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Esiste una Puglia che non conosci, fatta di storia, cultura e sapori che suscitano emozioni uniche: dagli eventi pasquali alle feste patronali, dai cammini dell'anima ai sapori e profumi della gastronomia e delle eccellenze vitivinicole.

Scegli il tuo itinerario e lasciati deliziare dai prodotti dell'enogastronomia pugliese: la Puglia che non hai mai visto ti aspetta!

I comuni del mese

09 Giugno 2022

CHIEUTI

La Porta della Puglia

La Porta della Puglia   Situato su una rigogliosa collina, a circa 8 km dal mare, Chieuti è considerato la "Porta della Puglia" ed è circondato da panorami mozzafiato: il promontorio del Gargano, con visuale sul lago di Lesina, che sovrasta la vista ad Est, mentre a ovest predomina un’ampia veduta sul basso Molise, in particolare Termoli e il suo porto.   Sullo sfondo, sovrasta la Maiella, e nelle giornate prive di foschia è visibile persino il massiccio del Gran Sasso, che regalano nei pomeriggi estivi suggestivi tramonti. Chiude la cornice del meraviglioso panorama la presenza delle isole Tremiti, che si affacciano di fronte al litorale della Marina di Chieuti in un mare cristallino che più volte si è visto assegnare ambiti riconoscimenti, come la Bandiera Blu e le quattro vele Legambiente e che si estende su un litorale sabbioso dalle acque cristalline con le Isole Tremiti e il Gargano a fare da sfondo ad un paesaggio mozzafiato. {IMAGE_4}{IMAGE_7} Dopo essere stata distrutta dai Goti nel 495 d.C.,  tra il 1460 e il 1470 si insediò stabilmente sul territorio una comunità albanese, giunta al seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg.   Di queste origini, Chieuti conserva ancora oggi testimonianza grazie alla presenza della lingua Arbereshe, tutt’ora parlata tra la popolazione. Negli ultimi anni, la comunità si sta attivando per la salvaguardia e la valorizzazione di questo retaggio, attraverso manifestazioni ed eventi, con canti in lingua e abiti tipici.   LA FESTA Caratteristica di Chieuti è senza dubbio la festività in onore del Santo Patrono, San Giorgio Martire, con la Carrese del 22 Aprile, singolare corsa con protagonisti quattro carri in legno, trainati ognuno da una coppia di buoi, che con l’aiuto dei cavalli percorrono un tragitto di circa 4 km che dalle campagne li conduce fino alla chiesa situata nel centro storico del paese.   Il premio per il carro vincitore sarà portare in spalla il simulacro del Santo durante la processione del 23 aprile, indossando un copricapo rosso con il fiocco del colore della propria contrada: in questa occasione sfila anche il Tarallo, una forma di pasta di caviocavallo di circa 80 kg, che dopo essere stata benedetta viene suddivisa e  distribuita all’intera popolazione.      Da visitare: il Museo della cultura ed identità Arbereshe, a cui si aggiunge il Museo della Migrazione Chieutina, e  la chiesa cattolica San Giorgio Martire, costruita nel XVII secolo in onore di Skanderbeg. La chiesa conserva al suo interno una tela raffigurante San Giorgio e il drago, ascrivibile al maestro Alessio D'Elia,  databile intorno al 1740. Nell'edificio sacro fanno da pendant al San Giorgio e il drago una tela raffigurante la Madonna del Carmine che dona lo scapolare alle anime del purgatorio, anch'essa ascrivibile alla produzione del D’Elia, e un manufatto raffigurante la Madonna col Bambino, ascrivibile alle opere di Paolo Saverio di Zinno (1718-1781), scultore molisano molto attivo in Capitanata.     Foto di: Gaetano Armenio e Pasquale Aurelio         

I comuni

30 Aprile 2021

MOLFETTA

La Porta d'Oriente

La Porta d'Oriente   Ecco a voi MOLFETTA (ba), tagliata nella pietra, fatta di spigoli vivi come un diamante, nata a filo di vecchie mura, minuscola e complicata. Siete giunti in un labirinto di strade, nel meandro di case della nostra città vecchia, siete voi nella serratura di queste mura. Siate la chiave per entrare nella città attraverso la storica porta di Via Piazza. Volgete lo sguardo, al di là dei tetti, verso il mare che bagna la pietra oltre le verdi finestre, le famose persiane Verde Molfetta, dove si stagliano le nostre due torri mute e pensanti, l'una campanaria e l'altra di avvistamento.   Sono le torri del Duomo di San Corrado, costruito tra il XII e XIII secolo con le principali caratteristiche architettoniche dello stile romanico pugliese. Attraversate Piazza Municipio che conduce alle strade senza arrivo, cunicoli scavati nella pietra tenera e chiara su cui arrivano i riflessi del mare.
Porta d’oriente inghiotti noi tutti, bagna di sogno questi viandanti. Mura di piazza bianca e rosata proteggi dal mare gli occhi curiosi e voi ignari passanti immergete il cuore dove lo sguardo non osa guardare scegliete di elevare i vostri animi, scegliete di volare o come aquiloni portati dal vento come pensieri sussurrati alle onde.   Guardate la madre del tempo di ognuno. Un buco nel cuore che nasconde la storia, casa di tutti, sguardo al futuro, del nostro passato conserva memoria un punto preciso, aperto e profondo il nostro PULO è un unico ed il centro del nostro mondo. La dolina del Pulo di Molfetta, voragine carsica abitata sin dal Neolitico, dove recentemente sono stati ritrovati due “idoletti”, rientra tra i più importanti monumenti naturali visibili lungo il tratto di fascia costiera del nord barese. {IMAGE_4}{IMAGE_6}

Ospita un esempio di archeologia industriale come testimoniano le grotte ricche di nitrati e la presenza della nitriera più importanti del regno di Napoli e dei Borboni. Venite a Molfetta provate ad entrare dove la musica si impasta con le onde e la pietra si bagna di luce, in una storia di arte, di lacrime, di volti, di pietre e di mare.   Dove parole nascoste tra interstizi di mura, combattono il buio della storia mondiale, è la città natale di Gaetano Salvemini. Passi leggeri ma solchi profondi, di Uomo e di Santo che qui ha insegnato una Pace concreta camminandoci accanto, Don Tonino Bello. Sentite la storia, ascoltate il brusio di anni passati che segnano il viso con mani dure di terra sporcate condiamo di gusto i nostri palati.   È la Cicoria Puntarella la nostra regina, prossima al riconoscimento IGP. Mani sapienti impastano ad arte cuore, acqua e sale riempiono di gusto i nostri palati che sia calzone, triddo e scarcella la nostra cucina non solo i sensi inebria. Fermatevi qui, fermatevi ora, davanti al Torrione che guarda il mare dal 1512. Il Torrione Passari inizialmente cannoniera, divenuta in seguito torre di avvistamento è ora famoso in tutto il mondo quale scrigno prezioso di mostre di arte contemporanea. E poi gli eventi della tradizione pasquale, con i riti processionali della Settimana Santa o la suggestiva sagra a mare per la Festa Patronale settembrina.
Scegliete di sognare prigionieri di un’estasi per essere pietra abbracciata dal mare, per essere cuore che abbraccia un sogno. Fermatevi ora e lasciatevi cullare dalla dolce melodia di chi ha da sempre cantato con il mare. Molfetta ti aspetta.
Da non perdere: Duomo di San Corrado, Cattedrale, Centro Storico, Museo Diocesano, Museo Archeologico, Pulo, Torrione Passari, Sala dei Templari, Basilica "Madonna dei Martiri" con annesso Ospedale dei Crociati, Mercato del Pesce.     Foto di: Antonio D'Agostino, Vincenzo De Pinto, Gaetano Armenio
Testo di: Corrado La Grasta / Video a cura di Confesercenti Bari        

I comuni

30 Aprile 2021

VICO DEL GARGANO

Il Borgo degli Innamorati

il Borgo degli Innamorati   Un borgo dal cuore antico, VICO DEL GARGANO (Fg) sorge in posizione privilegiata nella Montagna del Sole (antico nome del Gargano), su un promontorio roccioso tra il mare, con San Menaio e Calenella e la Foresta Umbra.   È uno dei nove comuni pugliesi che si fregia del marchio “I Borghi più Belli d’Italia”. La sua fine aria collinare tempera la calura estiva e addolcisce il freddo invernale. È un’antica città sorta su insediamenti preistorici infatti deve il suo nome agli Schiavoni chiamati da Ottone I verso il 900 d.C.
Vico del Gargano incanta il visitatore con il suo centro storico, impiantato sui tre nuclei principali della Civita, Terra e Casale. Il suo passato è denso di testimonianze preistoriche (di notevole interesse le necropoli di Monte Tabor e Monte Pucci).
L’epoca normanno-sveva segnò marcatamente lo sviluppo di Vico del Gargano. Testimonianze di quell’epoca sono un Castello, edificato probabilmente dagli uomini di Federico II di Svevia intorno al 1240, e la cinta muraria che comprende anche torri di guardia e alcune chiesette. Il centro storico si articola in stradine, vecchie case “a pujedd” (a schiera con scala esterna, con abitazioni al piano superiore e vano sottoscala adibito a stalla o magazzino), i resti delle mura e delle torri. 
Merita una visita particolare il “Trappeto Maratea”, un antico frantoio per la spremitura delle olive che conserva una pressa in legno del 1317. Il Palazzo Della Bella, curiosa costruzione dei primi del Novecento che si ispirava al modello trecentesco del fiorentino Palazzo Vecchio, completa la passeggiata nel centro storico di Vico. {IMAGE_6}{IMAGE_2} Appena fuori del paese è il suggestivo Convento dei Cappuccini con un leccio secolare (17 mt di altezza per 5 mt di diametro) e, all’interno, un Crocifisso miracoloso oltre ad opere pittoriche del Vaccaro e del Borghese. Il Convento di Santa Maria Pura, sempre fuori dall’abitato, è un complesso monumentale di grande valore che, si ritiene, poggi addirittura su strutture molto più antiche, forse il Tempio di Calcante.
Durante il periodo pasquale gli eventi processionali della Settimana Santa Vichese sono uno dei momenti più attesi a Vico del Gargano, dove cinque antiche Confraternite custodiscono da tempo immemore un patrimonio di riti, canti e tradizioni, che trova in quei giorni la sua più autentica manifestazione.
Il 14 febbraio nel giorno degli innamorati, si festeggia San Valentino dal 1618 acclamato Patrono della città e dei suoi giardini d’aranci (Igp). Le reliquie del Santo si trovano nella Collegiata dell’Assunta e sono portate in processione per le vie della cittadina.
Gli innamorati del circondario, quel giorno, assaggiano il succo delle arance benedette come propizia pozione d’amore e si scambiano dolci effusioni nel Vicolo del Bacio, una stradina stretta del centro storico di soli 50 centimetri di larghezza.
A pochi chilometri da Vico del Gargano, si scende verso lo splendido scenario marino di San Menaio, piccolo borgo di pescatori, che con la sua vegetazione ricca di pinete e aranceti e le sue spiagge ben attrezzate è meta per i vacanzieri estivi.
Da visitare: Centro Storico, Castello, Chiesa Matrice, Chiesa della Misericordia, Chiesa di Santa Maria degli Angeli e la Chiesa di San Pietro, La Foresta Umbra, San Menaio.       Foto di: Pasquale D'Apolito / Gaetano Armenio / Testo di: Francesco Paolo Saggese
       

I comuni

30 Aprile 2021

CAPURSO

Caput Ursi, il borgo medioevale

  CAPUT URSI, il Borgo Medioevale   CAPURSO (ba), a pochi chilometri dal capoluogo barese, è un borgo medievale del culto della Madonna del Pozzo.

Tracce dell’esistenza della cittadina si ritrovano già prima dell’anno Mille, come si evince dagli affreschi ritrovati nella Grotta di Santa Barbara nell’omonima contrada. Sull’origine del toponimo Capurso ci sono varie interpretazioni, alcune delle quali piuttosto fantasiose, come la leggenda dell’orso.   Secondo tale leggenda, il nome della città proverrebbe dalla testa di un orso (caput ursi) ucciso dai primi abitanti del luogo, posta poi su un carro e fatta trainare dai buoi. Il paese sarebbe sorto nel punto in cui il carro fermò la sua corsa.   Capurso è passata attraverso varie dominazioni straniere, subendo spesso devastazioni e rovine. Nel corso dei secoli si sono succedute le dominazioni normanne, sveve e angioine. Solo con l’avvento degli aragonesi e, soprattutto, per merito della politica illuminata della regina Bona Sforza, la cittadina assume una sua dignità civica.   La Rivoluzione francese ebbe i suoi effetti anche su Capurso, nella quale si svilupparono fermenti liberali sostenitori di una Repubblica partenopea in contrapposizione alla dominazione Borbonica.   La Patrona di Capurso è Santa Maria del Pozzo, venerata a seguito di un miracolo avvenuto nel 1705. In quell’anno, infatti, un prete di Capurso, don Domenico Tanzella, versava in gravissime condizioni di salute. La Patrona viene festeggiata a partire dall’alba dell’ultima domenica di agosto. {IMAGE_8}{IMAGE_1}

Due i segni di affidamento alla Vergine: la consegna, da parte del Frate Rettore del Santuario, delle chiavi della Città e di una rosa d’oro donata da una famiglia capursese. Subito dopo, accompagnato da suggestivi canti e suppliche, c’è l’ingresso della compagnia dei pellegrini provenienti da Bisceglie.   È uno dei momenti più belli della festa e da qui in avanti decine di migliaia di persone fanno visita alla Vergine infatti Capurso è meta di turismo religioso, con numerosi pellegrini che visitano la Basilica e la Cappella provenienti da ogni parte del mondo.   Dopo la celebrazione, la solenne processione con stendardi colorati sfila per le vie cittadine e accompagna con centinaia di ceri la Sacra Immagine di Santa Maria del Pozzo. Durante il corteo si susseguono canti mariani e momenti di preghiera e la gente omaggia la Statua con fuochi pirici, petali di rose colorati e palloncini lasciati volare al suo passaggio in segno di gioia e gratitudine.   La domenica sera si svolge anche la processione notturna dedicata alla Madonna del Pozzo in cui sfila il maestoso e sfavillante Carro Trionfale trainato a mano e a lei dedicato, accompagnato da quasi duecento figuranti in abiti settecenteschi.   Il procedere imponente è cadenzato dalle melodie mariane suonate dalla banda e dal ritmo incalzante dei musici. Di notevole bellezza sono le architetture del centro storico e le chiese principali, che affascinano il visitatore tra storia e spiritualità.

Da non perdere: Basilica di Santa Maria del Pozzo, Cappella del Pozzo, Convento di San Francesco da Paola, Chiesa Madre del Santissimo Salvatore.         Foto di: Nicola Taranto.  

I comuni

30 Aprile 2021

BISCEGLIE

La città dei Dolmen e dei Sospiri

  LA CITTA' DEI DOLMEN E DEI SOSPIRI   Situata a 32 km a nord-ovest di Bari, il territorio della città di BISCEGLIE (bat)  è caratterizzato dalla presenza di molte lame, letti di antichi fiumi, e da circa otto chilometri di costa. Bisceglie, anche detta “Città dei Dolmen e dei Normanni”, ha come emblema cittadino uno scudo rosso con al centro una quercia d’oro.   Secondo alcune ipotesi, il nome della città deriva da un antico termine utilizzato per designare questo albero, Vescegghie. Il colore oro della quercia è dovuto a Carlo II d’Angiò, che volle premiare la città per la sua fedeltà. Nel 1532 Carlo V concesse al Comune di imprimere sullo stemma civico la corona, simbolo di fedeltà all’impero.   La città è posizionata in un’insenatura del litorale adriatico, possiede un attrezzato porto turistico, suggestive spiagge di ciottoli bianchi meta di vacanze di turisti provenienti da ogni dove ed è specializzata nella produzione e nel commercio di prodotti agricoli, come ortaggi e ciliegie, nonché nella pesca e nel commercio di prodotti ittici. Da queste produzioni ne derivano anche piatti tipici di grande sapore.   Oltre alle tipicità pugliesi, come gli strascinati con le cime di rapa o la sua variante del calzone, una focaccia ripiena di sponsali, di grande fascino sono la colve, una macedonia autunnale che si prepara il 2 novembre, con grano bollito, mandorle tritate, noci, pezzetti di cioccolato, chicchi di melograno annaffiati con vin cotto, e i più rinomati "Sospiri", dolcetti di pan di Spagna farciti di crema pasticcera e ricoperti da una leggerissima glassa.   La leggenda vuole che le Clarisse avessero preparato questi dolci in occasione del matrimonio tra Lucrezia Borgia e Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie, ma la sposa non arrivò mai e gli ospiti, sospirando, mangiarono queste bontà. {IMAGE_0}{IMAGE_1} La città vecchia, situata in posizione sopraelevata, conserva numerose testimonianze storiche ed architettoniche, come case e palazzi del XV e XVI sec, come il famoso Palazzo Tupputi, noto per aver accolto le riunioni dei carbonari risorgimentali nel 1820, la splendida Cattedrale (1073) dedicata a San Pietro e che racchiude i resti dei tre Santi Martiri Patroni, Mauro, Sergio e Pantaleone, l’antica chiesa di Sant’Adoeno (1074), la chiesa di Santa Margherita (1197) e i resti del complesso del Castello costruito dai Normanni e dagli Svevi e in seguito ampliato e fortificato dagli Angioini. 
La città di Bisceglie è ricordata in tutti gli itinerari archeologici per la presenza nel suo agro di diverse costruzioni funerarie risalenti all’Età del Bronzo Medio, i Dolmen : il più importante e meglio conservato è quello detto “La Chianca”.
Suggestivi, durante il periodo pasquale, i riti della Settimana Santa con la processione del venerdì santo de “l’incontro”, così come la Festa Patronale che si svolge nei primi giorni di agosto e che affonda le sue radici nell’antico evento della “Traslazione dei Santi”, che ebbe luogo dal casale di Sagina, nel quale furono riesumati i resti dei santi Mauro, Sergio e Pantaleone nel 1167.
Da non perdere: Centro Storico, Concattedrale, Chiesa di Santa Margherita, Palazzo Tupputi, Dolmen “la Chianca”, Grotte di S. Croce, Castello e Torre Maestra.       Testo di: Loredana Acquaviva  

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i Produttori

30 Aprile 2021

Mastrototaro Food

“Dal campo alla tavola” per Mastrototaro Food non è un concetto astratto ma è una vera e propria promessa che l’azienda fa al consumatore.   Ci troviamo a Bisceglie (Bat), terra florida lambita dalle acque del mare Adriatico. Proprio tra la terra e il mare nascono le conserve di Mastrototaro Food, prodotti che simboleggiano l’autenticità della Puglia e il sapore schietto e genuino della tradizione.
L’azienda ha alle spalle una lunga storia imprenditoriale che inizia nel 1956 e si snoda nel settore dell’agricoltura.   Nel 2008 la Mastrototaro Food decide di valorizzare ulteriormente le materie prime prodotte nei terreni aziendali trasformandole in eccellenti conserve agroalimentari. Tre lustri di expertise nel settore hanno fatto il resto.   Oggi sono i tre fratelli, Mauro, Giulio e Roberto, a portare avanti con abilità e ingegno l’azienda certificata Bio e una delle poche in Italia a organizzare la produzione da zero. Il Cicerone del nostro viaggio nelle prelibatezze del marchio Mastrototaro è Mauro, che tra grandi distese di ulivo e vasti campi messi a coltura ci parla del grande impegno profuso per offrire al consumatore un prodotto in cui la qualità è la regina incontrastata.   La coltivazione degli ortaggi secondo le ancestrali consuetudini dei nostri avi e l’amore per la natura sono gli elementi vincenti dell’azienda che raccoglie a mano le materie prime e in pochissime ore le trasforma in conserve.   Questo consente di preservare le qualità organolettiche degli ortaggi che sprigionano la loro bontà e ingolosiscono solo a guardarli. Melanzane, carciofi, funghi, peperoni, pomodori, olive e zucchine sono le materie prime che si sposano con l’olio extravergine di oliva prodotto dall’azienda. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Osservando il punto vendita aziendale ci sembra di guardare una versione leggermente più grande della classica dispensa della nonna. Un trionfo di colori è quello che si presenta ai nostri occhi di visitatori, in cui osserviamo stupiti le diverse nuance degli ortaggi in vasetto.   Con orgoglio, Mauro ci spiega la precisa filosofia aziendale: recuperare le antiche ricette delle conserve per farle conoscere anche oltre i confini della Puglia. E così scoviamo la “Pric ‘o prac”, una salsa antichissima molfettese, ormai introvabile, fatta di peperoni e pomodori o l’antipasto biscegliese con carciofi, funghi champignon, peperoni e olive.
Non possiamo non menzionare gli squisiti carciofi disponibili in più versioni. Grigliati, con gambo, “della mamma” o alla “pugliese”: sono tutti eccezionali con il loro cuore tenero immerso nel giallo dorato dell’olio extravergine di oliva. Tradizione sì, ma anche innovazione, come la raffinata mousse di lenticchie e pomodori secchi che unisce le proprietà nutritive del legume al sapore vivace del pomodoro secco. 

È una lista lunghissima quella dei prodotti di Mastrototaro Food. Mauro ci spiega che un’azienda come la sua, che mette davanti il consumatore piuttosto che il fatturato, è frutto di un grande gioco di squadra. Una squadra che vince perché gioca bene sul campo. Quel campo che Mastrototaro Food porta in vasetto direttamente sulle nostre tavole.        

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine D'Arapri

Tre amici con la passione per la musica jazz e per i vitigni autoctoni del Tavoliere, una cantina sotterranea dal fascino irresistibile e degli spumanti che raccolgono estimatori da tutto il mondo. Nella storia di Cantine d’Araprì non manca nulla: l’amicizia, l’amore per la propria terra, un progetto lungimirante e una stoffa imprenditoriale fuori dal comune.   Alla base dell’azienda c’è stata la convinzione di poter produrre anche al Sud spumanti pregiati utilizzando il vitigno autoctono della Capitanata: il “Bombino bianco”. E così che i tre amici, Girolamo d’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore nel 1979 crearono il loro sogno. Cantine d’Araprì è la prima realtà pugliese a produrre spumanti con metodo classico.   Una scelta coraggiosa, che con il tempo si è rivelata vincente e ha portato a numerosi riconoscimenti. Entrando nella loro cantina non si possono non notare le decine di premi ottenuti negli anni per l’abilità con cui valorizzano il territorio. L’edificio che ospita Cantina d’Araprì, datato inizi del 700 e collocato nel centro storico di San Severo (fg), ci sembra quasi una casa che serba tesori straordinari e di cui conosciamo le fattezze e l’atmosfera.   Scopriamo stupìti che sotto i nostri piedi si trovano mille metri quadri di cantina sotterranea alla quale si accede attraverso un dedalo di cunicoli e gallerie. Lo spazio, periodicamente, ospita eventi e rassegne culturali. L’ambiente accoglie e custodisce il pregiato spumante che riposa placidamente in attesa di essere pronto per essere stappato. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Ci sembra quasi di assistere a un cerimoniale, nel silenzio dei sotterranei e circondati da cataste di bottiglie il cui contenuto segue precisi protocolli artigianali affinati con l’esperienza. Tra gli spumanti troviamo il rosè millesimato "Sansevieria", ottenuto dalla vendemmia manuale di uve di Nero di Troia con il suo colore gentile e il dolce profumo di agrumi.   Per chi ama i secchi, il "Pas Dosè" prodotto da Bombino bianco e Pinot nero è uno spumante dal carattere convinto ingentilito da sentori di pasticceria. Montepulciano e Pinot Nero sono gli ingredienti preziosi del "Brut Rosè" , spumante dal gusto finissimo e rotondo con profumi di pane e frutta tostata.   Etereo e gentile è il bouquet del "Brut", primo spumante a essere prodotto dalla casa che avvolge il consumatore con sentori fruttati di mela, pesca gialla e arancia. A condurci in questo viaggio all’insegna degli spumanti sono Anna d’Amico, figlia di Girolamo, e Daniele Rapini, figlio di Louis. Perché una delle caratteristiche della cantina è l’intreccio di amicizia e familiarità che lega i componenti dell’azienda. Ai tre soci fondatori si è unita nel 2019 la cosiddetta “nuova generazione” incarnata dai tre figli: Anna d’Amico, Daniele Rapini e Antonio Priore, animati tutti e tre dal desiderio di portare avanti la tradizione cominciata dai loro padri. Ogni bottiglia di spumante d’Araprì è come una perfetta melodia jazz: lentamente rivela le sue stupefacenti note, raccontando di un prodotto che profuma di Puglia e amicizia.      

Liquorificio

30 Aprile 2021

Gargano Delizie

È chiamata la Perla del Gargano ed è un meraviglioso borgo che sorge su una rupe che si affaccia sul mare cristallino baciato dalla sabbia bianca e abbracciato da grandi scogli.   Siamo a Peschici e in questo incredibile paesaggio che profuma di salsedine e vegetazione mediterranea nasce GARGANO DELIZIE®, un liquorificio artigianale che racconta il territorio attraverso i suoi prodotti.    Avviato nel 2002 da Michele e Patrizia Caputo, i coniugi hanno da subito improntato la loro produzione sulla qualità e artigianalità, riuscendo a dare forma a creazioni uniche. Varcata la soglia del piccolo laboratorio, siamo subito attratti dalle cisterne che contengono i buonissimi infusi e allietati dal contagioso entusiasmo di Michele e Patrizia per il loro lavoro.   La produzione si trova a Ischitella, cittadina a pochi chilometri da Peschici, mentre il punto vendita è nel centro storico di Peschici, in una zona che pullula di botteghe del gusto colme di bontà locali. Il negozietto di Peschici ospita anche altre specialità del territorio e della gastronomia della tradizione, come confetture, conserve, patè e tanto altro, offrendo un paniere di prodotti che rispecchia pienamente la nostra cultura in materia di cibo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Raccontare un territorio con le sue peculiarità, tramandarne le tradizioni e scovarne il patrimonio culturale è una bella impresa. Ogni liquore di Gargano Delizie (sono circa quaranta le specialità) nasce dallo studio delle ricette tradizionali della zona, ma anche e soprattutto da un’attenta e scrupolosa ricerca delle materie prime lavorate secondo metodi artigianali e casalinghi tipici dei nostri antenati. Michele e Patrizia ci parlano del loro prodotto di punta, l’ "Amaro della Suocera", un elisir dolce del 1900 conosciuto anche come lo “cherry delle nonne”.   L’Amaro della Suocera è realizzato con vino Primitivo locale e succo di amarene e a svelarne gli antichi segreti è stato un loro zio novantenne. Patrizia, poi, ci racconta anche dell’ "Amico", altro liquore molto apprezzato dedicato ai clienti e pensato per festeggiare i diciotto anni di attività.   L’idea è scaturita da un ricordo d’infanzia della donna che, incuriosita, osservava suo nonno immergere un pezzo di pesca in un bicchiere di vino. L’ "Amico" infatti, è realizzato con vino Falanghina IGP e pesche del Gargano, ed è un elisir in cui la bontà della frutta è esaltata dalla gradazione alcolica. In questo laboratorio a conduzione famigliare non ci lasciano indifferenti altri due prodotti: il "Lemolivo", un lemoncino realizzato con scorze di arancio locale e foglie di ulivo messe in infusione col suo colore verde che ricorda un’oliva, e la birra artigianale "Gargano’s", sviluppata su una ricetta di Michele e Patrizia che prevede, tra gli altri ingredienti, bucce di arance amare del Gargano.   Un prodotto che narra il territorio già dalla sua etichetta: una perla che si schiude col trabucco sullo sfondo e gli agrumi che incorniciano la bellezza della Perla del Gargano.

Masseria

01 Febbraio 2022

Masseria Liuzzi

Lungo il sentiero che attraversa l'affascinante paesaggio naturale del Parco Naturale Regionale "Terra delle Gravine" si arriva a Mottola, un comune in provincia di Taranto chiamato “Spia dello Ionio” per la sua panoramica posizione geografica che abbraccia tutto il golfo di Taranto e lo splendido mar Ionio con un territorio ricco di gravine naturali e villaggi rupestri, in questo paesaggio incantevole s'incontra una realtà genuina dedita alla produzione di vino e di grano. Si tratta di Masseria Liuzzi sita in contrada Marinara, che si arricchisce di un punto vendita in via Risorgimento a Mottola.   Un connubio di passione, impegno e spirito di sacrificio, che vede protagonisti Marcello Latorrata e Barbara Lattarulo. La coppia, che ha ereditato l'attività dalla famiglia Latorrata, porta avanti, giorno dopo giorno, una tradizione che si tramanda da quattro generazioni.   Tutto è nato più di un secolo fa con un nome diverso, "I Casidd d Liuzzi", a indirizzo cerealicolo - zootecnico. La metamorfosi in Masseria Liuzzi avviene con il passaggio alla produzione viticola su un terreno prevalentemente calcareo che si estende per 10 ettari all'incirca. La qualità dei prodotti è garantita anche dall’altitudine di circa 270 metri sul livello del mare, da una buona escursione termica tra giorno e notte e da un’adeguata ventilazione.   Il vino di Masseria Liuzzi è un prodotto che rispecchia pienamente il territorio pugliese: i vigneti si trasformano in uva da vino con un processo naturale. Il risultato è un primitivo dal sapore inconfondibile, trattato in purezza. Siamo di fronte a una delle poche aziende in Puglia a trattare in purezza anche il rosato, che da Masseria Liuzzi è un primitivo a tutti gli effetti, in quanto preserva lo stesso grado alcolico del primitivo rosso. {IMAGE_0}{IMAGE_1} A rendere unici i vini dell'azienda di Mottola sono anche i nomi presenti sulle etichette. Prodotti che si raccontano da soli. Partendo dai primitivi, si trovano il "Marnera", che richiama in dialetto la contrada Marinara, che letteralmente vuol dire "terra coperta dal mare", il "Tuppétt", che deve il suo nome a una piccola collinetta della Masseria Liuzzi dove le viti sormontano le proprietà.   L''ultimo di quest'elenco è il "Rosasso", la cui denominazione deriva dall'incontro tra il colore del rosato e il suolo calcareo su cui si estendono le vigne, in cui si trovano fossili marini ogni volta che ci sono arature o spostamenti del terreno.   A questi si aggiungono lo "Scinò", un malvasia nera il cui nome è la fusione del vitigno malvasia e della parola malvagia, un riferimento a quella magia che in Puglia si collega subito al cosiddetto “affascino” e, per chiudere in bellezza, il "Bolloro", un fiano che omaggia Federico II di Svevia, amante del fiano che emanò a Rimini la Bolla d'Oro nel lontano 1235.   Altrettanto caratteristica la produzione di grano, che avviene nella piena cura di ciascuna delle sue fasi. Dopo le arature periodiche, la semina e la mietitura, il grano viene portato in un pastificio di Matera, dove nascono i formati tradizionali che si trovano nel punto vendita della Masseria Liuzzi. Cavatelli e orecchiette sono ai primi posti sugli scaffali rigorosamente pasta trafilata al bronzo utilizzando la farina "Senatore Cappelli".    A seconda delle condizioni del terreno, poi, la produzione dell'azienda si dedica periodicamente anche ai legumi, specialmente ai ceci.   Nel caratteristico paesaggio della cittadina pugliese, fatto di gravine naturali e villaggi rupestri, si trova l'anima di Masseria Liuzzi che tra querce, uilivi e grano, rappresenta l'anima della Puglia.

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Le Grotte

Immense cave di marmo circondano i vigneti di CANTINE LE GROTTE, azienda vitivinicola di Apricena (fg).   Il piccolo borgo, situato a ridosso del Gargano, è famoso per la qualità della sua pietra e per il suo eccellente vino e si lascia apprezzare per la fertilità del suolo e il clima ameno. Nell’azienda si respira il profumo dei secoli, della storia che ha reso importante questo territorio e della tradizione che sopravvive e si fa strada nel progresso.   A guidarci in questo viaggio tra pietra e vino è Biagio Cruciani, direttore commerciale dell’azienda che ci narra di un’impresa fortemente identitaria la cui nascita è legata a doppio filo a quella della città. Apricena è “attaccata” alla storia della sua pietra, e quella di Cantine Le Grotte abbraccia la tradizione del marmo locale.   È nelle cave della famiglia Dell’Erba che si impiantano i vigneti dai quali si produce il vino. La tradizione marmifera di famiglia è impressa anche sul logo aziendale: un grande blocco di pietra spaccato da una vite, due elementi della natura che coesistono tra loro.   È proprio dalla roccia viva, dalla terra feconda, che nasce la storia dello stabilimento di Cantine Le Grotte, immerso nella natura e circondato dal verde. È una tavolozza di colori quella che si presenta ai nostri occhi. Il bianco delle vicine cave di pietra permette al verde del paesaggio di trionfare con le sue immense sfumature stagionali, mentre l’azzurro del cielo divide il verde del mare dal Lago di Lesina e dalle Isole Tremiti sullo sfondo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} I vigneti si trovano ai piedi del Gargano e affondano le loro radici in terreni calcarei ricchi di minerali, gli stessi in cui si coltiva la migliore pietra di Apricena. L’azienda produce eccellenti vini rossi autoctoni come il Nero di Troia e il Primitivo insieme a dei vitgni internazionali come il Merlot e il Sirah che si sono adattati ottimamente al clima caldo e temperato della zona. Il rispetto per la zona di origine è una delle caratteristiche su cui l’azienda investe continuamente.   La sua filosofia sposa un concetto di coltivazione in cui è la natura a fare il suo lavoro. Il legame con Apricena si racconta anche attraverso i nomi dei vini. Il Petrata, per esempio, è vinificato in rosso dal vitigno Nero di Troia o in bianco dal Bombino ed è la versione “italianizzata” del termine dialettale che indica la cava. Il rosso ha potenti sentori di mora, mentre il bianco è più fine e fruttato. Il Selva della Rocca, vinificato in rosso (Primitivo e Nero di Troia), rosato (Nero di Troia) e bianco (Falanghina) porta il nome del Santuario Santa Maria Selva della Rocca di Apricena, edificato probabilmente tra il VIII e il IX secolo ad opera dei monaci benedettini e sono tutti vini pregiati, dai profumi intensi, fruttati e floreali.   Imperdibili le bollicine in versione Charmat e Merlot Classico e a completamento della linea la versione Sico alta ristorazione identificata da una etichetta che che raffigura una moneta medioevale chiamata "Sicone" del periodo longobardo ritrovata nei vigneti esistenti. Vini che simboleggiano la gratitudine e il rispetto per questa terra e che a essa si ispirano per offrire al consumatore tutta la loro bontà.        

Oleificio

30 Aprile 2021

Oleificio Cima di Bitonto

  Meta del nostro viaggio è l’OLEIFICIO COOPERATIVO CIMA DI BITONTO, orgoglioso baluardo di una tradizione millenaria della nostra Puglia. Siamo a Bitonto a pochi chilometri dal capoluogo pugliese, nel cuore della produzione pugliese dell’olio extravergine di oliva.   Una distesa di ulivi a perdita d’occhio appare davanti agli occhi di chi percorre l’entroterra barese. Giunti sul posto non possiamo fare a meno di respirare a pieni polmoni l’intenso profumo di vegetazione, quasi fossimo immersi in una distesa di ulivi secolari. D’altronde qui la natura non è così lontana da noi con il lussureggiante verde dell’adiacente Lama Balice, scrigno di biodiversità di flora e fauna selvatiche.   Ad attenderci c’è Pasquale Mastandrea, Presidente dell’Oleificio Cooperativo. Avvertiamo sin dalle prime parole il suo amore sconfinato per questa terra generosa e i suoi frutti. La Cooperativa Cima di Bitonto vanta una storia di oltre sessant’anni e con i suoi 350 soci riesce a perseguire l’incredibile impegno di ottenere la miglior “spremuta di oliva” made in Puglia.   Impegno manifestato chiaramente già dal logo dell’Oleificio, in cui la parola “Puro”, in riferimento all’olio, campeggia sugli elementi della natura. Sole, pioggia, terra e il frutto che nasce: tutti aspetti importantissimi per donare al consumatore un olio che sa di tradizione. Nei suoi anni di attività la Cooperativa è riuscita a salvaguardare il territorio e gli agricoltori grazie a un lavoro sinergico instaurato con i numerosi soci.   Da loro parte la promessa di preservare le cultivar di olive e di far conoscere la zona in cui crescono. Non a caso le varietà coltivate sono per il 70% Ogliarola e il 30% Coratina: entrambe originarie dell’areale di coltivazione e lavorate nel giro di poche ore dalla loro raccolta. {IMAGE_0}{IMAGE_1} I metodi agronomici impiegati dai soci della Cooperativa si ispirano alle antiche tradizioni locali e a quelle nozioni tramandate nei secoli che permettono alla pianta di crescere sana e robusta. Il sistema di potatura adottato consente il migliore nutrimento ai germogli e ai rami giovani, così da ottenere una spremuta davvero eccezionale.   Gli oli a marchio Cima di Bitonto sono tutti extra vergini. Il carattere deciso della Coratina è mitigato dalla dolcezza della Cima di Bitonto e il risultato è un extra vergine che unisce le peculiarità dell’una e dell’altra cultivar, fino ad ottenere un olio giallo intenso con un’equilibrata presenza di frutta e sentori erbacei. Oltre al classico olio extra vergine di oliva, molto apprezzato per il suo fruttato medio, nel paniere dei prodotti dell’Oleificio scopriamo il D.O.P Terra di Bari, un extra vergine armonioso, leggermente piccante e con fragranze erbacee.   Da agricoltura biologica proviene, invece, l’olio extra vergine di oliva “Biologico”. In quest’olio si distinguono molto bene l’oliva con il suo sapore deciso e la mandorla, più delicata, che non alterano il gusto di un piatto ma, anzi, lo esaltano come merita.        

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Barsento

Il tragitto che si compie per andare a Noci (ba), cittadina che sorge sulle ridenti colline murgiane dove si trova Cantine Barsento, è costellato di paesaggi naturali che si estendono a perdita d’occhio, belli da togliere il fiato. In questo territorio incontaminato nasceva più di cinquant’anni fa una cantina che, come ci dice l’attuale Amministratore Unico Rocco Colucci, “traduce in vino l’essenza di Puglia”.   Cantine Barsento è una vivace realtà vinicola fondata nel 1969 con una mission visionaria per l’epoca: valorizzare i vini di qualità provenienti dal solo agro nocese. Quello che rende questa cantina così particolare e unica nel suo genere è qualcosa che, varcata la soglia dello stabilimento, non ci si aspetta di trovare: circa mille metri quadri di cantina sotterranea scavata nella roccia calcarea e profonda 15 metri.   Un vero gioiello enologico che stupisce per la sua inaspettata bellezza, con i suoi cunicoli e le celle organizzate perfettamente che racchiudono veri e pregiati tesori della nostra tradizione vinicola. La funzione della cantina sotterranea è quella di ottenere un vino affinato nella bottaia rocciosa, facendo sì che ci sia il controllo preciso di temperatura e umidità.   I vitigni autoctoni sono di varietà di Primitivo, Malvasia e Negramaro: uve scelte per la loro espressione di territorialità, autenticità e specificità e la cui qualità è ulteriormente sublimata attraverso una filiera di raccolta della frutta esclusivamente manuale. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Le etichette di Cantine Barsento (si dividono tra IGP e DOC) non sono semplici prodotti vinicoli, ma sono molto di più: rappresentano la passione per le uve di qualità e per il loro legame con la natura, unica artefice delle rare caratteristiche di ogni materia prima.   Intenso e generoso è il Paturno, un rubino con un bouquet complesso e insieme amabile tipico del Primitivo dal quale proviene o il Ladislao, un Negramaro in purezza impenetrabile, quasi tenebroso. Possiede profumi maturi, decisamente virili, è affinato in botti di rovere ed è un vino per chi ama stupire e lasciarsi stupire.   Se volessimo dargli una personificazione, il Casaboli sarebbe sicuramente una donna dall’aspetto elegante e dall’intelligenza raffinata. Ottenuto da Primitivo, questo DOC è un vino di spessore che fonde la sua gradevolezza alla tannicità. Giocoso, fresco, dolce. È il Primitivo Malicchia Mapicchia, un nettare da meditazione di grande vinosità al palato, affinato per un anno e piacevole per ogni combinazione culinaria.   La tradizione vinicola di Cantine Barsento corre anche sul binario della ristorazione attraverso il ristorante Bamì. La mission? Fondere due arti incredibili: quella della cucina e quella vitivinicola e riunirle sotto una sola forma, Bamì. Il ristorante si trova all’interno di Cantine Barsento e sposa il concetto di valorizzazione delle materie prime e di piatti che rispettano le proprietà organolettiche degli ingredienti. Un concetto che, se vogliamo osare, si veste di sacralità.   La stessa che da sempre accompagna chi, sotto varie forme, lavora con rispetto e devozione i prodotti della terra.      

Tarallificio

07 Dicembre 2022

A mano libera

Una storia che ha le sue radici lontano nel tempo, perché lontano ha sempre saputo guardare Don Riccardo Agresti: bastano una masseria e tante mani che chiedono solo di essere impiegate per qualcosa di buono. I taralli di “aMano Libera” nascono così, grazie a al progetto della Diocesi di Andria “Senza Sbarre”.   Siamo nelle campagne andriesi, si gode di un bellissimo panorama, con Castel del Monte che si staglia sullo sfondo, simbolo di una Puglia antica e vera. Qui si trova la masseria fortificata San Vittore.   San Vittore è diventato un luogo di riabilitazione e reinserimento per decine di detenuti ed ex detenuti con i suoi dieci ettari di terreno. I colori vivaci della frutta, le fragranze dell'orto, il suono del vento che passa tra i rami degli ulivi sono accessori al profumo che proviene dalle cucine.   Don Riccardo ci racconta che il progetto "Senza sbarre" e la cooperativa "aMano Libera" producono taralli artigianali con materie prime naturali di qualità e a km 0. Il vero fatto a mano, perché non ci sono macchine industriali a dare forma ai taralli ai cereali in quel momento sono in lavorazione: le mani indaffarate e abili degli operatori si muovono con precisione sui banconi e dispongono sulle teglie quelle forme tondeggianti di amore puro.   Oltre al classici taralli ai semi di finocchio, sono state affiancate varietà gustose, come la già citata ai cereali, per passare a quella con i pomodori secchi, che coniugano uno dei sapori più identificativi del territorio pugliese con un un prodotto tipico, e i taralli al Nero di Troia: solitamente i taralli si impastano con vino bianco, mentre qui si sceglie uno dei vitigni del territorio più acclamati.   Il profumo che proviene dal forno si diffonde in tutti i locali dedicati alla produzione, che parte dagli impasti ottenuti con farine locali di qualità. La forma è data rigorosamente a mano e dopo si passa la bollitura, terminata la quale i taralli finiscono nel forno, autore di quei profumi che si assaporano ben prima di entrare nella struttura.   “aMano Libera” nasce come misura alternativa al carcere, che dona speranza, nuove prospettive ai suoi operatori, ma anche prodotti della tradizione di qualità per tutti i golosi del mondo.   Il ricavato dalla vendita dei taralli torna in circolo, reinvestito per dare possibilità di riscattarsi anche ad altre persone che hanno visto sul loro percorso il carcere.  

Tarallificio

30 Aprile 2021

Puglia Sapori

Se dovessimo scegliere che forma dare alla Puglia probabilmente opteremmo per la classica e sinuosa rotondità del tarallo. Simbolo della nostra gastronomia più antica, di una consuetudine che attraversa i secoli, è sul tarallo che si fonda la storia dell’azienda Puglia Sapori.   Siamo a Conversano (ba), gioiellino architettonico con un borgo antico tra i più belli della regione. Nata negli anni Novanta, l’azienda a conduzione famigliare Puglia Sapori ha mosso i primi passi nel settore della pasticceria tipica locale, per poi approdare nel 2000 alla produzione di gustosi snack salati.   La nostra guida è Roberto Renna, direttore operativo dello stabilimento che sorge, insieme alle altre aziende adiacenti, a metà tra la città e l’aperta campagna, quasi a voler testimoniare un legame diretto con la natura e le sue bontà. L’abilità con cui Puglia Sapori coniuga il sapore degli snack con il rispetto per la tradizione è il loro marchio di fabbrica.   Pochi - ma di qualità - sono gli ingredienti dei tarallini, segno di una filosofia imprenditoriale che in tutti questi anni ha voluto tener viva la versione casereccia dei prodotti da forno. Un’azienda che ha adattato la propria produzione alla ricetta originale e che, al di là delle materie prime, rispetta la preparazione in ogni suo punto.   Non è un caso che Puglia Sapori sia una delle poche aziende che prevede la bollitura del tarallo, proprio come si era soliti fare nelle case e nei panifici di un tempo. Come ci spiega Roberto, questo è un passaggio fondamentale per preservare la fragranza e la consistenza del prodotto, sebbene questo incida sulla lunghezza dei tempi di produzione. {IMAGE_0}{IMAGE_1} La continua ricerca della perfezione organolettica, mixata alla croccantezza tipica del tarallo, porta Puglia Sapori a produrre una vasta gamma di specialità buonissime e davvero sfiziose. La Linea Classica offre - tra i tanti -  taralli ai semi di finocchio, semplici con olio extra vergine di oliva, ai multicereali, al peperoncino, alla pizza e alla cipolla o la versione Multipack, per non restare mai senza il proprio snack.   L’attenzione alla salute è tra i temi centrali dello sviluppo dei prodotti di Puglia Sapori. Per questo il marchio ha investito in ricerca e sviluppo, proponendo accanto alla linea Classica anche una Gluten free e Biologica. Ce n’è per tutti i gusti nella Linea Bio. Si può scegliere tra tarallini ai multicereali, per un prodotto non solo buono ma anche leggero, tarallini al farro e specialità con grano duro Senatore Cappelli, tutti preparati con olio extra vergine di oliva e senza lievito.   “Buoni anche senza” è il motto della linea Gluten free che ha uno stabilimento dedicato e una ricetta sviluppata in collaborazione con l’Università di Bari. Lo scopo era di trovare il giusto mix di farine senza glutine che lasciasse inalterato il sapore del classico tarallo.   E Puglia Sapori ci è riuscita, proponendo al consumatore taralli al grano saraceno, con farina di quinoa, integrale o di legumi.   Buoni e piacevoli, per una pausa gustosa in cui il sapore di Puglia si avverte già dal primo morso.    

Patrocini