia e Negramaro: uve scelte per la loro espressione di territorialità, autenticità e specificità e la cui qualità è ulteriormente sublimata attraverso una filiera di raccolta della frutta esclusivamente manuale. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Le etichette di Cantine Barsento (si dividono tra IGP e DOC) non sono semplici prodotti vinicoli, ma sono molto di più: rappresentano la passione per le uve di qualità e per il loro legame con la natura, unica artefice delle rare caratteristiche di ogni materia prima.   Intenso e generoso è il Paturno, un rubino con un bouquet complesso e insieme amabile tipico del Primitivo dal quale proviene o il Ladislao, un Negramaro in purezza impenetrabile, quasi tenebroso. Possiede profumi maturi, decisamente virili, è affinato in botti di rovere ed è un vino per chi ama stupire e lasciarsi stupire.   Se volessimo dargli una personificazione, il Casaboli sarebbe sicuramente una donna dall’aspetto elegante e dall’intelligenza raffinata. Ottenuto da Primitivo, questo DOC è un vino di spessore che fonde la sua gradevolezza alla tannicità. Giocoso, fresco, dolce. È il Primitivo Malicchia Mapicchia, un nettare da meditazione di grande vinosità al palato, affinato per un anno e piacevole per ogni combinazione culinaria.   La tradizione vinicola di Cantine Barsento corre anche sul binario della ristorazione attraverso il ristorante Bamì. La mission? Fondere due arti incredibili: quella della cucina e quella vitivinicola e riunirle sotto una sola forma, Bamì. Il ristorante si trova all’interno di Cantine Barsento e sposa il concetto di valorizzazione delle materie prime e di piatti che rispettano le proprietà organolettiche degli ingredienti. Un concetto che, se vogliamo osare, si veste di sacralità.   La stessa che da sempre accompagna chi, sotto varie forme, lavora con rispetto e devozione i prodotti della terra.      

Liquorificio

30 Aprile 2021

Gargano Delizie

È chiamata la Perla del Gargano ed è un meraviglioso borgo che sorge su una rupe che si affaccia sul mare cristallino baciato dalla sabbia bianca e abbracciato da grandi scogli.   Siamo a Peschici e in questo incredibile paesaggio che profuma di salsedine e vegetazione mediterranea nasce GARGANO DELIZIE®, un liquorificio artigianale che racconta il territorio attraverso i suoi prodotti.    Avviato nel 2002 da Michele e Patrizia Caputo, i coniugi hanno da subito improntato la loro produzione sulla qualità e artigianalità, riuscendo a dare forma a creazioni uniche. Varcata la soglia del piccolo laboratorio, siamo subito attratti dalle cisterne che contengono i buonissimi infusi e allietati dal contagioso entusiasmo di Michele e Patrizia per il loro lavoro.   La produzione si trova a Ischitella, cittadina a pochi chilometri da Peschici, mentre il punto vendita è nel centro storico di Peschici, in una zona che pullula di botteghe del gusto colme di bontà locali. Il negozietto di Peschici ospita anche altre specialità del territorio e della gastronomia della tradizione, come confetture, conserve, patè e tanto altro, offrendo un paniere di prodotti che rispecchia pienamente la nostra cultura in materia di cibo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Raccontare un territorio con le sue peculiarità, tramandarne le tradizioni e scovarne il patrimonio culturale è una bella impresa. Ogni liquore di Gargano Delizie (sono circa quaranta le specialità) nasce dallo studio delle ricette tradizionali della zona, ma anche e soprattutto da un’attenta e scrupolosa ricerca delle materie prime lavorate secondo metodi artigianali e casalinghi tipici dei nostri antenati. Michele e Patrizia ci parlano del loro prodotto di punta, l’ "Amaro della Suocera", un elisir dolce del 1900 conosciuto anche come lo “cherry delle nonne”.   L’Amaro della Suocera è realizzato con vino Primitivo locale e succo di amarene e a svelarne gli antichi segreti è stato un loro zio novantenne. Patrizia, poi, ci racconta anche dell’ "Amico", altro liquore molto apprezzato dedicato ai clienti e pensato per festeggiare i diciotto anni di attività.   L’idea è scaturita da un ricordo d’infanzia della donna che, incuriosita, osservava suo nonno immergere un pezzo di pesca in un bicchiere di vino. L’ "Amico" infatti, è realizzato con vino Falanghina IGP e pesche del Gargano, ed è un elisir in cui la bontà della frutta è esaltata dalla gradazione alcolica. In questo laboratorio a conduzione famigliare non ci lasciano indifferenti altri due prodotti: il "Lemolivo", un lemoncino realizzato con scorze di arancio locale e foglie di ulivo messe in infusione col suo colore verde che ricorda un’oliva, e la birra artigianale "Gargano’s", sviluppata su una ricetta di Michele e Patrizia che prevede, tra gli altri ingredienti, bucce di arance amare del Gargano.   Un prodotto che narra il territorio già dalla sua etichetta: una perla che si schiude col trabucco sullo sfondo e gli agrumi che incorniciano la bellezza della Perla del Gargano.

Pirotecnica

30 Aprile 2021

Chiarappa Fuochi d'Artificio

Nel 1940 nasceva a San Severo la PIROTECNICA CHIARAPPA, impresa pugliese conosciuta in tutto il mondo per la bellezza scenografica dei suoi spettacoli pirotecnici. Ottant’anni di attività e quattro generazioni di imprenditori esperti nell’arte degli spettacoli di luci e fuochi, rendono la PIROTECNICA CHIARAPPA un punto di riferimento nel settore delle esibizioni di fuochi d’artificio.   L’azienda produce ogni tipo di gioco pirotecnico nel pieno rispetto degli standard di sicurezza dettati dall’Unione Europea e testa i prodotti seguendo le linee guida di Istituti accreditati. L’incredibile mestiere della preparazione dei fuochi d’artificio è tramandato con cura e passione di padre in figlio e si è evoluta al punto tale da offrire al pubblico show pirotecnici incredibili e mozzafiato.   La Pirotecnica Chiarappa ha illuminato i cieli di tutta Italia, portando la maestria pugliese anche in Europa come le numerose partecipazioni in Germania, Croazia, Francia, Austria, vincendo numerosi contest e ricevendo tanti premi e riconoscimenti.   Menzione a parte merita la partecipazione della Pirotecnica Chiarappa alla festa di inaugurazione di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura. La consequenzialità delle immagini che improvvisamente appaiono in alto nel cielo e che miscelano disegni di fontane luminose, stelle filanti che scendono lente, stelle che scoppiano dividendosi in tante altre stelline e via dicendo, sono tutti giochi non casuali ma studiati a tavolino da veri esperti che conoscono i segreti della pirotecnica e che sanno bene gli effetti di un certo percorso e come realizzarlo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Lo studio non è superficiale ma molto dettagliato e approfondito. Come un regista, Nicola Chiarappa, ultimo della discendenza, deve prevedere tempi, cause ed effetti, così da permettere l’esecuzione di uno spettacolo programmato in ogni suo minimo dettaglio. Non solo tradizione ma anche e soprattutto innovazione.   La Pirotecnica Chiarappa offre i classici spettacoli “a terra” ed esibizioni radiocomandate, con programmazione a distanza e avvio computerizzato.  Le sfumature di colori si ottengono calibrando e mischiando varie tipologie di prodotti chimici, finché non si ottiene il risultato desiderato.   Un lavoro che richiede una cura meticolosa dei prodotti maneggiati per far sì che ogni sfumatura e nuance sia esattamente quella richiesta dal committente. Come in tutte le imprese artigianali, anche in questo caso c’è un minuzioso metodo di preparazione per ottenere i colori e i risultati desiderati: la “ricetta”, custodita gelosamente, è tramandata da decenni da padre in figlio.   Grazie alla creatività di famiglia, all’esperienza e alla voglia di portare sempre più in alto la diffusione dell’arte pirotecnica, la Pirotecnica Chiarappa ha aperto un punto vendita dedicato alla commercializzazione di prodotti per ogni tipologia di feste. Tra fuochi d’artificio, festoni e gadget la Pirotecnica Chiarappa realizza spettacoli ed esibizioni incredibili che vi faranno sognare ad occhi aperti. Oggi è Nicola Chiarappa a detenere le redini dell’azienda per proiettarla in un futuro sempre più promettente.    

Oleificio

30 Aprile 2021

Oleificio Cima di Bitonto

  Meta del nostro viaggio è l’OLEIFICIO COOPERATIVO CIMA DI BITONTO, orgoglioso baluardo di una tradizione millenaria della nostra Puglia. Siamo a Bitonto a pochi chilometri dal capoluogo pugliese, nel cuore della produzione pugliese dell’olio extravergine di oliva.   Una distesa di ulivi a perdita d’occhio appare davanti agli occhi di chi percorre l’entroterra barese. Giunti sul posto non possiamo fare a meno di respirare a pieni polmoni l’intenso profumo di vegetazione, quasi fossimo immersi in una distesa di ulivi secolari. D’altronde qui la natura non è così lontana da noi con il lussureggiante verde dell’adiacente Lama Balice, scrigno di biodiversità di flora e fauna selvatiche.   Ad attenderci c’è Pasquale Mastandrea, Presidente dell’Oleificio Cooperativo. Avvertiamo sin dalle prime parole il suo amore sconfinato per questa terra generosa e i suoi frutti. La Cooperativa Cima di Bitonto vanta una storia di oltre sessant’anni e con i suoi 350 soci riesce a perseguire l’incredibile impegno di ottenere la miglior “spremuta di oliva” made in Puglia.   Impegno manifestato chiaramente già dal logo dell’Oleificio, in cui la parola “Puro”, in riferimento all’olio, campeggia sugli elementi della natura. Sole, pioggia, terra e il frutto che nasce: tutti aspetti importantissimi per donare al consumatore un olio che sa di tradizione. Nei suoi anni di attività la Cooperativa è riuscita a salvaguardare il territorio e gli agricoltori grazie a un lavoro sinergico instaurato con i numerosi soci.   Da loro parte la promessa di preservare le cultivar di olive e di far conoscere la zona in cui crescono. Non a caso le varietà coltivate sono per il 70% Ogliarola e il 30% Coratina: entrambe originarie dell’areale di coltivazione e lavorate nel giro di poche ore dalla loro raccolta. {IMAGE_0}{IMAGE_1} I metodi agronomici impiegati dai soci della Cooperativa si ispirano alle antiche tradizioni locali e a quelle nozioni tramandate nei secoli che permettono alla pianta di crescere sana e robusta. Il sistema di potatura adottato consente il migliore nutrimento ai germogli e ai rami giovani, così da ottenere una spremuta davvero eccezionale.   Gli oli a marchio Cima di Bitonto sono tutti extra vergini. Il carattere deciso della Coratina è mitigato dalla dolcezza della Cima di Bitonto e il risultato è un extra vergine che unisce le peculiarità dell’una e dell’altra cultivar, fino ad ottenere un olio giallo intenso con un’equilibrata presenza di frutta e sentori erbacei. Oltre al classico olio extra vergine di oliva, molto apprezzato per il suo fruttato medio, nel paniere dei prodotti dell’Oleificio scopriamo il D.O.P Terra di Bari, un extra vergine armonioso, leggermente piccante e con fragranze erbacee.   Da agricoltura biologica proviene, invece, l’olio extra vergine di oliva “Biologico”. In quest’olio si distinguono molto bene l’oliva con il suo sapore deciso e la mandorla, più delicata, che non alterano il gusto di un piatto ma, anzi, lo esaltano come merita.        

Masseria

01 Febbraio 2022

Masseria Liuzzi

Lungo il sentiero che attraversa l'affascinante paesaggio naturale del Parco Naturale Regionale "Terra delle Gravine" si arriva a Mottola, un comune in provincia di Taranto chiamato “Spia dello Ionio” per la sua panoramica posizione geografica che abbraccia tutto il golfo di Taranto e lo splendido mar Ionio con un territorio ricco di gravine naturali e villaggi rupestri, in questo paesaggio incantevole s'incontra una realtà genuina dedita alla produzione di vino e di grano. Si tratta di Masseria Liuzzi sita in contrada Marinara, che si arricchisce di un punto vendita in via Risorgimento a Mottola.   Un connubio di passione, impegno e spirito di sacrificio, che vede protagonisti Marcello Latorrata e Barbara Lattarulo. La coppia, che ha ereditato l'attività dalla famiglia Latorrata, porta avanti, giorno dopo giorno, una tradizione che si tramanda da quattro generazioni.   Tutto è nato più di un secolo fa con un nome diverso, "I Casidd d Liuzzi", a indirizzo cerealicolo - zootecnico. La metamorfosi in Masseria Liuzzi avviene con il passaggio alla produzione viticola su un terreno prevalentemente calcareo che si estende per 10 ettari all'incirca. La qualità dei prodotti è garantita anche dall’altitudine di circa 270 metri sul livello del mare, da una buona escursione termica tra giorno e notte e da un’adeguata ventilazione.   Il vino di Masseria Liuzzi è un prodotto che rispecchia pienamente il territorio pugliese: i vigneti si trasformano in uva da vino con un processo naturale. Il risultato è un primitivo dal sapore inconfondibile, trattato in purezza. Siamo di fronte a una delle poche aziende in Puglia a trattare in purezza anche il rosato, che da Masseria Liuzzi è un primitivo a tutti gli effetti, in quanto preserva lo stesso grado alcolico del primitivo rosso. {IMAGE_0}{IMAGE_1} A rendere unici i vini dell'azienda di Mottola sono anche i nomi presenti sulle etichette. Prodotti che si raccontano da soli. Partendo dai primitivi, si trovano il "Marnera", che richiama in dialetto la contrada Marinara, che letteralmente vuol dire "terra coperta dal mare", il "Tuppétt", che deve il suo nome a una piccola collinetta della Masseria Liuzzi dove le viti sormontano le proprietà.   L''ultimo di quest'elenco è il "Rosasso", la cui denominazione deriva dall'incontro tra il colore del rosato e il suolo calcareo su cui si estendono le vigne, in cui si trovano fossili marini ogni volta che ci sono arature o spostamenti del terreno.   A questi si aggiungono lo "Scinò", un malvasia nera il cui nome è la fusione del vitigno malvasia e della parola malvagia, un riferimento a quella magia che in Puglia si collega subito al cosiddetto “affascino” e, per chiudere in bellezza, il "Bolloro", un fiano che omaggia Federico II di Svevia, amante del fiano che emanò a Rimini la Bolla d'Oro nel lontano 1235.   Altrettanto caratteristica la produzione di grano, che avviene nella piena cura di ciascuna delle sue fasi. Dopo le arature periodiche, la semina e la mietitura, il grano viene portato in un pastificio di Matera, dove nascono i formati tradizionali che si trovano nel punto vendita della Masseria Liuzzi. Cavatelli e orecchiette sono ai primi posti sugli scaffali rigorosamente pasta trafilata al bronzo utilizzando la farina "Senatore Cappelli".    A seconda delle condizioni del terreno, poi, la produzione dell'azienda si dedica periodicamente anche ai legumi, specialmente ai ceci.   Nel caratteristico paesaggio della cittadina pugliese, fatto di gravine naturali e villaggi rupestri, si trova l'anima di Masseria Liuzzi che tra querce, uilivi e grano, rappresenta l'anima della Puglia.

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Le Grotte

Immense cave di marmo circondano i vigneti di CANTINE LE GROTTE, azienda vitivinicola di Apricena (fg).   Il piccolo borgo, situato a ridosso del Gargano, è famoso per la qualità della sua pietra e per il suo eccellente vino e si lascia apprezzare per la fertilità del suolo e il clima ameno. Nell’azienda si respira il profumo dei secoli, della storia che ha reso importante questo territorio e della tradizione che sopravvive e si fa strada nel progresso.   A guidarci in questo viaggio tra pietra e vino è Biagio Cruciani, direttore commerciale dell’azienda che ci narra di un’impresa fortemente identitaria la cui nascita è legata a doppio filo a quella della città. Apricena è “attaccata” alla storia della sua pietra, e quella di Cantine Le Grotte abbraccia la tradizione del marmo locale.   È nelle cave della famiglia Dell’Erba che si impiantano i vigneti dai quali si produce il vino. La tradizione marmifera di famiglia è impressa anche sul logo aziendale: un grande blocco di pietra spaccato da una vite, due elementi della natura che coesistono tra loro.   È proprio dalla roccia viva, dalla terra feconda, che nasce la storia dello stabilimento di Cantine Le Grotte, immerso nella natura e circondato dal verde. È una tavolozza di colori quella che si presenta ai nostri occhi. Il bianco delle vicine cave di pietra permette al verde del paesaggio di trionfare con le sue immense sfumature stagionali, mentre l’azzurro del cielo divide il verde del mare dal Lago di Lesina e dalle Isole Tremiti sullo sfondo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} I vigneti si trovano ai piedi del Gargano e affondano le loro radici in terreni calcarei ricchi di minerali, gli stessi in cui si coltiva la migliore pietra di Apricena. L’azienda produce eccellenti vini rossi autoctoni come il Nero di Troia e il Primitivo insieme a dei vitgni internazionali come il Merlot e il Sirah che si sono adattati ottimamente al clima caldo e temperato della zona. Il rispetto per la zona di origine è una delle caratteristiche su cui l’azienda investe continuamente.   La sua filosofia sposa un concetto di coltivazione in cui è la natura a fare il suo lavoro. Il legame con Apricena si racconta anche attraverso i nomi dei vini. Il Petrata, per esempio, è vinificato in rosso dal vitigno Nero di Troia o in bianco dal Bombino ed è la versione “italianizzata” del termine dialettale che indica la cava. Il rosso ha potenti sentori di mora, mentre il bianco è più fine e fruttato. Il Selva della Rocca, vinificato in rosso (Primitivo e Nero di Troia), rosato (Nero di Troia) e bianco (Falanghina) porta il nome del Santuario Santa Maria Selva della Rocca di Apricena, edificato probabilmente tra il VIII e il IX secolo ad opera dei monaci benedettini e sono tutti vini pregiati, dai profumi intensi, fruttati e floreali.   Imperdibili le bollicine in versione Charmat e Merlot Classico e a completamento della linea la versione Sico alta ristorazione identificata da una etichetta che che raffigura una moneta medioevale chiamata "Sicone" del periodo longobardo ritrovata nei vigneti esistenti. Vini che simboleggiano la gratitudine e il rispetto per questa terra e che a essa si ispirano per offrire al consumatore tutta la loro bontà.        

Tarallificio

30 Aprile 2021

Puglia Sapori

Se dovessimo scegliere che forma dare alla Puglia probabilmente opteremmo per la classica e sinuosa rotondità del tarallo. Simbolo della nostra gastronomia più antica, di una consuetudine che attraversa i secoli, è sul tarallo che si fonda la storia dell’azienda Puglia Sapori.   Siamo a Conversano (ba), gioiellino architettonico con un borgo antico tra i più belli della regione. Nata negli anni Novanta, l’azienda a conduzione famigliare Puglia Sapori ha mosso i primi passi nel settore della pasticceria tipica locale, per poi approdare nel 2000 alla produzione di gustosi snack salati.   La nostra guida è Roberto Renna, direttore operativo dello stabilimento che sorge, insieme alle altre aziende adiacenti, a metà tra la città e l’aperta campagna, quasi a voler testimoniare un legame diretto con la natura e le sue bontà. L’abilità con cui Puglia Sapori coniuga il sapore degli snack con il rispetto per la tradizione è il loro marchio di fabbrica.   Pochi - ma di qualità - sono gli ingredienti dei tarallini, segno di una filosofia imprenditoriale che in tutti questi anni ha voluto tener viva la versione casereccia dei prodotti da forno. Un’azienda che ha adattato la propria produzione alla ricetta originale e che, al di là delle materie prime, rispetta la preparazione in ogni suo punto.   Non è un caso che Puglia Sapori sia una delle poche aziende che prevede la bollitura del tarallo, proprio come si era soliti fare nelle case e nei panifici di un tempo. Come ci spiega Roberto, questo è un passaggio fondamentale per preservare la fragranza e la consistenza del prodotto, sebbene questo incida sulla lunghezza dei tempi di produzione. {IMAGE_0}{IMAGE_1} La continua ricerca della perfezione organolettica, mixata alla croccantezza tipica del tarallo, porta Puglia Sapori a produrre una vasta gamma di specialità buonissime e davvero sfiziose. La Linea Classica offre - tra i tanti -  taralli ai semi di finocchio, semplici con olio extra vergine di oliva, ai multicereali, al peperoncino, alla pizza e alla cipolla o la versione Multipack, per non restare mai senza il proprio snack.   L’attenzione alla salute è tra i temi centrali dello sviluppo dei prodotti di Puglia Sapori. Per questo il marchio ha investito in ricerca e sviluppo, proponendo accanto alla linea Classica anche una Gluten free e Biologica. Ce n’è per tutti i gusti nella Linea Bio. Si può scegliere tra tarallini ai multicereali, per un prodotto non solo buono ma anche leggero, tarallini al farro e specialità con grano duro Senatore Cappelli, tutti preparati con olio extra vergine di oliva e senza lievito.   “Buoni anche senza” è il motto della linea Gluten free che ha uno stabilimento dedicato e una ricetta sviluppata in collaborazione con l’Università di Bari. Lo scopo era di trovare il giusto mix di farine senza glutine che lasciasse inalterato il sapore del classico tarallo.   E Puglia Sapori ci è riuscita, proponendo al consumatore taralli al grano saraceno, con farina di quinoa, integrale o di legumi.   Buoni e piacevoli, per una pausa gustosa in cui il sapore di Puglia si avverte già dal primo morso.    

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Pandora

Nel cuore del brindisino, florida terra ricca di meraviglie archeologiche millenarie, nasce l'azienda vitivinicola Cantine Pandora.   Ufficialmente la storia dell'attività comincia nel 2017, ma quella del suo fondatore ha origini un po' più remote. Il proprietario, Francesco Fumarulo, deve la sua fortuna alla terra e al lavoro di agricoltore. Con orgoglio e trasporto, Francesco ci spiega che la sua passione per la viticoltura nasce da bambino, per poi diventare negli anni un vero e proprio mestiere culminato nella creazione di Cantine Pandora.   Lo stabilimento sorge nel bel mezzo della natura, tra maestosi alberi di ulivo, animali al pascolo, lunghi filari di uva e vaste distese di campi. Cullati dall'aria salubre e placida di Brindisi, le uve di Cantine Pandora trasformate in eccellente vino rosso, bianco e rosato sono quasi tutte salentine.   La volontà di Francesco di contribuire alla crescita della sua zona è attestata da una scelta ben precisa: utilizzare in gran parte vitigni autoctoni di Primitivo, Negramaro, Malvasia Nera e Malvasia Bianca coltivati secondo standard biologici.   Con incredibile rispetto per la tradizione e l'ausilio di moderne tecnologie enologiche, Cantine Pandora è oggi un'azienda di successo. Le bottiglie sono un piccolo capolavoro che racchiudono la fatica, l'amore per la terra, il lavoro in vigna e in cantina e, non a caso, possono tutte fregiarsi del marchio IGP. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Come ci tramanda la leggenda sull'antico vaso di Pandora, stappare una bottiglia di questa cantina equivale a scoprire tutto il buono e il bello del territorio di origine.  Il vino, altrimenti conosciuto anche come “nettare degli dei”, per Cantine Pandora ha un effettivo legame con la divinità, al punto da meritare i nomi che richiamano la mitologia.   A uno dei “re” del Salento, il Primitivo, è dedicato Zeus, appellativo della massima divinità dell'Olimpo. Zeus è un rosso dai colori violacei prodotto da uve raccolte a mano negli antichi vitigni della zona, morbido e avvolgente con sentori di frutta rossa.   Negramaro e Malvasia sono i vitigni da cui provengono le uve del Prometeo, altro rosso ottenuto da storici vigneti allevati ad alberello che donano al vino un sapore delicato, ampio, intenso e piacevolmente secco e corposo. Poi troviamo Ermes, Negramaro del Salento vinificato in purezza con metodo tradizionale, tannico e strutturato al punto giusto.   Ad Atena e Afrodite sono dedicati due dei rosati ottenuti entrambi da uve di Negroamaro e con intensi sentori fruttati e molto equilibrati. Tra i bianchi troviamo Gea, un vino di Malvasia Bianca del Salento dal carattere raffinato, strutturato e persistente o l'affascinante Era, creato da uve Chardonnay che spicca per i suoi riflessi dorati e il sapore fine, secco ma armonico.   Prodotto di punta di Cantine Pandora è il rosso '71 IGT, affinato 6 mesi in barriques di rovere francese. Forti, generosi e intensi sono i suoi profumi, che ricordano tanto i fichi appassiti e che in questo vino prodotto da vitigni di Primitivo conferiscono un carattere originale e volitivo.   Vini che affascinano il consumatore per il loro contenuto sopraffine e vigoroso, proprio come il territorio da cui provengono.      

Patrocini