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Esiste una Puglia che non conosci, fatta di storia, cultura e sapori che suscitano emozioni uniche: dagli eventi pasquali alle feste patronali, dai cammini dell'anima ai sapori e profumi della gastronomia e delle eccellenze vitivinicole.

Scegli il tuo itinerario e lasciati deliziare dai prodotti dell'enogastronomia pugliese: la Puglia che non hai mai visto ti aspetta!

I comuni del mese

30 Gennaio 2023

TERLIZZI

La Città dei Fiori e della Ceramica

LA Città' dei Fiori e della Ceramica   Il recente riconoscimento di “Terlizzi città della ceramica”, esalta la secolare tradizione della lavorazione dell’argilla che in queste contrade, nel cuore della Puglia, ha saputo raggiungere forme d’arte di inusitata bellezza. Terlizzi è anche la città dell’olio extravergine d’oliva e di altre prelibatezze agroalimentari, fra cui spicca il fiorone “Mingo Tauro” candidato alla denominazione IGP, ed è soprattutto la “città dei fiori”, con le centinaia di aziende che operano sul territorio e nel distretto, tutte ben attestate sui mercati nazionali ed esteri in virtù dei prodotti eccellenti e assai richiesti: un vero tesoro di biodiversità.   Ma Terlizzi di “fiori” ne ha tanti, e tutti da scoprire, in un viaggio emozionale che sa di antico e di moderno, laddove la modernità è sotto gli occhi di tutti e l’antico è ben ritratto, fino a rivivere, nelle pagine offerte da studiosi appassionati come don Gaetano Valente e l’arch. Michele Gargano, adusi a immergersi nelle carte documentali come nel dedalo delle viuzze e degli slarghi lastricati del borgo medievale racchiuso dalla cinta dello “stradone” su cui si affacciano le eleganti dimore delle famiglie che hanno fatto la storia della città.     {IMAGE_4}{IMAGE_7} Al margine dell’abitato medioevale, si può ammirare la mole elegante della Concattedrale neoclassica dedicata a San Michele Arcangelo, sorta sulla Collegiata duecentesca che recava la firma di Anseramo da Trani, di cui è ancora possibile ammirare il raffinato portale incastonato nella chiesa del Rosario. In continuità, come sorvegliata dall’alta torre campanaria con terminazione bulbiforme di tipo orientale, la chiesa dell’Immacolata. Accoglie, tra stucchi e ornati di un vezzoso barocco, la sequenza di tele con storie del Vecchio Testamento e della vita della Madonna dipinte da Domenico Antonio Carella.   Ma ciò che toglie letteralmente il fiato è la celeberrima Adorazione dei pastori che Corrado Giaquinto ha realizzato intorno al 1750. A due passi la Pinacoteca Civica, che accoglie nelle stesse sale della dimora d’artista, il ricco lascito di opere (oltre mille) di Michele de Napoli (1808-1892). Immette alla piazza principale di Terlizzi, dominata dalla mole severa della Torre normanna, opera strategica di difesa, oggi Torre dell’Orologio, coronata dalle architetture civili, fra cui spicca il Palazzo del governo cittadino in uno con il Teatro Millico, e religiose, chiese di San Gioacchino e di Santa Lucia con al centro il Monumento ai Caduti, opera di Giulio Cozzoli, senza trascurare il ricordo di illustri terlizzesi che lottarono per la libertà e furono trucidati alle Fosse Ardeatine: don Pietro Pappagallo e Gioacchino Gesmundo, il cui monumento celebrativo è in Largo La Ginestra.   Lo sguardo verso il corso si sofferma sull’imponente facciata di Palazzo de Gemmis, con invenzioni di sapore vanvitelliano, e sulla vicina chiesa di Santa Maria la Nova, che fu fucina di cultura e sapere teologico dei frati Minori Osservanti. Ospita opere d’arte di prima grandezza, quali la Natività (1540) di Giovan Girolamo Savoldo (1480c-1548) e la Madonna con Bambino e i santi Giovanni Battista e Francesco d’Assisi (1532-1533) di Giovanni Antonio de Sacchis, detto il Pordenone (1483c-1539).   Autentica oasi di pace e spiritualità, lungo i percorsi della Francigena, il Borgo di Sovereto racchiude e preserva, quale preziosa perla, il santuario della Vergine patrona la cui icona fu rinvenuta, secondo antiche leggende, da un pastore in una grotta. Ѐ l’effigie mariana della Theotòkos (Madre di Dio) che ogni anno, nella rievocazione rituale del mitico rinvenimento, attraversa le vie principali della città issata sul mastodontico “carro trionfale” per la "festa maggiore" durante la prima domenica di agosto, a suggello di una delle feste più belle ed esaltanti cui è dato di assistere in Puglia.   IL CARRO TRIONFALE   Il carro trionfale di Terlizzi rappresenta il simbolo in cui tutta la comunità si riconosce. E’ una macchina da festa con struttura portante in legno e rivestimento in tela alta 22 metri, che ogni anno sfila per le principali arterie cittadine, spinta a braccia da oltre cinquanta uomini e guidata da quattro timonieri in abiti tradizionali diretti da un capo timoniere che con maestria lo conduce nelle tradizionali e spettacolari curve del centro cittadino.   Porta in trionfo l’icona della Madonna di Sovereto e la statua di San Michele, principali Patroni della città, oltre ad un gran numero di bambini, seduti sulla scalinata che dalla “carretta” porta al “trono” su quale è posizionata la sacra immagine della Vergine.   A Terlizzi la tradizione del carro trionfale, attestata da alcuni documenti del XVI secolo, è intimamente legata alla nascita del culto in onore della Madonna di Sovereto. La sua simbologia è pregna di contenuti che rimandano alla leggenda del ritrovamento: l'immagine della Vergine è stata rinvenuta dal pastore che, nell'intento di liberare una pecora rimasta incagliata, notò l’icona in una cavità sotterranea. Il pastore era di Bitonto, mentre l'icona fu ritrovata in agro terlizzese. Subito si creò il problema a quale dei due comuni dovesse appartenere l'icona. Si scelse così di affidare la sorte al “giudizio di Dio”.   L’Immagine venne posizionata su un carro trainato da due buoi, uno di Bitonto e uno di Terlizzi. Quest'ultimo ebbe la meglio, accecando con una cornata il bue bitontino. Il carro arrivò così a Terlizzi mutando continuamente aspetto. Nel 1868 assume il suo definitivo assetto sia nella struttura portante che nelle componenti architettoniche e decorative, tramandate fino ai nostri giorni, grazie a Michele De Napoli, grande pittore neoclassico, divenuto sindaco della città, che progetta una nuova macchina da festa.   La costruzione operativa del carro viene affidata allo scenografo Raffaele Affaitati da Foggia. Da allora il carro è rimasto pressoché immutato nelle sue componenti stilistiche e continua ad emozionare profondamente nella prima domenica di Agosto di ogni anno.   Da visitare: Concattedrale di San Michele Arcangelo, Chiesa di Santa Maria la Nova, Chiesa dell’Immacolata, Chiesa del Rosario e Portale di Anseramo da Trani, Borgo medioevale, Torre Normanna (o dell’Orologio), Palazzo di Città e Teatro “Millico”, Pinacoteca “Michele de Napoli”, Santuario e borgo di Sovereto, Santuario di Santa Maria di Cesano.     testo di Franco di Palo / foto di Francesco De Chirico

I comuni

30 Aprile 2021

MOLFETTA

La Porta d'Oriente

La Porta d'Oriente   Ecco a voi MOLFETTA (ba), tagliata nella pietra, fatta di spigoli vivi come un diamante, nata a filo di vecchie mura, minuscola e complicata. Siete giunti in un labirinto di strade, nel meandro di case della nostra città vecchia, siete voi nella serratura di queste mura. Siate la chiave per entrare nella città attraverso la storica porta di Via Piazza. Volgete lo sguardo, al di là dei tetti, verso il mare che bagna la pietra oltre le verdi finestre, le famose persiane Verde Molfetta, dove si stagliano le nostre due torri mute e pensanti, l'una campanaria e l'altra di avvistamento.   Sono le torri del Duomo di San Corrado, costruito tra il XII e XIII secolo con le principali caratteristiche architettoniche dello stile romanico pugliese. Attraversate Piazza Municipio che conduce alle strade senza arrivo, cunicoli scavati nella pietra tenera e chiara su cui arrivano i riflessi del mare.
Porta d’oriente inghiotti noi tutti, bagna di sogno questi viandanti. Mura di piazza bianca e rosata proteggi dal mare gli occhi curiosi e voi ignari passanti immergete il cuore dove lo sguardo non osa guardare scegliete di elevare i vostri animi, scegliete di volare o come aquiloni portati dal vento come pensieri sussurrati alle onde.   Guardate la madre del tempo di ognuno. Un buco nel cuore che nasconde la storia, casa di tutti, sguardo al futuro, del nostro passato conserva memoria un punto preciso, aperto e profondo il nostro PULO è un unico ed il centro del nostro mondo. La dolina del Pulo di Molfetta, voragine carsica abitata sin dal Neolitico, dove recentemente sono stati ritrovati due “idoletti”, rientra tra i più importanti monumenti naturali visibili lungo il tratto di fascia costiera del nord barese. {IMAGE_4}{IMAGE_6}

Ospita un esempio di archeologia industriale come testimoniano le grotte ricche di nitrati e la presenza della nitriera più importanti del regno di Napoli e dei Borboni. Venite a Molfetta provate ad entrare dove la musica si impasta con le onde e la pietra si bagna di luce, in una storia di arte, di lacrime, di volti, di pietre e di mare.   Dove parole nascoste tra interstizi di mura, combattono il buio della storia mondiale, è la città natale di Gaetano Salvemini. Passi leggeri ma solchi profondi, di Uomo e di Santo che qui ha insegnato una Pace concreta camminandoci accanto, Don Tonino Bello. Sentite la storia, ascoltate il brusio di anni passati che segnano il viso con mani dure di terra sporcate condiamo di gusto i nostri palati.   È la Cicoria Puntarella la nostra regina, prossima al riconoscimento IGP. Mani sapienti impastano ad arte cuore, acqua e sale riempiono di gusto i nostri palati che sia calzone, triddo e scarcella la nostra cucina non solo i sensi inebria. Fermatevi qui, fermatevi ora, davanti al Torrione che guarda il mare dal 1512. Il Torrione Passari inizialmente cannoniera, divenuta in seguito torre di avvistamento è ora famoso in tutto il mondo quale scrigno prezioso di mostre di arte contemporanea. E poi gli eventi della tradizione pasquale, con i riti processionali della Settimana Santa o la suggestiva sagra a mare per la Festa Patronale settembrina.
Scegliete di sognare prigionieri di un’estasi per essere pietra abbracciata dal mare, per essere cuore che abbraccia un sogno. Fermatevi ora e lasciatevi cullare dalla dolce melodia di chi ha da sempre cantato con il mare. Molfetta ti aspetta.
Da non perdere: Duomo di San Corrado, Cattedrale, Centro Storico, Museo Diocesano, Museo Archeologico, Pulo, Torrione Passari, Sala dei Templari, Basilica "Madonna dei Martiri" con annesso Ospedale dei Crociati, Mercato del Pesce.     Foto di: Antonio D'Agostino, Vincenzo De Pinto, Gaetano Armenio
Testo di: Corrado La Grasta / Video a cura di Confesercenti Bari        

I comuni

30 Aprile 2021

BITONTO

Capitale dell’Olio d’Oliva

    Capitale dell'Olio d'Oliva   Simbolo dell’olio, fascinosa per le sue architetture e ricca per la presenza di opere artistiche e culturali, BITONTO è una città in cui si percepisce la grandezza della storia e delle tradizioni senza tempo.   Un territorio in cui gli ulivi, con i loro tronchi nodosi e il verde lussureggiante delle foglie, caratterizzano il paesaggio che porta verso il mare e che rappresentano l’emblema della Murgia.   La città, recita il motto araldico, sceglie l’ulivo come emblema di pace e simbolo di apertura e accoglienza. Un ulivo dalle grandi proporzioni, maestoso, il cui olio possiede eccezionali qualità organolettiche, è la cultivar “Cima di Bitonto”, varietà che da qui arriva a lambire la zona nordorientale della Basilicata.   L’ulivo campeggia anche sullo stemma cittadino e l’olio è ancora oggi la risorsa economica più importante e preziosa della città.
È proprio nell’olio, il cosiddetto oro giallo, che Bitonto trova la sua ricchezza. L’ogliarola, l’oliva bitontina, era già commercializzata durante il XIII secolo, innescando quello che all’epoca era un bagliore iniziale, timido, di rivoluzione industriale. {IMAGE_1}{IMAGE_2}
Il centro storico è uno scrigno colmo di tesori artistici. Camminando sulle antiche “chianche” del borgo antico, il rumore dei passi scandisce lo sguardo del viaggiatore che osserva incantato la moltitudine di bellezze architettoniche.   È un viaggio nel tempo quello che si compie a partire dal Torrione Angioino, elemento di forza e di apertura, che con la sua possanza è l’unico superstite delle trenta torri che delimitavano l’area urbana e l’adiacente Porta Baresana posta a guardia della rotta per Bari e Santo Spirito.
Poco distante si trova la Galleria Nazionale della Puglia “Devanna” (unica della Regione), ospitata nel sontuoso Palazzo rinascimentale Sylos-Calò. Sulle pareti della Galleria trovano spazio opere di artisti incredibili come Veronese, De Nittis, Delacroix, Poussin e Giaquinto, la cui pittura attraversa immutata i secoli.   Inoltrandosi nel centro storico si resta abbagliati dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Valentino, uno degli esempi più completi del romanico pugliese che con la sua maestosità ed eleganza veglia sugli abitanti del centro storico. All’interno c’è lo straordinario mosaico pavimentale del Grifo, riferibile alla metà dell’XI secolo.
Il borgo antico rivela gioielli inaspettati: Piazza Cavour è costellata di chiese e palazzi storici, di piccole vie che trasudano storia, di vecchi lampioni dalle luci soffuse che accompagnano il cammino del viaggiatore, al quale non resta che abbandonarsi all’incredibile bellezza di Bitonto.   Durante il periodo pasquale il calendario degli eventi processionali della Settimana Santa sono momenti da non perdere, così come a maggio la Festa Patronale in onore di Maria SS Immacolata con il corteo storico a ricordo della battaglia del 1700 tra gli spagnoli e gli austriaci per la conquista della città e la festa dedicata ai Santi Medici Cosma e Damiano, celebrata a ottobre e che richiama fedeli anche da fuori regione.

Da non perdere: Concattedrale di San Valentino, Chiesa di San Francesco d’Assisi, Chiesa del Crocifisso, Chiesa del Purgatorio, Palazzo Sylos-Vulpano, Palazzo Sylos-Calò, Torrione Angioino, Museo Archeologico, Galleria Nazionale di Arte Moderna.
      Foto di: Domenico Ciocia, Ezio Marrone, Andrea Melato, Gaetano Loporto, Francesco Racaniello.
   

I comuni

30 Aprile 2021

CAPURSO

Caput Ursi, il borgo medioevale

  CAPUT URSI, il Borgo Medioevale   CAPURSO (ba), a pochi chilometri dal capoluogo barese, è un borgo medievale del culto della Madonna del Pozzo.

Tracce dell’esistenza della cittadina si ritrovano già prima dell’anno Mille, come si evince dagli affreschi ritrovati nella Grotta di Santa Barbara nell’omonima contrada. Sull’origine del toponimo Capurso ci sono varie interpretazioni, alcune delle quali piuttosto fantasiose, come la leggenda dell’orso.   Secondo tale leggenda, il nome della città proverrebbe dalla testa di un orso (caput ursi) ucciso dai primi abitanti del luogo, posta poi su un carro e fatta trainare dai buoi. Il paese sarebbe sorto nel punto in cui il carro fermò la sua corsa.   Capurso è passata attraverso varie dominazioni straniere, subendo spesso devastazioni e rovine. Nel corso dei secoli si sono succedute le dominazioni normanne, sveve e angioine. Solo con l’avvento degli aragonesi e, soprattutto, per merito della politica illuminata della regina Bona Sforza, la cittadina assume una sua dignità civica.   La Rivoluzione francese ebbe i suoi effetti anche su Capurso, nella quale si svilupparono fermenti liberali sostenitori di una Repubblica partenopea in contrapposizione alla dominazione Borbonica.   La Patrona di Capurso è Santa Maria del Pozzo, venerata a seguito di un miracolo avvenuto nel 1705. In quell’anno, infatti, un prete di Capurso, don Domenico Tanzella, versava in gravissime condizioni di salute. La Patrona viene festeggiata a partire dall’alba dell’ultima domenica di agosto. {IMAGE_8}{IMAGE_1}

Due i segni di affidamento alla Vergine: la consegna, da parte del Frate Rettore del Santuario, delle chiavi della Città e di una rosa d’oro donata da una famiglia capursese. Subito dopo, accompagnato da suggestivi canti e suppliche, c’è l’ingresso della compagnia dei pellegrini provenienti da Bisceglie.   È uno dei momenti più belli della festa e da qui in avanti decine di migliaia di persone fanno visita alla Vergine infatti Capurso è meta di turismo religioso, con numerosi pellegrini che visitano la Basilica e la Cappella provenienti da ogni parte del mondo.   Dopo la celebrazione, la solenne processione con stendardi colorati sfila per le vie cittadine e accompagna con centinaia di ceri la Sacra Immagine di Santa Maria del Pozzo. Durante il corteo si susseguono canti mariani e momenti di preghiera e la gente omaggia la Statua con fuochi pirici, petali di rose colorati e palloncini lasciati volare al suo passaggio in segno di gioia e gratitudine.   La domenica sera si svolge anche la processione notturna dedicata alla Madonna del Pozzo in cui sfila il maestoso e sfavillante Carro Trionfale trainato a mano e a lei dedicato, accompagnato da quasi duecento figuranti in abiti settecenteschi.   Il procedere imponente è cadenzato dalle melodie mariane suonate dalla banda e dal ritmo incalzante dei musici. Di notevole bellezza sono le architetture del centro storico e le chiese principali, che affascinano il visitatore tra storia e spiritualità.

Da non perdere: Basilica di Santa Maria del Pozzo, Cappella del Pozzo, Convento di San Francesco da Paola, Chiesa Madre del Santissimo Salvatore.         Foto di: Nicola Taranto.  

I comuni

30 Aprile 2021

MONTE SANT'ANGELO

Luogo di Culto e dei siti Unesco

LUOGO DI CULTO E DEI SITI UNESCO   Situato nel cuore del Parco Nazionale del Gargano –  Monte Sant'Angelo è sede di ben due siti riconosciuti Patrimonio mondiale dell’Umanità tutelato dall’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura): le tracce longobarde nel Santuario di San Michele Arcangelo (2011, nell’ambito del sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d. C.)”) e le faggete vetuste della Foresta Umbra (2017, nell’ambito del bene transnazionale “Antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa”   Inoltre, negli ultimi anni sono arrivati altri importanti riconoscimenti: dal National Geographic che inserisce la Sacra Grotta dell’Arcangelo Michele tra le 10 Grotte Sacre più belle al mondo a Skyscanner che inserisce Monte Sant’Angelo tra le venti città più belle d’Italia, dalla Regione Puglia che inserisce il Comune nell’elenco regionale dei “Comuni ad economia prevalentemente turistica e città d’arte” alla guida verde Michelin che assegna il massimo riconoscimento al centro storico con le tre stelle ed è stata inserita tra i Borghi più belli d’Italia.   La bellezza viaggia lungo le bianche vie del centro storico, resiste al tempo davanti al maestoso Castello Normanno-Svevo-Aragonese, ti resta nel cuore al cospetto della facciata monumentale e della Grotta del Santuario più importante dell’Occidente dedicato all’Arcangelo Michele, meta ininterrotta di pellegrinaggi da 1500 anni. {IMAGE_0}{IMAGE_1} La bellezza ti accompagna nel misterioso Battistero di San Giovanni in Tumba (detto “Tomba di Rotari”) e verso la meraviglia della Chiesa di Santa Maria Maggiore e dei suoi affreschi, verso l’ascolto del silenzio all’Abbazia di Santa Maria di Pulsano e ai suoi Eremi, verso la magica Foresta Umbra o lungo la costa della marina.   Numerosi gli eventi della tradizione, emozionali e promozionali: dall’8 maggio con il festival Michael che celebra l’Arcangelo nel mondo, passando per la Settimana Santa - con i suoi suggestivi ed emozionali riti del “miserere e del terremoto” e la Processione struggente del Venerdì Santo.   Dal 25 giugno al 7 luglio si celebrano i due riconoscimenti UNESCO, si attraversano i grandi eventi estivi fino ad arrivare a settembre con il Corteo Storico delle Apparizioni dell’Arcangelo, la Festa patronale del 29 settembre e la Processione della Sacra spada, il festival cinematografico dedicato ai cammini sulla Francigena e sulla Micaelica, Mònde.   Come numerosi sono i prodotti tipici dell’eccellenza gastronomica e i piatti locali: dal croccante e famoso pane alle dolci ostie piene, dall’olio della piana di Macchia - dove si incontrano gli ulivi e il mare - al saporito caciocavallo.   Da non perdere: Santuario e Grotta di San Michele Arcangelo, Abbazia ed Eremi di Santa Maria di Pulsano, Battistero di San Giovanni in Tumba (detto “Tomba di Rotari”), affreschi della Chiesa di Santa Maria Maggiore, Castello Normanno-Svevo-Aragonese, Musei TECUM del Santuario (Devozionale, Lapidario e Cripte longobarde), MeTA - Museo di Arti e Tradizioni popolari del Gargano, la Foresta Umbra.     Foto di: Mario Brambilla, Monica Giardina, Leonardo Giordano, Matteo Nuzziello
Testo di: Pasquale Gatta    

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i Produttori

30 Aprile 2021

Mastrototaro Food

“Dal campo alla tavola” per Mastrototaro Food non è un concetto astratto ma è una vera e propria promessa che l’azienda fa al consumatore.   Ci troviamo a Bisceglie (Bat), terra florida lambita dalle acque del mare Adriatico. Proprio tra la terra e il mare nascono le conserve di Mastrototaro Food, prodotti che simboleggiano l’autenticità della Puglia e il sapore schietto e genuino della tradizione.
L’azienda ha alle spalle una lunga storia imprenditoriale che inizia nel 1956 e si snoda nel settore dell’agricoltura.   Nel 2008 la Mastrototaro Food decide di valorizzare ulteriormente le materie prime prodotte nei terreni aziendali trasformandole in eccellenti conserve agroalimentari. Tre lustri di expertise nel settore hanno fatto il resto.   Oggi sono i tre fratelli, Mauro, Giulio e Roberto, a portare avanti con abilità e ingegno l’azienda certificata Bio e una delle poche in Italia a organizzare la produzione da zero. Il Cicerone del nostro viaggio nelle prelibatezze del marchio Mastrototaro è Mauro, che tra grandi distese di ulivo e vasti campi messi a coltura ci parla del grande impegno profuso per offrire al consumatore un prodotto in cui la qualità è la regina incontrastata.   La coltivazione degli ortaggi secondo le ancestrali consuetudini dei nostri avi e l’amore per la natura sono gli elementi vincenti dell’azienda che raccoglie a mano le materie prime e in pochissime ore le trasforma in conserve.   Questo consente di preservare le qualità organolettiche degli ortaggi che sprigionano la loro bontà e ingolosiscono solo a guardarli. Melanzane, carciofi, funghi, peperoni, pomodori, olive e zucchine sono le materie prime che si sposano con l’olio extravergine di oliva prodotto dall’azienda. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Osservando il punto vendita aziendale ci sembra di guardare una versione leggermente più grande della classica dispensa della nonna. Un trionfo di colori è quello che si presenta ai nostri occhi di visitatori, in cui osserviamo stupiti le diverse nuance degli ortaggi in vasetto.   Con orgoglio, Mauro ci spiega la precisa filosofia aziendale: recuperare le antiche ricette delle conserve per farle conoscere anche oltre i confini della Puglia. E così scoviamo la “Pric ‘o prac”, una salsa antichissima molfettese, ormai introvabile, fatta di peperoni e pomodori o l’antipasto biscegliese con carciofi, funghi champignon, peperoni e olive.
Non possiamo non menzionare gli squisiti carciofi disponibili in più versioni. Grigliati, con gambo, “della mamma” o alla “pugliese”: sono tutti eccezionali con il loro cuore tenero immerso nel giallo dorato dell’olio extravergine di oliva. Tradizione sì, ma anche innovazione, come la raffinata mousse di lenticchie e pomodori secchi che unisce le proprietà nutritive del legume al sapore vivace del pomodoro secco. 

È una lista lunghissima quella dei prodotti di Mastrototaro Food. Mauro ci spiega che un’azienda come la sua, che mette davanti il consumatore piuttosto che il fatturato, è frutto di un grande gioco di squadra. Una squadra che vince perché gioca bene sul campo. Quel campo che Mastrototaro Food porta in vasetto direttamente sulle nostre tavole.        

Liquorificio

30 Aprile 2021

Fiume

Era l’inizio degli anni Sessanta quando Vittorio Fiume in un piccolo laboratorio artigianale faceva i primi esperimenti sui liquori e il latte di mandorla.   Animato da una passione per la sua Puglia, all’epoca probabilmente ignorava che quei suoi tentativi artigianali si sarebbero trasformati nel tempo in un brand pugliese conosciuto in tutto il mondo. La storia del brand Fiume è una storia che parla d’amore.   Amore per la Puglia, per le erbe, le spezie e gli infusi. Collocato nella zona industriale di Putignano, cittadina famosa per l’antico Carnevale, lo stabilimento Fiume oggi produce bevande molto apprezzate nel settore della liquoristica e degli analcolici.   I liquori a marchio Fiume comunicano il legame con il territorio, a cominciare dalle materie prime. Come ci spiega Caterina Fiume, figlia di Vittorio e responsabile ricerca e sviluppo del marchio, tra i primi liquori che portano la firma di suo padre c’è l’ "Elisir dei Trulli", il cui nome evoca una pozione miracolosa e stupisce per il sapore avvolgente delle note alcoliche e aromatiche.   Cioccolato, rum, nocciola e caffè sono alcuni dei sentori dell’Elisir dei Trulli, che offrono al consumatore un viaggio sensoriale che delizia il palato con sapori caldi e intensi. L’ "Amaro Pugliese", celebre coetaneo dell’Elisir dei Trulli, è famoso perché trasmette pugliesità non solo nel nome ma anche nella scelta delle materie prime.   E così nella Teriaca Officinale dell’Amaro Pugliese scopriamo la menta, il finocchietto, la salvia, il carciofo, gli agrumi e così via. Tutte materie prime provenienti dal territorio, trasformate per creare un amaro che parla di consuetudini e memoria collettiva.   Mentre ci racconta dell’Amaro Pugliese, Caterina estrae una cassettina con alcune delle erbe utilizzate. E così, accanto alla menta, pianta erbacea autoctona, notiamo la China Succirubra che viene invece dall’Ecuador, il Rabarbaro, tipico della Cina e il Quassio della Jamaica. Ed è incredibile come un solo liquore possa contenere intere porzioni di mondo pur restando legato alla tradizione. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Tradizione che si esprime anche nel "Limoncello", prodotto secondo l’antica ricetta della nonna di Caterina e che sugella un piccolo segreto tramandato di generazione in generazione. Restando sul versante delle bevande alcoliche, l’ "Amarum" è un’altra creazione a marchio Fiume che mixa territorialità e influenze internazionali.   Nell’Amarum il rum giamaicano sublima l’infuso di spezie e noci locali. Un amaro talmente pregiato da essere riconosciuto al SIAL di Parigi del 2008 come uno dei 100 prodotti più innovativi, e premiato al Roma Bar Show del 2020 per saper valorizzare al meglio le eccellenze del territorio.   Per coloro che non amano gli alcolici c’è un’alternativa decisamente gustosa. È il "Latte di Mandorla", nato come sciroppo, ora anche nella deliziosa versione pronta da bere, Mandorlè, e che viene prodotto per estrazione utilizzando solo ed esclusivamente mandorle dolci pugliesi.   L’ennesimo tratto di attaccamento alle proprie origini di un brand che, con un piede nella Puglia e uno nel mondo, porta le sue bevande oltre i confini nazionali.        

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine D'Arapri

Tre amici con la passione per la musica jazz e per i vitigni autoctoni del Tavoliere, una cantina sotterranea dal fascino irresistibile e degli spumanti che raccolgono estimatori da tutto il mondo. Nella storia di Cantine d’Araprì non manca nulla: l’amicizia, l’amore per la propria terra, un progetto lungimirante e una stoffa imprenditoriale fuori dal comune.   Alla base dell’azienda c’è stata la convinzione di poter produrre anche al Sud spumanti pregiati utilizzando il vitigno autoctono della Capitanata: il “Bombino bianco”. E così che i tre amici, Girolamo d’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore nel 1979 crearono il loro sogno. Cantine d’Araprì è la prima realtà pugliese a produrre spumanti con metodo classico.   Una scelta coraggiosa, che con il tempo si è rivelata vincente e ha portato a numerosi riconoscimenti. Entrando nella loro cantina non si possono non notare le decine di premi ottenuti negli anni per l’abilità con cui valorizzano il territorio. L’edificio che ospita Cantina d’Araprì, datato inizi del 700 e collocato nel centro storico di San Severo (fg), ci sembra quasi una casa che serba tesori straordinari e di cui conosciamo le fattezze e l’atmosfera.   Scopriamo stupìti che sotto i nostri piedi si trovano mille metri quadri di cantina sotterranea alla quale si accede attraverso un dedalo di cunicoli e gallerie. Lo spazio, periodicamente, ospita eventi e rassegne culturali. L’ambiente accoglie e custodisce il pregiato spumante che riposa placidamente in attesa di essere pronto per essere stappato. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Ci sembra quasi di assistere a un cerimoniale, nel silenzio dei sotterranei e circondati da cataste di bottiglie il cui contenuto segue precisi protocolli artigianali affinati con l’esperienza. Tra gli spumanti troviamo il rosè millesimato "Sansevieria", ottenuto dalla vendemmia manuale di uve di Nero di Troia con il suo colore gentile e il dolce profumo di agrumi.   Per chi ama i secchi, il "Pas Dosè" prodotto da Bombino bianco e Pinot nero è uno spumante dal carattere convinto ingentilito da sentori di pasticceria. Montepulciano e Pinot Nero sono gli ingredienti preziosi del "Brut Rosè" , spumante dal gusto finissimo e rotondo con profumi di pane e frutta tostata.   Etereo e gentile è il bouquet del "Brut", primo spumante a essere prodotto dalla casa che avvolge il consumatore con sentori fruttati di mela, pesca gialla e arancia. A condurci in questo viaggio all’insegna degli spumanti sono Anna d’Amico, figlia di Girolamo, e Daniele Rapini, figlio di Louis. Perché una delle caratteristiche della cantina è l’intreccio di amicizia e familiarità che lega i componenti dell’azienda. Ai tre soci fondatori si è unita nel 2019 la cosiddetta “nuova generazione” incarnata dai tre figli: Anna d’Amico, Daniele Rapini e Antonio Priore, animati tutti e tre dal desiderio di portare avanti la tradizione cominciata dai loro padri. Ogni bottiglia di spumante d’Araprì è come una perfetta melodia jazz: lentamente rivela le sue stupefacenti note, raccontando di un prodotto che profuma di Puglia e amicizia.      

Cantina

30 Aprile 2021

Cantine Pandora

Nel cuore del brindisino, florida terra ricca di meraviglie archeologiche millenarie, nasce l'azienda vitivinicola Cantine Pandora.   Ufficialmente la storia dell'attività comincia nel 2017, ma quella del suo fondatore ha origini un po' più remote. Il proprietario, Francesco Fumarulo, deve la sua fortuna alla terra e al lavoro di agricoltore. Con orgoglio e trasporto, Francesco ci spiega che la sua passione per la viticoltura nasce da bambino, per poi diventare negli anni un vero e proprio mestiere culminato nella creazione di Cantine Pandora.   Lo stabilimento sorge nel bel mezzo della natura, tra maestosi alberi di ulivo, animali al pascolo, lunghi filari di uva e vaste distese di campi. Cullati dall'aria salubre e placida di Brindisi, le uve di Cantine Pandora trasformate in eccellente vino rosso, bianco e rosato sono quasi tutte salentine.   La volontà di Francesco di contribuire alla crescita della sua zona è attestata da una scelta ben precisa: utilizzare in gran parte vitigni autoctoni di Primitivo, Negramaro, Malvasia Nera e Malvasia Bianca coltivati secondo standard biologici.   Con incredibile rispetto per la tradizione e l'ausilio di moderne tecnologie enologiche, Cantine Pandora è oggi un'azienda di successo. Le bottiglie sono un piccolo capolavoro che racchiudono la fatica, l'amore per la terra, il lavoro in vigna e in cantina e, non a caso, possono tutte fregiarsi del marchio IGP. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Come ci tramanda la leggenda sull'antico vaso di Pandora, stappare una bottiglia di questa cantina equivale a scoprire tutto il buono e il bello del territorio di origine.  Il vino, altrimenti conosciuto anche come “nettare degli dei”, per Cantine Pandora ha un effettivo legame con la divinità, al punto da meritare i nomi che richiamano la mitologia.   A uno dei “re” del Salento, il Primitivo, è dedicato Zeus, appellativo della massima divinità dell'Olimpo. Zeus è un rosso dai colori violacei prodotto da uve raccolte a mano negli antichi vitigni della zona, morbido e avvolgente con sentori di frutta rossa.   Negramaro e Malvasia sono i vitigni da cui provengono le uve del Prometeo, altro rosso ottenuto da storici vigneti allevati ad alberello che donano al vino un sapore delicato, ampio, intenso e piacevolmente secco e corposo. Poi troviamo Ermes, Negramaro del Salento vinificato in purezza con metodo tradizionale, tannico e strutturato al punto giusto.   Ad Atena e Afrodite sono dedicati due dei rosati ottenuti entrambi da uve di Negroamaro e con intensi sentori fruttati e molto equilibrati. Tra i bianchi troviamo Gea, un vino di Malvasia Bianca del Salento dal carattere raffinato, strutturato e persistente o l'affascinante Era, creato da uve Chardonnay che spicca per i suoi riflessi dorati e il sapore fine, secco ma armonico.   Prodotto di punta di Cantine Pandora è il rosso '71 IGT, affinato 6 mesi in barriques di rovere francese. Forti, generosi e intensi sono i suoi profumi, che ricordano tanto i fichi appassiti e che in questo vino prodotto da vitigni di Primitivo conferiscono un carattere originale e volitivo.   Vini che affascinano il consumatore per il loro contenuto sopraffine e vigoroso, proprio come il territorio da cui provengono.      

Cantina

30 Aprile 2021

L'Antica Cantina San Severo

“Devi amare ciò che fai per volerlo fare ogni giorno” Con questo amore si raggiungono i traguardi!!!!!  Nella foto non trovate il produttore, il presidente, un capo. Trovate lo spaccato di una comunità… La nostra!"   Una cantina quasi centenaria e un territorio naturalmente vocato per la produzione di vini ricchi e pregiati. Basterebbero questi elementi per descrivere L'ANTICA CANTINA DI SAN SEVERO (fg) una delle realtà vitivinicole pugliesi più dinamiche e longeve della regione.    A raccontarci la storia dell’Antica Cantina è Ciro Caliendo, presidente dell’azienda che incontriamo nello stabilimento di San Severo. Alle sue spalle, come accaduto già numerose volte per altre attività storiche come questa, c’è una parete affollata di premi e riconoscimenti, molti dei quali sono dei veri e propri reperti storici.   L’Antica Cantina di San Severo è in realtà una cantina sociale nata nel 1933 e, proprio come fosse una vite, affonda le sue radici nella cultura e coltura locale. Non a caso San Severo nel 1968 ha visto riconoscersi la prima DOC pugliese, segno tangibile di una consuetudine contadina e vignaiola che definire millenaria è riduttivo.   Punto di forza della produzione dei vini dell’Antica Cantina non è soltanto il lavoro sinergico e congiunto con i suoi soci che conferiscono le uve di qualità, ma è anche rappresentato da un migliaio di ettari coltivati secondo un sistema di certificazione aziendale e di tracciabilità che contribuisce a produrre vini che rappresentano la sintesi armonica, gioiosa ed elegante delle tipicità di questa terra.   Nella fertile Daunia ha preso vita il sogno di tanti agricoltori: offrire al consumatore le sensazioni che esprimono al tempo stesso la piacevolezza e la passione che la terra di San Severo offre.  E’ il modo per conoscere la nostra storia e la cultura del territorio, verso cui tutti gli abitanti del posto nutrono una passione sconfinata, la stessa che c’è nel San Severo DOP. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Il San Severo Bianco già nel 1932, fu riconosciuto come tipicità locale. Il Castrum San Severo Bianco è formato da un blend di Bombino, Trebbiano e un tocco di Malvasia. Il Rosso ed il Rosato completano la proposta del San Severo DOP. Il Castrum Rosso è un vino dalla giusta struttura. Sprigiona profumi di prugne e amarena che si fondono con il floreale della viola e del ciclamino. Il Castrum Rosato” con la sua delicatezza offre un bouquet fruttato, intenso, con sentori di pesca per soddisfare anche il palato dei più sensibili.   Con la linea Nobiles troviamo i varietali tipici. Nobile e positivamente austero è il Nobiles IGP ottenuto da uve di Nero di Troia, uno dei vitigni autoctoni di terre coltivate nei declivi in prossimità al Gargano. Col suo colore quasi impenetrabile, il Nobiles Nero di Troia, ha una struttura corposa ma raffinata e un gusto di frutti rossi e spezie che intrigano e inebriano il palato.        

Masseria

01 Febbraio 2022

Masseria Liuzzi

Lungo il sentiero che attraversa l'affascinante paesaggio naturale del Parco Naturale Regionale "Terra delle Gravine" si arriva a Mottola, un comune in provincia di Taranto chiamato “Spia dello Ionio” per la sua panoramica posizione geografica che abbraccia tutto il golfo di Taranto e lo splendido mar Ionio con un territorio ricco di gravine naturali e villaggi rupestri, in questo paesaggio incantevole s'incontra una realtà genuina dedita alla produzione di vino e di grano. Si tratta di Masseria Liuzzi sita in contrada Marinara, che si arricchisce di un punto vendita in via Risorgimento a Mottola.   Un connubio di passione, impegno e spirito di sacrificio, che vede protagonisti Marcello Latorrata e Barbara Lattarulo. La coppia, che ha ereditato l'attività dalla famiglia Latorrata, porta avanti, giorno dopo giorno, una tradizione che si tramanda da quattro generazioni.   Tutto è nato più di un secolo fa con un nome diverso, "I Casidd d Liuzzi", a indirizzo cerealicolo - zootecnico. La metamorfosi in Masseria Liuzzi avviene con il passaggio alla produzione viticola su un terreno prevalentemente calcareo che si estende per 10 ettari all'incirca. La qualità dei prodotti è garantita anche dall’altitudine di circa 270 metri sul livello del mare, da una buona escursione termica tra giorno e notte e da un’adeguata ventilazione.   Il vino di Masseria Liuzzi è un prodotto che rispecchia pienamente il territorio pugliese: i vigneti si trasformano in uva da vino con un processo naturale. Il risultato è un primitivo dal sapore inconfondibile, trattato in purezza. Siamo di fronte a una delle poche aziende in Puglia a trattare in purezza anche il rosato, che da Masseria Liuzzi è un primitivo a tutti gli effetti, in quanto preserva lo stesso grado alcolico del primitivo rosso. {IMAGE_0}{IMAGE_1} A rendere unici i vini dell'azienda di Mottola sono anche i nomi presenti sulle etichette. Prodotti che si raccontano da soli. Partendo dai primitivi, si trovano il "Marnera", che richiama in dialetto la contrada Marinara, che letteralmente vuol dire "terra coperta dal mare", il "Tuppétt", che deve il suo nome a una piccola collinetta della Masseria Liuzzi dove le viti sormontano le proprietà.   L''ultimo di quest'elenco è il "Rosasso", la cui denominazione deriva dall'incontro tra il colore del rosato e il suolo calcareo su cui si estendono le vigne, in cui si trovano fossili marini ogni volta che ci sono arature o spostamenti del terreno.   A questi si aggiungono lo "Scinò", un malvasia nera il cui nome è la fusione del vitigno malvasia e della parola malvagia, un riferimento a quella magia che in Puglia si collega subito al cosiddetto “affascino” e, per chiudere in bellezza, il "Bolloro", un fiano che omaggia Federico II di Svevia, amante del fiano che emanò a Rimini la Bolla d'Oro nel lontano 1235.   Altrettanto caratteristica la produzione di grano, che avviene nella piena cura di ciascuna delle sue fasi. Dopo le arature periodiche, la semina e la mietitura, il grano viene portato in un pastificio di Matera, dove nascono i formati tradizionali che si trovano nel punto vendita della Masseria Liuzzi. Cavatelli e orecchiette sono ai primi posti sugli scaffali rigorosamente pasta trafilata al bronzo utilizzando la farina "Senatore Cappelli".    A seconda delle condizioni del terreno, poi, la produzione dell'azienda si dedica periodicamente anche ai legumi, specialmente ai ceci.   Nel caratteristico paesaggio della cittadina pugliese, fatto di gravine naturali e villaggi rupestri, si trova l'anima di Masseria Liuzzi che tra querce, uilivi e grano, rappresenta l'anima della Puglia.

Oleificio

30 Aprile 2021

Clemente

«Una splendida ed emozionante avventura»   Quando chiediamo a Michele Clemente, Presidente di Olearia Clemente, di raccontarci la storia imprenditoriale di una delle più grandi aziende di filiera italiana olearia ci risponde esattamente così: una splendida ed emozionante avventura.   Non può che essere diversamente per un’impresa dall’attività centenaria che solca gli anni e che nasce a Manfredonia, nel cuore del Gargano, tra alberi di ulivo dalle imponenti chiome e dai tronchi intrecciati, un groviglio perfetto che è proprio solo di Madre Natura.   Arriviamo in azienda percorrendo vaste distese di uliveto in cui il verde delle foglie e del frutto padroneggia prepotente sul territorio esistente. Le dense fronde degli ulivi sono appena mosse da una brezza leggera che profuma di vegetazione e salsedine del vicino Adriatico, che giunge al nostro olfatto conciliando i sensi.   In questo paesaggio incontaminato, sfiorato appena dall’antropizzazione, si incastona Olearia Clemente. La storia di Olearia Clemente è quella di una famiglia che da ben cinque generazioni è dedita alla tradizione agricola e olivicola. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Fu inaugurata nel 1895 da Berardino Clemente, bisnonno degli attuali titolari, i fratelli Michele, Antonello, Carla e Ilenia, con il preciso obiettivo di offrire al mercato un prodotto eccellente che valorizzasse le cultivar di questa zona.   Obiettivo perseguito attraverso la gestione diretta di tutto il processo produttivo, a cominciare dal frutto, raccolto perfettamente sano, spesso a mano, e lavorato con tecnologie particolari che consentono di ottenere un prodotto unico nel gusto e nei profumi. A Olearia Clemente va riconosciuta l’abilità di dare all’olio extra vergine di oliva il valore che merita, scardinando la credenza che sia solo un condimento ma rendendolo, invece, alimento cardine della dieta mediterranea.   L’esperienza acquisita negli anni è la chiave di volta per la produzione di olio extra vergine di oliva puro e naturale. Nella sublime spremuta olive di Olearia Clemente abbiamo cultivar pugliesi, come la Coratina, l’Ogliarola Garganica e la Peranzana, monocultivar che hanno una loro specificità con qualità organolettiche esplosive che sanno di erbaceo, dolcezza, frutto e natura.   Dal rispetto per quest’ultima nasce la linea di oli biologici tra cui citiamo "U Polp", extra vergine DOP Dauno del Gargano dal sapore unico con un packaging che nei colori e nei disegni strizza l’occhio alla veracità della Puglia.   Un preciso bouquet di profumi e sapori è quello che regala l’olio "Zagare", un 100% italiano estratto a freddo che prende il nome dai fiori che circondano gli agrumeti del Gargano.   La linea Zagare è una linea storica, lanciata adesso in una versione moderna che simboleggia la quinta generazione di Olearia Clemente. In quest’olio, i cui frutti sono baciati dal sole e benedetti dall’aria, si sposano da un lato la tradizione centenaria dell’azienda e dall’altro lo slancio verso il futuro rappresentato dai giovanissimi Eliana, Leonardo, Berardino e Rosistella, desiderosi di portare Olearia Clemente in confini ancora inesplorati.      

Oleificio

30 Aprile 2021

Oleificio Cima di Bitonto

  Meta del nostro viaggio è l’OLEIFICIO COOPERATIVO CIMA DI BITONTO, orgoglioso baluardo di una tradizione millenaria della nostra Puglia. Siamo a Bitonto a pochi chilometri dal capoluogo pugliese, nel cuore della produzione pugliese dell’olio extravergine di oliva.   Una distesa di ulivi a perdita d’occhio appare davanti agli occhi di chi percorre l’entroterra barese. Giunti sul posto non possiamo fare a meno di respirare a pieni polmoni l’intenso profumo di vegetazione, quasi fossimo immersi in una distesa di ulivi secolari. D’altronde qui la natura non è così lontana da noi con il lussureggiante verde dell’adiacente Lama Balice, scrigno di biodiversità di flora e fauna selvatiche.   Ad attenderci c’è Pasquale Mastandrea, Presidente dell’Oleificio Cooperativo. Avvertiamo sin dalle prime parole il suo amore sconfinato per questa terra generosa e i suoi frutti. La Cooperativa Cima di Bitonto vanta una storia di oltre sessant’anni e con i suoi 350 soci riesce a perseguire l’incredibile impegno di ottenere la miglior “spremuta di oliva” made in Puglia.   Impegno manifestato chiaramente già dal logo dell’Oleificio, in cui la parola “Puro”, in riferimento all’olio, campeggia sugli elementi della natura. Sole, pioggia, terra e il frutto che nasce: tutti aspetti importantissimi per donare al consumatore un olio che sa di tradizione. Nei suoi anni di attività la Cooperativa è riuscita a salvaguardare il territorio e gli agricoltori grazie a un lavoro sinergico instaurato con i numerosi soci.   Da loro parte la promessa di preservare le cultivar di olive e di far conoscere la zona in cui crescono. Non a caso le varietà coltivate sono per il 70% Ogliarola e il 30% Coratina: entrambe originarie dell’areale di coltivazione e lavorate nel giro di poche ore dalla loro raccolta. {IMAGE_0}{IMAGE_1} I metodi agronomici impiegati dai soci della Cooperativa si ispirano alle antiche tradizioni locali e a quelle nozioni tramandate nei secoli che permettono alla pianta di crescere sana e robusta. Il sistema di potatura adottato consente il migliore nutrimento ai germogli e ai rami giovani, così da ottenere una spremuta davvero eccezionale.   Gli oli a marchio Cima di Bitonto sono tutti extra vergini. Il carattere deciso della Coratina è mitigato dalla dolcezza della Cima di Bitonto e il risultato è un extra vergine che unisce le peculiarità dell’una e dell’altra cultivar, fino ad ottenere un olio giallo intenso con un’equilibrata presenza di frutta e sentori erbacei. Oltre al classico olio extra vergine di oliva, molto apprezzato per il suo fruttato medio, nel paniere dei prodotti dell’Oleificio scopriamo il D.O.P Terra di Bari, un extra vergine armonioso, leggermente piccante e con fragranze erbacee.   Da agricoltura biologica proviene, invece, l’olio extra vergine di oliva “Biologico”. In quest’olio si distinguono molto bene l’oliva con il suo sapore deciso e la mandorla, più delicata, che non alterano il gusto di un piatto ma, anzi, lo esaltano come merita.        

Liquorificio

30 Aprile 2021

Antichi Elixir

Nella graziosa città di Molfetta adagiata sul mare nasce ANTICHI ELIXIR, estroso liquorificio artigianale che fa dell’autenticità il proprio marchio di fabbrica. L’azienda racconta il territorio attraverso liquori e amari di qualità che racchiudono l’espressione più sincera della tradizione dei nostri antenati, coniugando una produzione scrupolosa in ogni sua fase.   Ad accoglierci nel laboratorio è Alessio Picca, giovane imprenditore che nel 2007 ha deciso di unire la solida esperienza nel settore all’amore per la propria terra e per la genuinità dei suoi frutti. Varcata la soglia, osserviamo un tripudio di eleganti bottiglie contenenti liquori dai colori ambrati tipici delle mele cotogne, dalle nuance del rosso del melograno o dal viola intenso, quasi nero, del gelso nero selvatico. Sono quasi delle ampolle che racchiudono elisir dalle proprietà benefiche preparati con ricette esclusive, risultato di continue sperimentazioni che donano al prodotto finale una forte personalizzazione. Le materie prime sono fondamentali per produrre liquori e amari di qualità, lavorate come si faceva un tempo.   Alessio ci spiega con dovizia di particolari, e con infinita gratitudine, l’immenso patrimonio di ricette lasciato dalle sue nonne, ricette che oggi consentono ad Antichi Elixir di portare avanti una storia di famiglia. I frutti adoperati sono tutti locali e la loro raccolta è stagionale, condizionata quindi dalle temperature primaverili, sinonimo di un rispetto per i cicli della natura fuori dal comune. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Preparato sulla base della versione casalinga della nonna di Alessio, "Cydò" è tra i liquori imperdibili di Antichi Elixir. È composto solo da succo di mela cotogna e alcool buongusto, con una gradazione alcolica di 45°. Le mele cotogne sono raccolte e lavorate rigorosamente a mano durante la primavera, quando il frutto è all’apice della sua maturazione e sprigiona tutta la bontà del nettare. Un lungo affinamento di circa due anni sublima "Cydò" con note eleganti, decise e al contempo morbide.   "109" è il numero delle mandorle presenti nell’elisir artigianale che, non a caso, si chiama 109 Mandorle. Ricavato anch’esso da una ricetta storica, questo amaro è un vero e proprio tesoro del nostro territorio. L’infuso alcolico è realizzato con le mandorle di Toritto della varietà “Filippo Cea”, presidio Slow Food e ricche di proprietà antiossidanti. Il tocco di classe del 109 Mandorle è dato dall’aggiunta di radici di genziana, piante, fiori, bucce di agrumi e spezie locali mixate tra loro il cui risultato è una perfetta e intensa alchimia di odori e sapori.   L’amaro si è distinto al concorso mondiale Spirits Selection di Bruxelles, sfidando oltre mille aziende provenienti da tutto il mondo e ricevendo un’ambitissima medaglia d’argento. Rubino è il colore di "Ako", liquore al melograno dal gusto dolce e leggermente astringente, imbottigliato in un sinuoso e diamantato recipiente che ne fa spiccare le seducenti tonalità.   Quelli di Antichi Elixir sono liquori e amari frutto di storie e tradizioni inossidabili che sfidano il passare degli anni. Elisir di lunga vita che deliziano il palato, coccolano lo spirito e parlano di una terra meravigliosa: la Puglia.    

Patrocini